Lo scorso 23 ottobre la Corte Costituzionale ha emesso una sentenza con la quale ha dichiarato incostituzionale l’ergastolo ostativo per i condannati per mafia.

Come prevedibile, la decisione – di cui non ci sono ancora le motivazioni ma solo il dispositivo – ha scatenato ire e polemiche nell’opinione pubblica.

Senza voler prendere una posizione, ma sempre allo scopo di fare corretta informazione mettendo a disposizione le mie competenze in materia – come fatto in altre occasioni -, ho pensato di analizzare meglio la decisione, cercando di sviscerarne il contenuto.

La norma presa di mira

La Corte Costituzionale ha dovuto esprimersi sulla costituzionalità dell’art. 4 bis dell’Ordinamento Pentitenziario, e in particolare nella parte in cui stabilisce che:

(…) I permessi premio, e le misure alternative alla detenzione previste dal capo VI della legge 26 luglio 1975, n. 354, fatta eccezione per la liberazione anticipata, possono essere concessi ai detenuti e internati per delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dall’articolo 416-bis del codice penale – ossia l’associazione di stampo mafioso, ndr – (…) solo nei casi in cui tali detenuti e internati collaborano con la giustizia a norma dell’articolo 58-ter

art. 4 bis, legge 354/75

Detto in modo non giuridico, tale norma mira ad impedire a chi è condannato per associazione mafiosa di usufruire di permessi premio se questi si è sempre rifiutato di collaborare con la giustizia.

La decisione della Corte

Incaricata di pronunciarsi sulla costituzionalità di questo impedimento, la Corte Costituzionale:

ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 4 bis, comma 1, dell’Ordinamento penitenziario nella parte in cui non prevede la concessione di permessi premio in assenza di collaborazione con la giustizia, anche se sono stati acquisiti elementi tali da escludere sia l’attualità della partecipazione all’associazione criminale sia, più in generale, il pericolo del ripristino di collegamenti con la criminalità organizzata. Sempre che, ovviamente, il condannato abbia dato piena prova di partecipazione al percorso rieducativo”.

Chiariamo dunque con linguaggio non giuridico: quello che sostiene la Corte è che ad essere incostituzionale non è il divieto di permessi premio per questi soggetti, ma il fatto che il divieto operi in assoluto e senza deroghe di alcun tipo.

ergastolo ostativo incostituzionale

Nel rilevare questo aspetto, la Corte fa riferimento alla circostanza della “pericolosità sociale“, che si sostanzia nell’attualità della partecipazione all’associazione criminale – ossia il fatto che, pur essendo in galera, il soggetto continua di fatto a fare parte dell’associazione mafiosa – oppure nel ripristino dei collegamenti con quell’associazione – ossia il concreto rischio che, una volta fuori dalla galera, il soggetto tornerà a far parte di quella organizzazione criminale.

Questa circostanza, per ovvie ragioni, deve escludere la possibilità per il reo di usufruire dei permessi, proprio perché sussiste il concreto rischio che ne faccia uso per riaprire i collegamenti con l’attività criminosa.

Ergastolo ostativo incostituzionale: il vero senso della sentenza

Ma la sentenza, è bene precisare, non esclude il divieto per questi casi; non comporta cioè che i mafiosi che non collaborano con la giustizia – e che anzi vi è serio motivo di ritenere che continuino a fare parte dell’organizzazione – da oggi potranno sempre e comunque godere dei permessi premio.

Quello che taccia di incostituzionalità la Corte è che tale pericolosità non possa essere desunta in assoluto dal semplice fatto che il reo sia condannato per mafia e non collabori con la giustizia.

Afferma invece la Consulta che la pericolosità sociale debba essere valutata in modo relativo.

In altre parole: è necessario che il magistrato che si trovi a dover decidere sul permesso premio a quei soggetti, non si limiti a valutare la collaborazione o meno con la giustizia e da essa desumerne o meno automaticamente la pericolosità sociale; vuole invece che sia svolta una analisi caso per caso al fine di valutare concretamente, per ogni singolo ergastolano, se sussitano o meno le condizioni di quella pericolosità e rifiutare il permesso premio solo se suddette condizioni sussistono in concreto.

Insomma: come precisato anche dalla nota emessa dall’Ufficio Stampa della Corte,

“la presunzione di ‘pericolosità sociale’ del detenuto non collaborante non è più assoluta ma diventa relativa e quindi può essere superata dal magistrato di sorveglianza, la cui valutazione caso per caso deve basarsi sulle relazioni del Carcere nonché sulle informazioni e i pareri di varie autorità, dalla Procura antimafia o antiterrorismo al competente Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica”.

Ufficio Stampa della Corte Costituzionale

Ergastolo ostativo: la decisione spetta al magistrato, non alla legge

Questo signfica che il magistrato potrà ancora negare il permesso premio agli ergastolani per mafia, ma non in modo automatico: dovrà invece farlo solo a seguito di una analisi specifica condotta sul caso concreto.

Per concludere: l’ergastolo ostativo è incostituzionale solo se operato in automatico, ma se sussistono ragioni in concreto il permesso premio può tranquillamente essere negato.

Per ulteriori delucidazioni nel merito, dobbiamo però attendere le motivazioni.

P.T.