In tantissimi mi avete segnalato una sentenza del Tribunale di Padova sull’obbligo vaccinale, che nel dare ragione al ricorrente, ha ritenuto l’obbligo vaccinale nei luoghi di lavoro illegittimo e ne ha anzi ipotizzato possibili profili di incostituzionalità.

Mi sembra a questo punto il caso di analizzare meglio il contenuto della sentenza per comprendere la ratio del Giudice. Di fatto, mi pare che la sentenza del Tribunale di Padova si basi su due assunti importanti. Uno sbagliato e uno no.

Illegittimità dell’obbligo vaccinale in quanto inidoneo a contenere i contagi

La prima parte della sentenza del Tribunale di Padova è concentrata nell’insinuare una possibile incostituzionalità dell’obbligo vaccinale, per violazione dell’art. 3, fondata sul fatto che in realtà l’obbligo vaccinale sarebbe inidoneo a garantire ai lavoratori di non infettarsi e non infettare gli altri, dunque sarebbe un approccio sbagliato rispetto all’obiettivo di contenere i contagi.

Si legge infatti nella sentenza che:

“a ben osservare, l’obbligo vaccinale imposto ai lavoratori in questione non appare idoneo a raggiungere lo scopo che si prefigge, quello di preservare la salute degli ospiti: e qui risiede l’irragionevolezza della norma ai sensi dell’art. 3 Cost.. Può infatti considerarsi notorio il fatto che la persona che si è sottoposta al ciclo vaccinale, può comunque contrarre il virus e può quindi contagiare gli altri. Può dunque notoriamente accadere, ed effettivamente accade, come conferma l’esperienza quotidiana, che una persona vaccinata contragga il virus e contagi le altre persone (vaccinate o meno che siano)”

Tribunale di Padova, sentenza 28 aprile 2022

Più oltre, il Giudice ribadisce il concetto laddove afferma che l’obbligo vaccinale nei luoghi di lavoro sia:

una imposizione non idonea “al fine di tutelare la salute pubblica e mantenere adeguate condizioni di sicurezza nell’erogazione delle prestazioni di cura e assistenza”

Tribunale di Padova, 28 aprile 2022

Per tali ragioni, il sistema corretto per garantire la non infettività delle persone sul luogo di lavoro non sarebbe tanto il vaccino, quanto il tampone, poiché quest’ultimo:

“garantisce, sia pure solo temporaneamente, che egli, nei successivi 2-3 giorni in cui si reca al lavoro, non abbia contratto il virus”

Tribunale di Padova, 28 aprile 2022

Ora. Tralasciando il fatto che obbligare al tampone tutti i dipendenti d’Italia ogni 2-3 giorni creerebbe un problema logistico non indifferente, perché si tratta di milioni di persone che, ogni 3 giorni, devono recarsi a fare un tampone presso strutture sanitarie o farmacie prima di andare a lavoro, intasando inevitabilmente le strutture e arrecando anche un danno alle aziende, che si ritrovano ogni 3 giorni con dipendenti che rischiano di perdere ore di lavoro perché in coda a fare tamponi. Il Giudice supera questa obiezione dicendo che i tamponi si possono fare anche in farmacia, come se questo bastasse ad evitare l’intasamento, le code, i problemi di fornitura, i costi per lo Stato, ecc…

In realtà il vero problema della ricostruzione fatta nella sentenza del Tribunale di Padova è un altro: il Giudice commette un errore a monte, laddove dà per presupposto che il senso dell’obbligo vaccinale sia quello di evitare i contagi. Questo non è vero, in quanto sì, il vaccino abbassa la possibilità di contagiare senza eliminarla del tutto, ma il suo vero scopo è quello di abbattere sensibilmente il rischio di ospedalizzazione, al fine non tanto di evitare la circolazione del virus – che in stato di pandemia è quasi un’utopia – ma piuttosto di scongiurare il rischio di collasso del sistema sanitario. Quindi, a prescindere dalla capacità di contagio di un vaccinato e a prescindere dall’obbligo per recarsi a lavoro, il motivo principale per cui è necessario vaccinarsi è quello di evitare la saturazione degli ospedali. Ed è abbastanza grave che un Giudice, dopo 2 anni di pandemia, ancora non lo abbia capito.

Non a caso, l’obbligo vaccinale è stato disposto non per qualunque lavoratore, ma solo per i lavoratori di ambienti più a rischio, come appunto le strutture sanitarie che sono colme di malati, anche di Covid, di persone debilitate, di pazienti che non possono vaccinarsi per ragioni cliniche; per questo, l’obbligo del vaccino per i medici costituisce un modo in più per evitare che, anche una volta contagiati, possano finire in ospedale.

Quindi, la norma potrebbe anche essere incostituzionale rispetto all’art. 3, se lo scopo della stessa fosse semplicemente “evitare i contagi”; il problema è che non è affatto così, quindi le doglianze sulla presunta incostituzionalità mi pare decadano.

Incostituzionalità del mancato obbligo di repechage dei sanitari secondo la sentenza del Tribunale di Padova

Un altro profilo di incostituzionalità rilevato dalla sentenza del Tribunale di Padova è quello della mancata previsione di un obbligo di repechage nei confronti dei sanitari, come accade anche per altre mansioni sottoposte all’obbligo vaccinale, come in ambito scolastico.

L’obbligo di repechage, già affrontato diverse volte dai Giudici rispetto all’obbligo vaccinale, consiste essenzialmente nella possibilità di adibire il dipendente non vaccinato ad altra mansione, magari non a contatto coi pazienti e quindi non a rischio contagio, come condizione preliminare, potendo cioè sospendere o licenziare il lavoratore solo dimostrando che tale altra mansione non sussiste o non può essere affidata a quel lavoratore.

Nel caso dei sanitari, il decreto legge n. 44/2021 prevede, all’art. 4, che l’obbligo di repechage sussista solo per i sanitari che non possono vaccinarsi per questioni cliniche, e non anche per quelli che scelgono di non vaccinarsi.

Limite non previsto invece per altre professioni come quelle educative, dato che la legge n. 24 del 2022, che parla appunto dell’obbligo vaccinale per i docenti, consente l’obbligo di repechage per tutti i non vaccinati, a prescindere che la scelta sia dovuta a ragioni cliniche o ideologiche.

In effetti, su questo punto la norma sembra traballare di più sul piano costituzionale, perché cristallizza una discriminazione tra i non vaccinati per scelta e i non vaccinati per ragioni cliniche, in violazione dell’art. 3. Una statuizione che pare anche in contrasto con la normativa europea, che come avevo già analizzato in questo articolo sul Regolamento dedicato al Green Pass, richiede che non vengano fatte discriminazioni tra chi non è vaccinato per scelta e chi non lo è per ragioni cliniche.

In questo caso, dunque, i profili di incostituzionalità rilevati dalla sentenza del Tribunale di Padova sembrano essere decisamente più solidi. Ma come sempre, l’ultima parola spetta alla Corte Costituzionale.

Rassegna delle sentenze sulla dittatura sanitaria

Come sempre, eccovi una rassegna delle sentenze sulla dittatura sanitaria.