Il termine “Fake News” è ormai alla ribalta dell’opinione pubblica e negli ultimi anni ha saputo radicarsi nel sentire comune fino a diventare parte integrante della nostra società informatizzata. Non a caso, è stata “parola dell’anno” nel 2017.
Si tratta però di un concetto che ha numerose implicazioni nella società odierna e che ha modificato radicalmente la diffusione delle informazioni dell’era digitale. Per questo, vale la pena approfondirlo nel dettaglio. Molti aspetti sul loro “successo” e i modi per contrastarle sono infatti ancora oscuri.
Cos’è una fake news
La locuzione inglese “fake news” significa semplicemente “notizia falsa“.
L’enciclopedia Treccani la definisce con maggiore precisione:
Un’informazione in parte o del tutto non corrispondente al vero, divulgata intenzionalmente o meno attraverso il Web, i media o le tecnologie digitali di comunicazione, e caratterizzata da un’apparente plausibilità. Quest’ultima è alimentata da un sistema distorto di aspettative dell’opinione pubblica e da un’amplificazione dei pregiudizi che ne sono alla base, che ne agevola la condivisione e la diffusione pur in assenza di una verifica delle fonti
Enciclopedia Treccani, voce: “Fake news”
Come si capisce già da questa definizione, ci troviamo di fronte ad un fenomeno che sfrutta essenzialmente i bias cognitivi e i pregiudizi che questi incardinano nel cervello per alterare la percezione della realtà, confidando nelle condivisioni da parte degli utenti per ampliare la visibilità delle notizie in questione. Ma questo lo vedremo meglio più avanti.
Per ora, basti considerare che le notizie false hanno successo proprio nella misura in cui stimolano le istanze irrazionali delle persone, puntando sulle paure, i pregiudizi e l’emotività. Si tratta di un aspetto molto importante perché una notizia falsa fine a se stessa, che non stimola queste istanze, non ha alcuna speranza di avere lo stesso successo.
False informazioni prima di internet
La definizione data di “fake news” ci dimostra come il fenomeno si sia certamente ingigantito con internet per la sua capacità di diffondere informazioni in tutto il mondo in tempo reale. Se ne parla, infatti, essenzialmente da quando esistono i social network. Tuttavia, si tratta di un fenomeno che agisce sull’istinto umano e che, come tale, non era certo sconosciuto anche nel passato. Soprattutto in ambito politico e sociale.
Basti pensare alla Guerra Fredda, laddove la diffusione di false informazioni era parte integrante della strategia per depistare il blocco nemico; oppure, non si può dimenticare l’enorme lavoro di depistaggio operato dagli alleati ai danni dei nazisti all’alba dell’operazione Overlord. Si ritiene infatti che buona parte del successo dello sbarco in Normandia fosse da ricondurre alla strategia volta a confondere le idee del nemico attraverso la diffusione di false informazioni, al fine di impedire ai nazisti di scoprire il reale luogo dello sbarco.
Ma abbiamo anche esempi più risalenti, come la bufala della borsa valori del 1814; in tale occasione il Colonnello Du Borg aveva diffuso la falsa notizia della morte di Napoleone, mandando la borsa in tilt.
Soprattutto in ambito politico l’efficacia della diffusione di notizie false è invero conosciuta dall’alba dei tempi; tra i vari esempi che la storia fornisce, uno dei più antichi risale addirittura al periodo della Seconda Guerra Punica.
La fake news di Annibale
In particolare, Annibale Barca, nel 216 a.C., riuscì ad escogitare un sistema per convincere i romani a destituire Quinto Fabio Massimo, che aveva elaborato una strategia per fare terra bruciata intorno all’esercito cartaginese; lo scopo era quello di lasciare l’esercito di Annibale senza risorse e col morale a terra per costringerlo a ritirarsi senza combattere.
Cosa si inventò? Usò la tattica del dittatore contro di lui. Grazie alle varie spie infiltrate in Roma riuscì ad ottenere una mappa dei terreni limitrofi alla città e scoprì quali fossero quelli di proprietà della famiglia di Fabio Massimo. Di seguito, ordinò ai suoi uomini di depredare, saccheggiare e devastare senza sosta tutti i territori intorno a Roma, con la sola esclusione di quelli appartenenti proprio alla famiglia del suo rivale.
Così, sfruttò poi le sue spie in Roma per seminare il dubbio tra la popolazione romana che Fabio Massimo fosse in realtà colluso con Annibale, diffondendo questa falsa notizia per le strade della capitale romana. In questo modo i romani, constatando da un lato che Fabio Massimo insisteva con la tattica di non attaccare Annibale per nessuna ragione, e dall’altro che Annibale distruggeva tutti i territori tranne quelli di Fabio Massimo, si convinsero che i due fossero davvero in combutta tra loro. E lo destituirono.
Annibale aveva agito sull’emotività dei cittadini, sfiancati dalla guerra e desiderosi di liberarsi di lui, per indurli a credere a una notizia totalmente assurda ed ottenere ciò che voleva: che il suo nemico più insidioso fosse destituito.
Notizie false in economia
Notizie false possono essere anche diffuse per scopi economici. Nel mercato azionario, ad esempio, diffondere una notizia falsa potrebbe attirare o far fuggire gli investitori, condizionando il mercato. E in effetti, simili pratiche sono piuttosto diffuse, al punto da essere punite anche dalla legge penale.
Si legge infatti nell’art. 185 del Testo Unico Finanziario che
Chiunque diffonde notizie false o pone in essere operazioni simulate o altri artifizi concretamente idonei a provocare una sensibile alterazione del prezzo di strumenti finanziari, e’ punito con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da euro ventimila a euro cinque milioni.
Art. 185, comma I, TUF
La diffusione di notizie false può dunque essere sfruttata anche per spingere azionisti e investitori ad adottare determinati comportamenti che favoriscano gli obiettivi di chi quelle notizie diffonde.
Gli esempi citati dimostrano dunque come le fake news fossero già ben conosciute sia nel mondo politico che finanziario. Oggi però, le nuove dinamiche dell’informazione hanno sensibilmente modificato la questione, allargando l’applicazione delle notizie false a numerosi altri campi. Settori in cui, senza l’informazione di massa, sarebbe stato impossibile ricorrere alle fake news.
Perché esistono le Fake News?
Pertanto, gli effetti e le conseguenze della diffusione di notizie false sono oggi enormemente maggiori che nel passato, proprio per il potenziale offerto da internet; simile mezzo di informazione consente infatti a chiunque abbia una connessione di accedere a qualunque informazione e diffonderla a sua volta. L’accesso e la diffusione delle informazioni non è più una prerogativa delle classi giornalistiche o politiche, ma uno strumento in mano a chiunque. Inoltre, è uno strumento che sfugge al vaglio e al controllo e che manca ad oggi di una disciplina specifica.
Per queste ragioni, mentre in tempi passati le fake news avevano essenzialmente scopi “politici” o economici, come negli esempi che abbiamo visto, nel mondo di oggi sono diverse le ragioni che possono spingere qualcuno a fare uso di notizie false. Per meglio comprendere la vastità del fenomeno, conviene analizzare queste ragioni una ad una.
1. Visibilità
In certi casi, la diffusione di notizie false è fatta al mero scopo di ottenere visualizzazioni e condivisioni da parte di persone inclini alla mitomania e al desiderio di fama. Per il semplice gusto di vedersi condivisi sui social, scatenando dibattiti indignati e la rabbia delle persone, ci sono soggetti che inventano notizie di sana pianta o le storpiano sapendo che creeranno share e faranno parlare di sé. Aumentando la loro autostima.
2. Rafforzare teorie pseudoscientifiche/complottiste
Più spesso, la creazione ad arte di fake news è volta proprio a precostituire false prove per avvalorare teorie pseudoscientifiche o complotti vari. A diffonderle sono gli stessi soggetti che difendono quelle teorie, sicuri che, per via del bias di conferma, saranno a loro volta condivise sui social da tutti coloro che credono in quelle congetture e che le useranno per consolidare le loro convinzioni contro i loro detrattori.
3. Scherno
In determinati casi le notizie false sono semplicemente espressioni della satira, prese in giro o notizie volutamente esagerate per prendere in giro certe categorie di persone. Basti pensare a pagine come “Lercio.it” o “La Refubblica“, che creano ad arte notizie grossolanamente false per mere finalità satiriche.
4. Denaro
Spesso i siti e le pagine dei social guadagnano con le condivisioni dei loro post, con le iscrizioni o con la pubblicità. Se il mio blog fa post che vengono visti e condivisi in gran numero, presto otterrò delle offerte da parte di chi vuole fare pubblicità tramite le mie pagine, ad esempio.
Per questo, molte persone, in chiara mala fede, puntano esclusivamente al denaro e quindi a fare più condivisioni possibili; tenderanno così a scrivere e diffondere notizie false, ma che sappiano suscitare le emozioni degli utenti puntando alla rabbia, allo sgomento e alla paura, per ottenere condivisioni e quindi introiti. Non a caso, questo tipo di bufale è sempre accompagnato dallo slogan “condividi se sei indignato!!” o simili.
In altri casi, ancora peggiori, si punta invece sulla pietà, come quelle notizie e quei post che parlano di poveri bambini malati che hanno bisogno del nostro “like” per ottenere le cure, ma che in sostanza fanno ingrassare solo le tasche di chi ha diffuso la notizia (ovviamente falsa).
5. Condizionamento dell’opinione pubblica
Come anticipato, vi sono poi casi in cui le bufale vengono diffuse da sostenitori dei partiti politici, quando non dai politici stessi, per condizionare l’opinione pubblica. Creano cioè notizie false che siano però in linea col pensiero del partito, oppure screditano l’avversario politico con affermazioni non vere. In questo modo sperano di dirottare voti e ottenere consensi elettorali. Vi sono poi casi in cui esistono pagine create appositamente per diffondere fake news, seminare odio e polarizzare lo scontro politico, così da alterare l’opinione pubblica. Lo si è visto con il recente esempio della chiusura di alcune pagine fake da parte di Facebook o con lo scandalo dei Troll russi.
Tipologie di notizie false
Dopo aver esaminato gli scopi che inducono siti e pagine web a diffondere fake news, conviene ora soffermarsi meglio sulle modalità con le quali queste notizie vengono costruite. Lo faremo rifacendoci alla categorizzazione molto pertinente già proposta dalla giornalista Claire Wardle, esperta di disinformazione.
1. Collegamento ingannevole (click baiting)
Si verifica quando titoli, immagini o didascalie differiscono dal contenuto della notizia.
Un esempio pratico è quello che vi riporto nella foto che segue: come vedete, il titolo della notizia in questione è piuttosto allarmistico, con tanto di immagine ad impatto emotivo, laddove segnala che secondo la NASA un asteroide starebbe per colpire la Terra.
E’ normale che, leggendo un titolo sensazionalistico come questo, ognuno di noi sia incentivato ad aprire per leggere il contenuto della notizia. Ma anche a diffonderla, per “avvertire” gli altri.
Nella notizia, però, si vede come la realtà sia tutt’altra: si precisa infatti che il suddetto asteroide passerà a 51 milioni di chilometri dalla Terra (altro che catastrofe!). Ma lo scopriremo solo una volta che avremmo aperto il link (senza dimenticare che molti non lo aprono neppure, limitandosi invece a leggere il titolo e a condividere la notizia solo sulla base di esso, secondo le dinamiche dell’analfabetismo funzionale).
Si tratta di un collegamento ingannevole volto a creare sensazionalismo negli utenti per spingerli a condividere la notizia con gli altri, garantendo visibilità al sito che l’ha creata.
2. Contenuto ingannatore
Si tratta di quelle notizie il cui contenuto viene spacciato come proveniente da fonti realmente esistenti.
Spesso i creatori di fake news rimandano il contenuto delle notizie ad affermazioni od articoli di testate accreditate e famose, anche se non è vero. Si citano ad esempio studi inesistenti o dichiarazioni false e mai rese.
In altri casi, chiamano direttamente le loro pagine con nomi simili a testate famose (la Refubblica, il Fatto Quotidaino, ecc…) proprio per acquisire credibilità agli occhi distratti degli utenti. In questo modo sfruttano la similarità del loro nome con quello della testata famosa per confondersi con essa, illudendo il lettore di avere un’autorevolezza che in realtà non hanno e ottenere così sicuramente più visualizzazioni e condivisioni di quante non ne otterrebbero se avessero un nome differente.
3. Contenuto falso al 100%
Si tratta in questo caso della fake news propriamente detta. Essa è inventata di sana pianta allo scopo di ingannare il lettore. Chi le diffonde conosce i meccanismi del bias di conferma, e sa che stimolando determinate istanze, che parte della popolazione ritiene verosimili, l’utenza userà quella notizia come prova che conferma la sua idea, senza verificarla. E la condividerà, per rafforzare la sua convinzione anche negli altri utenti.
Un esempio conosciuto è una dichiarazione diffusa sui social e attribuita a Giobbe Covatta riguardante la sua presunta contrarietà all’idea di accogliere i migranti. Dichiarazione subito smentita dallo stesso Covatta (ma per diversi giorni diffusa e condivisa sui social e presa per vera). Si tratta peraltro di una fake news che periodicamente viene riproposta e diffusa sui social come se fosse nuova, in concomitanza con eventi che scuotono l’opinione pubblica in tema di immigrazione.
4. Contenuto manipolato o fuorviante
Si tratta del caso in cui l’informazione reale, o l’immagine, viene manipolata per trarre in inganno o quando si fa uso ingannevole dell’informazione per inquadrare un problema o una persona.
L’esempio tipico, circolato tantissimo sui social ma anche sulle testate giornalistiche, è la storia dei 35 euro al giorno regalati ai migranti.
Si tratta di una notizia i cui elementi sono veri, ma i cui dettagli vengono volutamente sottaciuti al fine di traviarne il senso e indirizzare l’opinione pubblica verso una convinzione errata; nel caso specifico, il fatto che i migranti “mettano in tasca” 35 euro al giorno, prendendo quasi uno stipendio senza fare nulla.
Circostanza ovviamente non vera, dal momento che quella somma è data alla struttura che li ospita mentre al migrante arrivano appena 2 euro al giorno.
Si tratta di una strategia molto efficace soprattutto in ambito politico. Essa fa leva ancora una volta sul bias di conferma che adotta questa informazione traviata come prova della validità della sua posizione ideologica (i migranti sono un danno economico per il Paese) senza operare alcuna verifica sul contenuto della notizia.
5. Manipolazione della satira
Questa modalità si verifica quando non c’è intenzione di procurare danno, ma il contenuto satirico viene utilizzato per trarre in inganno. Spesso, a causa dell’analfabetismo funzionale, molti utenti confondono queste notizie satiriche con notizie vere, alterando il loro giudizio sull’argomento. E’ il classico esempio di chi confonde le notizie burla diffuse dalla pagina di “Lercio.it” con notizie vere, nonostante siano palesemente create per suscitare scherno.
In questo caso, appunto, più che un intento dolosamente preordinato a influenzare l’opinione del pubblico, il fattore determinante è l’analfabetismo funzionale che impedisce ad alcuni soggetti di rendersi conto dell’assoluta falsità del contenuto, che viene condiviso come vero nonostante non sia stato creato per questo scopo.
6. Contesto ingannevole
In questo caso il contenuto reale è accompagnato da informazioni contestuali false. Si tratta cioè di una notizia vera che la testata riadatta a suo piacimento per darle un significato completamente diverso da quello originario.
E’ il caso della notizia della presunta scoperta del motivo delle sparizioni nel Triangolo delle Bermude. I creatori della fake news hanno preso una notizia vera che parlava di un particolare fenomeno atmosferico, chiamato microburst, che crea degli “esagoni” di bassa pressione nel cielo capaci di provocare potenti fenomeni atmosferici. Una rivista scientifica accreditata aveva in effetti trattato il fenomeno; si trattava però di un fenomeno comune in tutta l’atmosfera terrestre e quindi non riconducibile al Triangolo delle Bermude, e infatti lo stesso articolo originario non parla affatto del triangolo in questione.
E invece, alcune testate hanno traviato il senso della notizia utilizzando questa spiegazione scientifica per risolvere il famoso mistero del Triangolo delle Bermude; il fine era chiaramente quello di suscitare scalpore e quindi ottenere click.
Fake News: il segreto del loro successo
Come emerso dall’analisi svolta fino a questo punto, la vera forza diffusiva delle fake news sta nell’approccio del cervello umano fondato sui bias cognitivi.
La credibilità di una notizia falsa non si fonda infatti su una attenta costruzione delle prove e delle fonti a supporto. Anzi, come abbiamo visto, spesso si tratta di falsi grossolani; in altri casi, sono addirittura notizie satiriche prese però per vere dagli utenti.
Ciò dimostra che il successo delle fake news non dipende dalla qualità della loro fattura o dalle capacità del “troll” di turno di mistificare, ma unicamente dalle dinamiche che si innestano nel nostro cervello. Chi diffonde notizie false conosce benissimo il funzionamento del bias di conferma; sa cioè che il cervello ha bisogno di creare schemi ed ha la forte tendenza a confermarli.
Per questo, il nostro intuito – basato sull’emotività e non sulla razionalità – tenderà a considerare vera una notizia per il solo fatto che conferma uno degli schemi acquisiti, senza svolgere alcuna verifica. Siccome il cervello ha bisogno di schemi per categorizzare la realtà, esso tenderà a prendere per vere solo le notizie che confermano quegli schemi e a ignorare tutte le altre. In questo modo, potrà fare affidamento su dei parametri verificati, da usare per interpretare la realtà circostante.
L’intuito non sa verificare le fonti
Anzi, il criterio che l’intuito usa per verificare le notizie è proprio la corrispondenza o meno a quegli schemi. Di conseguenza, se un soggetto ha radicata l’idea che gli immigrati siano tutti delinquenti, ogni notizia che conferma quella convinzione sarà presa per vera. Per il semplice fatto che conferma quella convinzione. E tutte le notizie contrarie saranno tacciate di false per il semplice fatto che non sarebbero coerenti con lo schema creato.
Si tratta di una dinamica molto ben conosciuta ai “bufalari”; per questo, essi sanno bene che basta diffondere una notizia che vada a toccare quell’emotività e quelle convinzioni per assicurarsi che sarà presa per vera e condivisa da moltissime persone.
Alla gente basta dire ciò che vuole sentirsi dire
L’esempio di Saolini, bufalaro di professione
Un esempio molto indicativo è Gian Marco Saolini. Si tratta di un bufalaro che ha compreso la forza del bias di conferma e che si diverte a diffondere video in cui interpreta ogni volta personaggi diversi. Una volta un medico no vax, una volta un pilota che parla di scie chimiche, un’altra il volontario di una nave ONG.
Ogni volta che una problematica arriva all’opinione pubblica, lui crea un video in cui non fa altro che “confessare” o confermare una convinzione diffusa tra la gente, assicurandosi centinaia di click e condivisioni.
L’efficacia del suo sistema è dimostrato dal fatto che Saolini non fa nulla per nascondere la verità; come dice lui stesso, basterebbe infatti scorrere la sua bacheca per rendersi conto del fatto che la sua è una semplice presa in giro. Di più, il potere del bias di conferma è tale che molta gente finisce per condividere più di uno dei suoi video, senza neppure accorgersi che si tratta sempre della stessa persona.
Questa è la chiara dimostrazione del fatto che il vero problema sta nella completa mancanza di approccio critico alle notizie e non nella bravura dei “troll”. Infatti, le fake news funzionano anche se chi le diffonde è il primo a fare il possibile per farsi scoprire.
Le Fake News nell’era di internet
Potete dunque capire cosa questa tendenza intuitiva del cervello, unita alla diffusione di un mezzo potente come internet, sia in grado di creare.
Dal punto di vista neuroscientifico, l’enorme diffusione di fake news sul web facilita enormemente la tendenza del cervello di cercare conferme dei propri schemi; su internet possiamo infatti trovare tutto e il contrario di tutto, il che rende il web un po’ un “negozio di caramelle”:
Tutte quelle che vuoi, gratis e del gusto che vuoi tu.
Nel mare di internet è infatti facilissimo trovare notizie che confermino le nostre convinzioni; di conseguenza, se ho un’idea o credo in una determinata teoria, sicuramente troverò sul web qualcosa che la confermi. E questo non farà che consolidare prepotentemente i miei schemi acquisiti. Con conseguenze devastanti sul piano sociale.
La deriva “campanilistica” dell’informazione
Le dinamiche innestate dal bias di conferma e dalla diffusione di notizie false ha infatti ulteriori ripercussioni. Non solo il nostro cervello tenderà a prendere per vera una notizia per il solo fatto che conferma una nostra convinzione; più ancora, la possibilità di accedere liberamente all’informazione tramite il web, unita all’approccio confermativo del nostro cervello, spesso finisce per creare delle “bolle”, isolate e non comunicanti tra loro, polarizzando progressivamente le posizioni sociali.
Cosa significa?
Se ho una determinata convinzione, tenderò a prendere per vere solo le notizie che la confermano. Queste, generalmente, provengono da determinate fonti “partigiane”, che diffondono fake news al solo scopo di polarizzare le posizioni. In base all’approccio confermativo, tenderemo ad informarci in modo selettivo, ossia solo da quelle fonti che tendenzialmente confermano i nostri schemi.
Questo porterà le persone ad affidarsi unicamente a quelle fonti, ignorando tutte le altre; fonti che non faranno altro che consolidare sempre più quelle convinzioni, distaccandoci progressivamente dalla realtà ed eliminando del tutto ogni spirito critico dal nostro approccio cognitivo.
E ciò non solo perché leggeremo notizie che confermano i nostri schemi, ma perché ci informeremo solo da quelle fonti. In questo modo, finiremo cioè per avere una percezione della realtà completamente traviata, perché saremo circondati solo da notizie di quel tipo e smetteremo di considerare del tutto quelle di senso opposto.
Non solo, dunque, troveremo notizie che confermano le nostre convinzioni; di più, percepiremo dall’esterno solo ed esclusivamente notizie di quel tipo, illudendo il cervello che quelle siano le uniche disponibili (WYSIATI). Se praticamente tutte le informazioni che abbiamo intorno confermano il nostro schema, è inevitabile non metterlo più in dubbio; esso ci apparirà continuamente confermato dalle notizie che riceviamo, diventando una realtà assodata.
Come combattere le Fake News?
La diffusione della disinformazione costituisce dunque uno dei problemi più gravi e impellenti della società odierna. Essa contribuisce alla creazione di verità parallele, in cui ognuno può scegliere la sua; questo favorisce la creazione di teorie pseudoscientifiche, che sono la fortuna dei ciarlatani, ma anche la polarizzazione politica e la manipolazione dell’opinione pubblica.
Come si può frenare questa preoccupante tendenza?
Cosa stiamo già facendo…
Ad oggi, il problema è ancora troppo poco trattato dalle istituzioni che dovrebbero essere preposte a trovare una soluzione. La legislazione nazionale offre strumenti obsoleti (come stiamo per vedere) e l’Unione Europea non ha ancora preso seriamente in carico la questione. Solo in questi ultimi anni pare che siti e piattaforme si stiano organizzando autonomamente per dare una risposta.
Cerchiamo di capire dunque quali siano attualmente gli strumenti per combattere le fake news.
1. La legge penale
Come anticipato, la legislazione italiana dispone in realtà di una tutela. Si tratta dell’art. 656 del codice penale, che si occupa proprio di “diffusione di false informazioni“:
Chiunque pubblica o diffonde notizie false, esagerate o tendenziose, per le quali possa essere turbato l’ordine pubblico, è punito, se il fatto non costituisce un più grave reato, con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino a trecentonove euro
Art. 656 c.p.
Come si può leggere dal testo della norma, si tratta di una disposizione completamente inefficace e obsoleta; questo perché era stata scritta nell’era “pre-internet” e non prendeva in considerazione il potenziale del web nel diffondere notizie false. Motivo per cui ritengo che la disposizione vada aggiornata tenendo conto della nuova società dell’informazione. Inutile precisare che, così formulata, non costituisce un buon deterrente, se non altro per l’esiguità delle pene.
2. Il Fact Checking
Migliori risultati li sta ottenendo invece il “fact checking“; mi riferisco alla progressiva nascita e diffusione di siti e pagine social che si occupano di verifica delle notizie e delle fonti e che diffondono suddette verifiche allo scopo di contrastare la disinformazione.
La diffusione di uno spirito critico e l’insegnamento di criteri per la verifica delle fonti è certamente un elemento importante, ma anch’esso insufficiente.
Come abbiamo cercato di spiegare parlando di bias cognitivi, il contrasto alla disinformazione non può limitarsi alla semplice verifica delle fonti; questo perché, in ogni caso, essa presuppone un approccio critico che chi è investito da queste dinamiche non solo non possiede, ma non ritiene necessario avere.
Anzi, chi si trova in quella situazione crede che le sue convinzioni siano assolutamente verificate; esse sono infatti perfettamente coerenti con le informazioni che il suo cervello ha selezionato.
Anzi, come visto egli è praticamente circondato da informazioni e prove che confermano la sua posizione e non ne vede di contrarie. Il cervello, infatti, scarta le informazioni contrarie agli schemi e “mette a sistema” solo quelle a favore.
Per questo, è logica conseguenza sentirsi nel giusto e non ritenere utile verificare ciò che ritiene di aver già verificato.
3. L’azione delle piattaforme
In quest’ultimo periodo, anche le piattaforme web e social stanno iniziando ad adottare sistemi per bloccare la diffusione di notizie false e di teorie complottistiche/pseudoscientifiche; abbiamo visto l’esempio di Facebook e delle pagine politiche da poco chiuse. Altri esempi sono il blocco delle pagine anti-vax, sempre da parte di Facebook e ora pare anche da parte di Twitter, come pure la modifica di alcuni algoritmi da parte di Youtube, per ostacolare il suggerimento automatico di canali pseudoscientifici e complottisti.
Si tratta di un’altra strategia necessaria, ma non sufficiente; il web è un mare libero e difficile da controllare. Il blocco di alcune pagine non impedisce ad altre pagine di nascere pressoché quotidianamente; inoltre, simili notizie si diffondono anche al di fuori dei social, su blog e siti privati dove il controllo e la censura cessano di avere effetto.
Tenere sotto controllo tutto il web, insomma, è impresa ardua, se non impossibile.
Cosa c’è ancora da fare
Come visto, delle azioni utili per combattere le fake news ci sono, ma sono tutte insufficienti.
Per frenare questa deriva è necessario agire prima, in via preventiva.
Soprattutto nei riguardi delle nuove generazioni, che iniziano ad approcciarsi all’informazione e al web. Esse devono necessariamente essere rese edotte delle dinamiche che si innestano nella mente e del continuo tentativo del cervello di tutti noi di confermare gli schemi acquisiti. Di conseguenza, bisogna illustrare i rischi che comporta una selezione delle informazioni fondata sull’approccio confermativo dell’intuito anziché sulla verifica critica.
Importante è agire innanzitutto nelle scuole, nei riguardi di studenti, professori e operatori del settore, sia per insegnare il fact checking che per farne capire l’importanza al giorno d’oggi. Dove ciò è stato fatto, come in Finlandia, i risultati sono andati anche oltre le aspettative.
Ma ancora non basta per eradicare completamente il problema dalle nostre società.
E’ necessario agire contro i bias cognitivi. Bisogna cioè insegnare alle persone ad informarsi da più fonti e da più campane per evitare la polarizzazione; illustrare le dinamiche delle fake news e le ragioni che spingono alcuni a crearle e diffonderle; mantenere un approccio critico e razionale e non farsi mai trascinare dall’emotività quando ci si approccia a una notizia; verificare, prima ancora della notizia in sé, l’approccio del nostro cervello alla stessa, fondato sul bias di conferma e sul WYSIATI; fare il contrario di ciò che il cervello ci suggerisce, ossia aumentare l’attenzione proprio di fronte alle notizie che riteniamo istintivamente vere.
La lotta alle fake news deve partire dal nostro approccio cognitivo prima ancora che dalla legge, dal fact checking e dalla chiusura dei siti bufalari. Senza questa capacità di autoanalisi, nessuna altra strategia potrà dirsi davvero efficace sul lungo termine.
P.T.
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