Parte VI di IX

(Premessa / Parte I / Parte II / Parte III / Parte IV / Parte V / Parte VI / Parte VII/ Parte VIII / Parte IX)

Per proseguire sull’analisi e rispondere alla domanda “esiste la giustizia assoluta?”, dovrò ora ripercorrere la visione e la mia critica a Rousseau e al contratto sociale, sua opera principale.

La visione di Rousseau nel “Contratto sociale”

Jean Jaques Rousseau fu il padre ispiratore del sistema post rivoluzionario in Francia, almeno sulla carta.

Per quel che mi interessa rilevare, il filosofo fu l’autore del saggio “Il contratto sociale”, con il quale esprime la sua idea di società e di giustizia e che mi avrebbe fornito lo spunto, insieme a Rawls, per elaborare la mia personale teoria della giustizia.

Jean Jaques Rousseau
1712 – 1778

Cosa dice Rousseau? Secondo lui, la storia della civiltà umana può dividersi in due momenti fondamentali: lo stato di natura e lo stato civile.

Allo stato di natura, gli uomini vivono allo stato brado, gli uni contro gli altri, senza alcuna legge che non sia connessa con le leggi di natura: è la condizione dell’homo homini lupus di cui parlava anche Thomas Hobbes.

Ma ad un certo punto dell’evoluzione, l’essere umano decide di mettere insieme le forze, aggregandosi in società e assoggettandosi ad un potere che regoli la reciproca convivenza: lo stato civile, appunto, nel quale si entra proprio attraverso la stipula di una sorta di accordo tra i consociati che lui chiama “contratto sociale”, suddiviso in pactum societatis e pactum subiectionis (concetti interessanti ma che qui non c’è il tempo per approfondire).

Attraverso di esso (ma soprattutto col pactum subiectionis), gli uomini accettano di rinunciare alla loro piena libertà, tipica dello stato di natura, affidando ad un organo terzo il potere di stabilire le regole, imporle e garantirne il rispetto per permettere una convivenza pacifica e funzionale alla sopravvivenza di tutti.

Così nascerebbe la società umana.

Le incoerenze della teoria di Rousseau

Si tratta di una teoria che in generale condivido nel suo impianto generale, ma che a mio avviso non è meno utopica di quella di Rawls per dei motivi molto semplici che è ora opportuno spiegare, perché sarà proprio sulla base di essi che ho avuto l’intuizione per perfezionare la sua teoria fondendola insieme a quella di Rawls.

La ricostruzione di Rousseau è a mio avviso inverosimile: suppone infatti che l’essere umano – che vive allo stato brado, ragiona unicamente con l’istinto, non conosce il linguaggio e la razionalità ed è dunque uguale a tutti gli altri animali – una mattina, quasi per magia, si svegli, stipuli un contratto e automaticamente entri nello “stato civile” assumendo quei connotati tipici dell’uomo (razionalità e capacità di stabilire regole razionali per regolare la convivenza) in modo immediato, da un secondo all’altro.

E’ chiaro che le cose non siano andate affatto così, ma che piuttosto l’evoluzione sociale sia frutto di un lento passaggio così come lo stesso sviluppo della razionalità derivi da processi millenari. Anzi, la stessa consapevolezza della necessità di sottoscrivere un patto e di stabilire regole della convivenza di natura razionale e non solo istintiva presuppone necessariamente che l’essere umano abbia già sviluppato quella razionalità: l’idea che l’essere umano diventi razionale dopo aver stabilito regole razionali è infatti un controsenso logico.

Superare la visione di Rousseau

Da queste considerazioni deriva l’intuizione che mi ha condotto a rielaborare la visione di Rousseau per adattarla alla concreta realtà evolutiva dell’essere umano, e che ora proverò a spiegare.

Il punto di partenza di tutta la questione sta in questo assunto:

l’essere umano si costituisce in società prima di entrare nello stato civile e non contestualmente o addirittura dopo, come sostiene Rousseau.

E’ anzi proprio la creazione di una società organizzata che permetterà, nel lungo termine, l’evoluzione dell’uomo e lo sviluppo della razionalità e degli altri elementi necessari per arrivare a pensare e realizzare una società civile.

Ma come riuscirebbe l’essere umano a creare una società solo attraverso l’istinto, prima di diventare razionale? La risposta è semplice: nello stesso modo in cui lo hanno fatto molti altri animali come i lupi, gli gnu, le api o le formiche.

Come cercherò di spiegare nei prossimi articoli, la società è solo un sistema che usano alcuni animali per garantirsi la sopravvivenza, e come tale è regolata dall’istinto, non dalla ragione; dalla natura, non dalla legge positiva.

La singolarità dell’essere umano non dipende dunque da questa tendenza, che è nella nostra stessa natura, ma da fattori evolutivi successivi (la posizione eretta, il pollice opponibile, l’intelligenza) che hanno nel tempo permesso all’uomo di trasformare la società naturale in società civile.

Non sono mere speculazioni: tale premessa è infatti necessaria per l’elaborazione della mia teoria della giustizia assoluta. Come Rawls, infatti, la mia teoria si basa sul fatto che sia necessario individuare una “posizione originaria” nella quale gli uomini, mettendosi in società, hanno dovuto stabilire dei principi di giustizia necessari per garantire il raggiungimento degli obiettivi della società stessa; ma a differenza di Rawls, la mia idea non è che questa posizione originaria sia un mero artificio ipotetico, ma che vada individuata nelle ragioni che hanno spinto istintivamente gli umani – e gli altri animnali sociali – ad aggregarsi in società.

Accadimento che si è verificato allo stato di natura – e non allo stato civile come dice Rousseau –, motivo per cui quei principi non possono che essere naturali, e quindi assoluti, immutabili e immodificabili.

Nel prossimo articolo, cercherò di individuarli sulla base di queste premesse.

P.T.