Premessa di IX

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La rubrica che inauguro con questa premessa prende spunto dalla mia tesi di laurea.

Studiando filosofia del diritto, mi sono sempre trovato in disaccordo con l’orientamento generale dei filosofi, in particolare i positivisti, secondo il quale un concetto di giustizia “assoluto” semplicemente non esista, perché la concezione che diamo alla giustizia risente inevitabilmente del contesto sociale, storico e politico di riferimento. E in effetti, la storia stessa sembra dimostrare questo assunto, condiviso pressoché dalla totalità dei filosofi e dei giuristi moderni.

Tuttavia, io sono sempre stato convinto che non fosse affatto così, e che la concezione relativistica della giustizia fosse in realtà un bias cognitivo, che ci spinge ad analizzare la giustizia a seconda del contesto in cui quel concetto è inserito, dimenticando che quel concetto ha un suo valore a prescindere dall’ambiente in cui lo applico.

Quando ho proposto questa idea al mio relatore di laurea, il Prof. Zagrebelsky, anche lui si è mostrato scettico verso le mie affermazioni , che riteneva ben difficili da dimostrare. Mi consigliò dunque di impostare la mia tesi come una analisi generale del concetto di giustizia dal punto di vista storico e filosofico, senza andare oltre.

Ma io non sono mai stato il tipo che si arrende e che accetta quello che gli viene imposto e così, dopo aver fatto la mia attenta ricerca sul concetto di giustizia in prospettiva diacronica e filosofica ed averla riassunta nel mio elaborato, ho iniziato a strutturare e scrivere la mia personale visione, contestando gli assunti dei principali filosofi del diritto e rielaborando una teoria alternativa, portandola al prof. senza neanche avvertirlo per vedere cosa mi avrebbe risposto. E la risposta è stata pressappoco “il suo è un tentativo molto ambizioso, sta contestando secoli di filosofia; ma devo ammettere che ha un’ottima capacità argomentativa e quello che sta sostenendo mi interessa, quindi continui a scrivere”. Ed è così che la mia tesi compilativa è diventata, nella sua seconda parte, una tesi di ricerca.

Su cosa si basa la mia convinzione che esistano principi assoluti di giustizia, valevoli in ogni luogo e ogni tempo, a prescindere dalla cultura, dal contesto sociale e politico di riferimento? E in che modo sarei riuscito a smentire l’evidenza, che vede al contrario una giustizia mutabile nel tempo e nello spazio?

E’ quello che intendo spiegarvi con questa rubrica, che spero sia di vostro interesse.

Naturalmente, sapendo di non parlare con esperti giuristi, per poter arrivare a delineare le basi della mia teoria sarà necessario ripercorrere almeno a grandi linee le altre teorie su cui si fonda la dottrina e che ho contestato con la mia tesi, per capire meglio i termini di tutta la questione.

Solo alla fine, forti degli elementi acquisiti nelle parti precedenti, mi sarà possibile spiegare meglio la mia visione della giustizia, mostrandovi gli argomenti su cui si poggia.

Per ora posso però anticiparvi l’assunto su cui si basa quella teoria, che preso così, da solo, potrà sembrarvi avulso dalla realtà ma che vi garantisco che poggia su basi più solide di quanto non possiate pensare: la giustizia non è un fattore umano, è un fattore naturale, e sarà proprio la natura a dimostrarlo. In quanto naturale, non risente per nulla dei cambiamenti storico-sociali, o meglio: quei cambiamenti inducono l’uomo a storpiare il senso di giustizia, ed è solo per questo che non vediamo l’assolutezza dei principi che ci stanno dietro, che fanno parte dell’ordine naturale delle cose e sono sempre gli stessi.

Sperando di aver attirato il vostro interesse, vi auguro una buona lettura.

P.T.