Come si struttura il ragionamento fondato sui bias cognitivi?

Negli articoli precedenti di questa sessione abbiamo illustrato i principali bias cognitivi che inducono il cervello ad elaborare schemi e correlazioni fuorvianti.

Sulla base di essi sarà ora possibile ricavare i principi dell’Antimetodo. Illustreremo come funziona il ragionamento fondato sui bias cognitvi, ossia la struttura argomentativa e la procedura metodologica su cui si fonda questo approccio cognitivo.

Antimetodo e bias cognitivi

Infatti, l’Antimetodo non va semplicemente relegato ad un sistema sbagliato di approcciarsi alle questioni, fondato su argomentazioni casuali frutto della mera ignoranza in materia; esso ha invece una struttura precisa e una metodologia che segue delle dinamiche che possono essere catalogate ed elencate così da renderle riconoscibili e prevedibili. E ciò non solo a scopo didattico, ma anche per invitarvi tutti a verificare se, in determinati casi, avete fatto uso di uno di questi principi o argomenti per interpretare un fatto, una teoria o una notizia. Perché si tratta meccanismi dell’intuito a cui siamo inevitabilmente tutti soggetti.

Il ragionamento fondato sui bias cognitivi (Antimetodo) è il “metodo scientifico” del cervello primordiale

Come funziona dunque il ragionamento fondato sui bias cognitivi? In questo articolo ne elencherò i principi basilari.

1. Elaborazione dell’ipotesi: il principio di coerenza

In primo luogo, abbiamo visto che il nostro cervello è continuamente indotto a creare schemi, associazioni e sovrastrutture mentali da usare come paradigmi per interpretare la realtà; in particolare, il nostro Sistema 1, ossia l’intuito, tende a fornire continuamente risposte a prescindere dai dati in suo possesso per farlo. Come visto, infatti,

Per il nostro cervello creare uno schema qualunque è comunque preferibile che non averne uno.

WYSIATI

Pertanto, alla base dell’Antimetodo c’è la formulazione dell’ipotesi iniziale, che si fonda sulla creazione di una storia coerente. Per fare questo il cervello mette insieme le limitate informazioni di cui dispone nel momento in cui si ritrova a dover interpretare un fenomeno.

Il ragionamento fondato sui bias cognitivi parte dunque da qui. Come si svolge?

Principio di coerenza e scie chimiche

Poniamo ad esempio che io mi approcci per la prima volta al tema “scie chimiche“. Non avendo alcuna competenza in ingegneria aeronautica, chimica o meteorologia, la convinzione che mi farò sul tema deriverà necessariamente dalle informazioni che ricaverò.

Questo significa che se la prima fonte di informazione cui attingo è, per ipotesi, un video complottista, il mio cervello tenderà a crearsi una teoria sulla sola base delle informazioni contenute in quel video. E lo farà nella convinzione che quelle informazioni siano le uniche o siano comunque più che sufficienti per elaborare una teoria.

L’interesse del cervello, infatti, non è quello di vagliare le ipotesi, ma unicamente quello di creare uno schema utilmente ripetibile. Di conseguenza, non si baserà su una valutazione asettica delle prove, su una contro-verifica delle stesse o su analisi e ragionamenti (Sistema 2) ma si limiterà a cercare uno schema che appaia coerente in base alle informazioni in suo possesso.

Questo è quello che chiamo Principio di Coerenza:

Il criterio per validare l’ipotesi formulata dal WYSIATI è unicamente la coerenza della storia creata in base alle informazioni a disposizione

Principio di Coerenza

2. Il principio di conservazione degli schemi e il procedimento confermativo

Il ragionamento fondato sui bias cognitivi comporta che, elaborata l’ipotesi di base, il cervello cercherà di confermare quello schema.

Infatti, abbiamo visto che gli schemi servono al cervello per avere dei riferimenti su cui basare la sua comprensione del mondo; per questo, egli farà molta fatica ad abbandonarli. Rinunciare a uno schema significa infatti perdere la possibilità di interpretare e prevedere un fenomeno. Motivo per cui il cervello ha la forte tendenza a conservare gli schemi creati.

Il cervello tende a conservare gli schemi acquisiti dal WYSIATI per non dover perdere dei punti di riferimento su cui fondare la propria comprensione del mondo circostante

Principio di Conservazione

E quale miglior modo esiste per conservare uno schema, se non quello di individuare argomenti, prove o fatti che siano capaci di confermarlo?

Ecco dunque che, una volta elaborato lo schema, il cervello si muoverà per cercare, selezionare e reinterpretare le prove di modo che possano essere “infilate” nella storia coerente che lui stesso ha creato, attraverso un “procedimento confermativo” guidato, appunto, dal bias di conferma.

Principio di conservazione e scie chimiche

Torniamo all’esempio precedente. Una volta visto il video complottista sulle scie chimiche e creato lo schema “c’è un complotto globale per irrorare i cieli” quello che il cervello farà sarà andare a cercare solo le prove che siano coerenti con quello schema. Di conseguenza, tenderà a fidarsi solo delle fonti che confermano il complotto senza svolgere le adeguate verifiche delle singole prove richieste invece dal metodo scientifico.

Proseguendo per successive conferme, quegli schemi finiranno per consolidarsi nel nostro cervello con la stessa convinzione con cui le evidenze scientifiche si consolidano nella mente di chi fa uso del metodo scientifico e del Sistema 2.

Questo è un fattore molto importante da considerare, perché:

  • dimostra che chi fa uso dell’Antimetodo (escludo quindi i troll) è sinceramente convinto di quello che pensa;
  • dimostra che non si tratta di un approccio di cui fanno uso solo gli “ignoranti”, ma è sicuramente capitato a tutti noi di crearci convinzioni per questi stessi motivi;
  • spiega perché più si fa uso dell’Antimetodo, più sarà difficile smontare quelle convinzioni, perché saranno ormai sufficientemente consolidate da non poter più essere messe in dubbio;
  • di conseguenza, dimostra la necessità di agire sulle nuove generazioni, prima che sia troppo tardi.

Ma il principio di conservazione non si basa solamente sul procedimento confermativo. Il nostro cervello ha imparato anche altri stratagemmi per confermare gli schemi, che è utile riassumere.

3. Il principio di riadattamento

Un altro sistema per avvalorare gli schemi creati dal WYSIATI è il principio di riadattamento; con questa locuzione si intende la tendenza a far aderire forzatamente tutte le informazioni, le prove e le circostanze a quello schema, reinterpretandole in modo che siano coerenti con esso. In sostanza,

Se un argomento, un fatto o una prova può essere interpretata in modo coerente con lo schema già creato, quella sarà la sua esatta interpretazione

Principio di Riadattamento

Quello che il nostro cervello fa, in pratica, è seguire l’iter contrario a quello imposto dal metodo scientifico; egli non verifica se le prove assunte siano coerenti con l’ipotesi, e quindi non le usa per verificare o confutare la tesi. Piuttosto, parte dal presupposto che l’ipotesi sia valida e, per questo motivo, si ancora alla stessa per interpretare le prove raccolte, così da riuscire a infilarle nella storia coerente del WYSIATI e confermare lo schema.

Per fare questo, il cervello ricorre a numerosi bias cognitivi:

  • l’effetto ancoraggio che pone l’ipotesi come criterio di validità delle prove, anziché porre le prove come criterio di validità dell’ipotesi;
  • creando correlazioni apparenti (apofenia) per il solo fatto che le stesse, se sussistenti, confermerebbero l’ipotesi;
  • semplificando al minimo il problema, permettendo di collegare prove e ipotesi in una storia coerente.
Principio di riadattamento e terrapiattismo

Prendiamo ad esempio i terrapiattisti: nella loro ipotesi, come sappiamo, la terra è piatta.

Dando questo dato come presupposto anziché verificarlo, prenderanno tutte le prove che possono essere interpretate coerentemente con quella ipotesi. E ogni volta che ci riusciranno (non importa quanto ne forzeranno il significato), considereranno quella una prova della loro ipotesi.

Ad esempio, il fatto che non si veda la curvatura è una prova coerente con l’ipotesi della terra piatta, e poco importa che ciò sia dovuto alle enormi distanze del pianeta, che impediscono all’essere umano di percepire la curvatura prima di una certa altitudine. Il non vedere la curvatura può essere visto come una prova che la terra è piatta, quindi viene usata come tale senza che sia sottoposta ad alcuna altra verifica. Anzi: è la coerenza stessa tra prova e ipotesi a fungere da criterio di validità.

Allo stesso modo, il fatto che gli aerei non sorvolano l’Antartico può essere riadattato al complotto della terra piatta e quindi sarà usato come prova in tal senso, senza considerare altre possibili spiegazioni del perché ciò accada (il motivo per cui non lo fanno, se vi interessa, è questo).

Insomma:

L’Antimetodo prima crea l’ipotesi, poi crea le prove per confermarla.

4. Raggirare le contraddizioni logiche: il ragionamento a “compartimenti stagni”

L’Antimetodo, anche se appare piuttosto funzionale a confermare un’ipotesi, porta spesso a un sacco di contraddizioni logiche nell’eventuale teoria che finisce per elaborare. Come vedremo, non si tratta di nuovo di semplice incompetenza, ma delle procedure che adotta il cervello primordiale ed è per questo che chi ne fa uso non si accorge delle evidenti illogicità di ciò che sostiene.

Accade infatti per molte teorie – soprattutto quelle complottiste – che per quanto le singole prove riadattate alla teoria possano apparire, prese singolarmente, capaci di avvalorare il complotto, nella realtà produrrebbero risultati illogici se incrociate tra loro.

Ragionamento a compartimenti stagni e terrapiattismo

Ad esempio: molti terrapiattisti sostengono che ci sia una cupola che avvolge la terra e che, per questo, sia impossibile per l’uomo andare nello spazio. Sulla base di questa affermazione, tra l’altro, fondano la prova che l’allunaggio fosse stato in realtà una farsa, proprio perché andare sulla Luna sarebbe impedito dalla cupola.

Tuttavia, analizzando la “teoria della terra piatta”, si scopre che la stragrande maggioranza dei terrapiattisti ritiene che la Luna e il Sole siano dentro la cupola. Ma se è così, appare evidente che la cupola non possa impedirci di andare sulla Luna, essendo quest’ultima all’interno della prima.

Come è possibile che i terrapiattisti non rilevino una così palese contraddizione? Questo accade perché l’Antimetodo viaggia a “compartimenti stagni“. Verifica cioè le prove prendendole singolarmente, senza operare una valutazione di insieme.

L’assenza di verifica incrociata

Se quelle prove, da sole, possono essere coerenti con la teoria, allora non c’è bisogno di fare verifiche incrociate, perché la coerenza della teoria è di per sé prova da sola necessaria e sufficiente della sua validità.

L’Antimetodo non mette le prove una di fianco all’altra, ma una sopra l’altra, rendendo impossibile una valutazione di insieme dell’impianto probatorio a sue mani

Ragionamento a compartimenti stagni

In questo modo, il cervello riesce a confermare il suo schema senza dover fare i conti con l’illogicità della teoria che verrebbe fuori dal “collage” delle prove prodotte. Quest’ultima operazione deve infatti essere volontariamente attivata dal Sistema 2. Ma a quel punto, il lavoro del bias di conferma sarà già stato sufficiente da suscitare scetticismo verso qualunque argomento contrario.

E naturalmente, da suscitare certezza verso qualunque argomento a favore.

5. Confutazione delle prove contrarie: il principio di coerenza inverso

Ultimo aspetto che è importante considerare analizzando il ragionamento fondato sui bias cognitivi è il modo in cui procede alla confutazione delle prove contrarie.

Oltre ad utilizzare le consuete fallacie logiche, l’Antimetodo fa uso anche di un altro principio particolare.

L’Antimetodo, abbiamo visto, fonda sostanzialmente tutta la procedura di conferma sul presupposto indotto dal Principio di coerenza, ossia dal fatto che la teoria è valida, prima ancora che per le prove di cui dispone, per il semplice fatto che essa è coerente con gli elementi limitati a sua disposizione.

Questo principio, che indica appunto che la coerenza è l’unico criterio di validità di una teoria creata dall’Antimetodo, si porta dietro un’altra conseguenza.

La coerenza della mia teoria non è solo prova sufficiente per avvalorarla, ma è anche una prova utilizzabile per screditare tutte le prove contrarie. E’ quello che ho definito principio di coerenza inverso.

Le prove contrarie possono anche non essere analizzate, perché la loro invalidità deriva di per sè dal fatto che non sono coerenti con la mia teoria

Principio di Coerenza Inverso
La coerenza è tutto

Questo stratagemma è proprio la “scappatoia” che il cervello utilizza per aggirare il problema della verifica delle prove contrarie. Senza dover entrare nel merito, infatti, esse possono essere genericamente tacciate di false, additate come insensate o ignorate del tutto dal dibattito senza doverle sviscerare; questo per il semplice fatto che non sono coerenti con la mia storia, quindi non possono essere valide.

L’analisi delle prove contrarie non è parte dellAntimetodo; il Sistema 1 tende semplicemente a scartare le prove che non confermano il suo schema, non appena si rende conto che non lo confermano.

Bias di conferma

Anche in questo caso siamo di fronte al metodo scientifico al contrario: uso l’ipotesi che voglio confermare come criterio per valutare le prove, in un circolo vizioso che rende impossibili soluzioni diverse da quelle che il cervello ha già scelto essere quelle corrette.

Il ragionamento fondato sui bias cognitivi: conclusioni

Questa breve disamina costituisce un riassunto dei generali principi che sorreggono il ragionamento fondato sui bias cognitivi ed un’infarinatura generale dell’approccio metodologico che suggerisce al nostro cervello per verificare – ma sarebbe meglio dire “confermare” – le teorie (Antimetodo).

Queste dinamiche si ripetono sostanzialmente uguali a se stesse per tutte le teorie pseudoscientifiche, i compolotti, le credenze e la verifica delle informazioni in generale.

Data questa infarinatura, è possibile addentrarci più a fondo nell’analisi dell’Antimetodo verificandone l’applicazione attraverso delle discussioni reali, intrattenute con vari complottisti/pseudoscientisti/analfabeti funzionali nella mia esperienza di “debunker“. L’augurio è che possano essere utili a tutti voi non solo per comprendere meglio l’Antimetodo, ma anche per imparare a riconoscere se, in alcuni casi, anche voi ne abbiate fatto uso.

Perché il ragionamento fondato sui bias cognitivi non è una disfunzione rara che colpisce solo alcuni soggetti; esso è il normale metodo di approccio alla realtà che utilizza il nostro cervello primitivo.

Non possiamo impedire all’Antimetodo di attivarsi, possiamo solo spegnerlo dopo che si è attivato e provare a ragionare senza di lui.

Il problema sta solo nell’accorgersi che si è attivato.

P.T.

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