Le polemiche emerse in questi giorni sullo studio sui FANS, che sta scatenando i soliti sciacalli e mandando in sollucchero i negazionisti, merita un approfondimento sulla questione del Protocollo Terapeutico Covid e la questione dei FANS, raccontando l’intera storia per chiarire in modo definitivo come tali polemiche siano destituite di ogni fondamento.

Come è nato il Protocollo Terapeutico Covid

Quando la pandemia è arrivata in Italia, siamo stati uno dei primi Paesi al mondo a doverla affrontare. A marzo 2020 gli unici ad avere già vissuto un certo periodo di Covid erano i cinesi. Di fronte a un virus nuovo, mai conosciuto prima, sul quale sapevamo quasi zero se non le poche informazioni che arrivavano proprio dalla Cina, era non solo normale, ma ovvio che non avessimo un protocollo terapeutico Covid.

Protocolli del genere impiegano anni per essere redatti, perché per trovare quello corretto occorrono anni di verifiche, studi, tentativi, ricerca sui farmaci.

A marzo 2020 non avevamo nulla di tutto ciò quindi curavamo “a tentoni”. Non perché fossimo incompetenti o in mala fede, ma perché non poteva che essere così, non avendo mai affrontato quel problema specifico.

Il fatto di non avere un protocollo però non significava che non provassimo comunque a curare la gente. Con cosa? Con quello che conoscevamo: tachipirina per la febbre, FANS per le infiammazioni, cortisone, ventilazione polmonare per chi aveva la saturazione sotto i piedi. La scelta su quale terapia tentare era lasciata alla “scienza e coscienza” del singolo medico, che poteva sfruttare le sue conoscenze e la sua esperienza, oltre all’anamnesi del singolo paziente, per individuare una possibile cura efficace.

Scienza e coscienza sono 2 parole:

-“coscienza” significa prendendosi la responsabilità della scelta, che deve essere fatta in base alle competenze e all’esperienza del singolo medico, nel tentativo di salvare il paziente;

scienza” significa che la scelta deve comunque tenere conto delle evidenze disponibili e deve essere giustificata da prove scientifiche di possibile efficacia.

Precisiamo: mentre ogni medico agiva in scienza e coscienza, non è che le istituzioni sanitarie restassero a guardare: EMA e AIFA si sono attivate subito per raccogliere dati, studi, elementi per capire se ogni singola scelta fosse o meno efficace, così da fornire delle linee guida per aiutare i medici a capire quali cure, oltre che in coscienza, fossero anche in scienza. Non era facile avere abbastanza dati nei primi mesi di caos (per fare uno studio scientificamente valido non basta che dai una pillola a un paziente, lui guarisce e “ho trovato la curaaa! 1!1!!1“); tuttavia, mese dopo mese alcune evidenze hanno iniziato a venire fuori.

Protocollo terapeutico Covid e FANS

Combinazione, la prima questione affrontata dalle istituzioni sanitarie è stata proprio quella dei FANS, che secondo alcuni (esperti o pseudotali, ai quali i social e alcune testate giornalistiche hanno dato eco) potevano complicare il quadro clinico del paziente, quindi non andavano somministrati. Gli stessi sciacalli della pandemia obiettano oggi che il Governo Speranza avrebbe vietato il loro utilizzo, come emerso anche in un articolo di Repubblica. Tuttavia, come potete leggere dallo stesso sottotitolo, l’articolo non parlava dei FANS in generale in quanto dannosi, ma della pratica di autosomministrarseli in casa come panacea di tutti i mali.

Ma al di là di questo, sarebbe utile precisare a Matteo Gracis e Mario Giordano che La Repubblica è una testata giornalistica, non una istituzione sanitaria, quindi qualunque cosa scriva sul suo quotidiano non ha alcun valore legale o scientifico.

Protocollo terapeutico covid

Al contrario, nel mezzo del delirio e di fronte a questa notizia, l’EMA ha emesso un comunicato ripreso anche dall’AIFA già il 18 marzo 2020 in una Circolare (quindi subito), nel quale spiegava che non esistessero evidenze che i FANS avessero effetti negativi, e ribadendo il concetto che i medici dovevano usare in scienza e coscienza tutti i farmaci che ritenevano necessari, compresi i FANS. Quindi, al 18 marzo 2020 non c’era un vero protocollo, perché non era possibile averlo, ma c’erano già delle linee guida, che in particolare non vietavano, ma anzi consigliavano, il ricorso ai FANS.

Un vero e proprio protocollo ci metterà invece alcuni mesi ad essere redatto, perché solo dopo alcuni mesi le varie verifiche di EMA e AIFA, e le conseguenti circolari che continuavano a uscire sui singoli trattamenti in base alle evidenze disponibili, avevano fornito abbastanza dati da poter razionalizzare l’intera questione in un unico documento che sapesse dare una linea guida “completa” su cosa sembrava funzionare e cosa no, e quindi cosa somministrare e cosa sconsigliare perché inutile/dannoso.

Il primo protocollo completo è di novembre 2020. Nel protocollo terapeutico Covid si ribadisce l’utilità di somministrare antipiretici per la febbre e FANS per le infiammazioni all’emersione dei primi sintomi, e poi monitorare la situazione per verificare eventuali aggravamenti (la famosa “vigile attesa”). Venivano poi consigliati altri farmaci in caso di aggravamento come i corticosteroidi e le eparine, ma a determinate condizioni (sempre in base alle evidenze).Venivano infine espressamente sconsigliati alcuni farmaci che non avevano dimostrato alcuna efficacia e anzi prodotto uno sfavorevole rapporto costi/benefici, come l’idrossiclorochina (Plaquenil) e l’ivermectina (sverminatore per cavalli).

Terapie domiciliari vs Protocollo

A quel punto, quelli delle terapie domiciliari, che oltre a usare i FANS (già consigliati) ricorrevano spesso anche a farmaci sconsigliati come appunto idrossiclorochina e ivermectina, si sono incazzati e hanno iniziato a intentare cause contro il Governo.

Ora. Quelli delle terapie domiciliari somministravano quei farmaci in coscienza ma non in scienza, dato che non avevano mai prodotto alcuna prova che fossero efficaci: loro davano farmaci a caso, in dosi a caso, a pazienti a caso, per una malattia che ospedalizza nel 5% dei casi; solo il 5% di loro finiva all’ospedale e dicevano di aver trovato una cura efficace (notato l’inghippo? Se no, ve lo spiego qui), per poi produrre solo a luglio 2021 uno studio retrospettivo, senza peer review, pubblicato su una rivista a basso impact factor, condotto in intention to threat su appena 90 pazienti (nonostante dicessero di averne curati milioni), che non aveva alcun valore statistico e scientifico perché la metodologia era inadatta a dimostrare qualcosa. E ciò non solo perché era condotto su appena 90 persone, ma anche perché la scelta dei pazienti era ricaduta tra pazienti di Bergamo della prima ondata nel gruppo di controllo e in pazienti della seconda ondata per il gruppo dei FANS (ed era abbastanza ovvio che i pazienti curati nel pieno della prima ondata avessero un tasso di ospedalizzazione decisamente più alto, ed oltretutto anche la variante non era la stessa).

Ma nonostante questo, avviarono comunque la loro battaglia legale. Già nel gennaio del 2022 il TAR del Lazio emetteva a una sentenza che dava ragione ai medici, dicendo che il Ministero non poteva imporre ai professionisti di non usare certi farmaci perché essi erano liberi di scegliere una terapia in base alla situazione, ovviamente prendendosene la responsabilità, così come previsto dal loro codice deontologico. Nel “annullare” il protocollo, il TAR però non fece niente di nuovo, dato che il protocollo forniva mere raccomandazioni e non obblighi, e quindi non impediva al medico di usare comunque quei farmaci sconsigliati, purché se ne assumesse la responsabilità di fronte al paziente, al suo Ordine professionale e alla legge.

Tale impostazione sarà infatti confermata dal Consiglio di Stato, che sentenzierà appunto che quelle del protocollo non sono imposizioni ma raccomandazioni basate sulle evidenze disponibili. Il protocollo tornava dunque in vigore.

Poco dopo, nel febbraio dello stesso anno, il Consiglio di Stato tornava sull’argomento per mettere la parola fine alla questione con una sentenza esemplare che dimostrava come le loro terapie fossero basate sul niente e fossero condotte in contrasto col principio di “scienza e coscienza” stabilito dallo stesso codice deontologico medico.

La questione sembrava chiusa fino ad oggi, quando su Lancet esce uno “studio” che in realtà non è uno studio ma una semplice review di alcuni studi precedenti, tra i quali quello stesso studio dell’istituto Negri, che in realtà, come spiegato, non valeva niente e non dimostrava niente; in questa review, nel razionalizzare i risultati di alcuni studi (non tutti), scelti in modo del tutto partigiano, si giunge a conclusioni totalmente arbitrarie.

Protocollo terapeutico covid

In particolare, la circostanza che il paracetamolo potrebbe essere dannoso (si noti l’utilizzo del condizionale, che gli sciacalli della pandemia hanno trasformato in imperativo), cosa in realtà smentita da gran parte della letteratura scientifica perché, si legge qui, “A dosi terapeutiche, solamente una piccola parte (circa 5%) di paracetamolo subisce un metabolismo ossidativo, entrando quindi nella via metabolica che coinvolge il glutatione intracellulare. Pertanto non vi è alcuna evidenza scientifica che il paracetamolo, a dosaggi terapeutici, riduca in maniera significativa le “scorte” di glutatione né possa peggiorare il decorso clinico dell’infezione da COVID-19“.

Inoltre, la stessa review riporta alla ribalta la circostanza che i FANS contribuirebbero a evitare il peggioramento della malattia, ma anche questa cosa non solo non è dimostrata dalla letteratura scientifica, a parte l’unico studio dell’istituto Negri che come visto non ha alcun valore scientifico, ma presenta invece forti evidenze del contrario, come evidenziato da alcuni studi (a titolo di esempio qui uno e qui un altro, entrambi pubblicati su Lancet) che non hanno rilevato risultati nell’utilizzo dei FANS rispetto al Covid, ma solo sui sintomi. Il secondo studio, peraltro, ha eseguito le verifiche su 70.000 pazienti e non 90, garantendo una plausibilità statistica ben più rilevante; non è poi uno studio retrospettivo e soprattutto non seleziona i pazienti dei due gruppi prendendoli da ondate diverse, sballando la neutralità dei dati.

Questi studi, però, sono stati ovviamente ignorati nella review in questione.

La bufala degli Sciacalli

Ed è per questo che, oggi, gli sciacalli della pandemia (La Verità, Gracis e compagnia cantante) sono tornati all’attacco, parlando di “protocollo criminale“, “cure negate“, “medici messi a tacere“, quando tutto ciò è palesemente falso, in quanto:

  • 1. I FANS, oggetto dello studio tanto decantato, sono stati autorizzati e consigliati sin da marzo 2020 dalle istituzioni, e in ogni caso il protocollo non ha mai impedito ai medici, sotto loro responsabilità, di somministrare cosa volessero;
  • 2. Lo stesso studio parla di utilizzo dei FANS come trattamento sintomatico, cioè per alleviare i sintomi e non per curare l’infezione da COVID-19, quindi quello stesso studio non parla di cura risolutiva attraverso gli antinfiammatori;
  • 3. Sempre quello studio, anche a volerlo considerare valido, è frutto di una review di studi emersi tra il 2020 e il 2022, quindi fornisce “soluzioni” che era comunque impossibile avere nel pieno della pandemia del 2020, pertanto i morti di marzo-maggio 2020 sarebbero stati comunque inevitabili;
  • 4. Lo studio non ha dimostrato niente, ha solo fatto una review di studi precedenti, scelti a casaccio, citando quello di Negri che non ha mai passato la peer review ed è stato condotto con metodologie insufficienti a dimostrare qualcosa, ignorandone altri su vasta scala che lo smentivano;
  • 5. I medici delle cure domiciliari hanno quindi sempre usato FANS, di cui ora si vantano ma che erano già nel protocollo, e altri farmaci come idrossiclorochina che invece ad oggi non hanno mai mostrato alcuna efficacia, ed anzi diversi effetti collaterali anche gravi, e il tutto tirando a indovinare sulla pelle dei pazienti, dato che non hanno mai portato alcuna prova che le loro terapie fossero efficaci; quindi, se anche avessero indovinato la terapia, lo hanno fatto limitatamente a quanto già consigliato mentre hanno creato danni su tutto il resto, violando il codice deontologico;
  • 6. Non è cambiato niente rispetto a prima, dato che questo studio non aggiunge niente, che le terapie domiciliari continuano a non avere prova di efficacia e che i FANS sono previsti dal protocollo da sempre.

Questa è la vera storia del Protocollo Terapeutico Covid; potete continuare all’infinito a creare la vostra narrativa basata sulle affermazioni degli sciacalli che hanno lucrato per 2 anni sulla salute delle persone giocando d’azzardo, ma i fatti continueranno ad essere questi.

E in conclusione, ci tengo a far notare che questa non è la mia “opinione personale” come tale contestabile, e non è nemmeno una semplice evidenza fattuale che emerge dalle numerose prove oggettive mostrate in questo articolo e facilmente verificabili; essa è invece anche la posizione espressamente proposta dal Prof. Remuzzi, ossia l’autore dello studio alla base di tutte le attuali polemiche. Lo stesso Remuzzi, infatti, definisce “deplorevoli” le accuse mosse al Ministro Speranza, definisce la strumentalizzazione fatta del suo studio mera “propaganda elettorale“, definisce il suo stesso studio “non definitivo” ed anzi bisognoso di conferme, ed elogia al contrario il Governo e l’AIFA per come hanno agito durante la pandemia, aggiornando i protocolli in tempo reale, vantandosi di essere stati tra i primi al mondo a consentire il ricorso ai FANS, e sottolineando che tutto ciò non ha nulla a che fare col vaccino, che continua ad essere un “miracolo” messoci a disposizione dalla scienza.

Ripeto: queste cose le dice l’autore dello studio che i negazionisti decantano, non io. Ma nonostante questo, i negazionisti proseguono con le loro convinzioni, smentite dalle stesse fonti a cui si affidano. Ciò che basta a qualificare la validità delle loro tesi.

P.T.

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