In questi giorni, una nuova sentenza sembra minare l’impianto della gestione dell’emergenza da parte del Governo: parliamo oggi della sentenza del Tribunale di Reggio Emilia con la quale il Giudice Dario De Luca avrebbe disapplicato il DPCM che prevedeva sanzioni penali in caso di violazione della quarantena o dell’obbligo di autocertificazione.

Iniziamo a vedere in cosa consiste la sua decisione, per poi fare dei ragionamenti di carattere giuridico che troverete sicuramente interessanti.

La ratio della sentenza del Tribunale di Reggio Emilia

Brevemente, il caso riguardava due coniugi che avevano violato la quarantena lo scorso 13 marzo 2020 e avevano falsificato un’autocertificazione; fatto per il quale avevano subito una condanna penale.

Il Giudice avrebbe assolto i due coniugi per insussistenza del fatto. Il motivo starebbe nel fatto che il DPCM che imponeva la quarantena fosse incostituzionale, quindi illegittimo, poiché l’obbligo di restare a casa costituirebbe non una violazione dell’art. 16 Cost., ossia della libertà di circolazione, per la quale è prevista una riserva di legge relativa (ossia la legge può porre limitazioni a carattere generale mentre gli atti secondari possono disciplinare il dettaglio), ma una vera e propria limitazione della libertà personale ex art. 13 Cost., per la quale è invece prevista una riserva di giurisdizione: infatti, l’art. 13 dice espressamente che:

La libertà personale è inviolabile.

Non è ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione o perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dell’autorità giudiziaria (…)

Art. 13 Cost, I e II comma.

Pertanto, solo un giudice potrebbe imporre una limitazione alla libertà personale, mai una legge o addirittura un atto sotto ordinato. Per tale motivo, il DPCM, e il decreto legge che lo ha autorizzato, sarebbero incostituzionali, e questo giustificherebbe il potere del giudice di disapplicarli ed assolvere i coniugi poiché la fattispecie penale di cui sono stati accusati di fatto non esisterebbe.

Tra art. 13 e art. 16 Cost.

Insomma: il nucleo centrale di questa decisione, che in realtà corrisponde in parte a quanto a suo tempo già affermato da altri giudici, come il Giudice di Pace di Frosinone (di cui avevo già parlato qui), consisterebbe nel fatto che quel tipo di limitazioni non afferirebbero all’art. 16 (nel qual caso sarebbero infatti legittime) ma all’art. 13, nel qual caso sarebbero invece vietate per espressa disposizione costituzionale.

E’ davvero così? L’interpretazione della sentenza del Tribunale di Reggio Emilia è suggestiva e mi ha dato modo di andare a rispolverare gli istituti giuridici dietro entrambi gli articoli. In effetti, nessuno può nascondere che un conto è vietare assembramenti, manifestazioni oppure impedire a un cittadino di spostarsi di Comune, un altro è chiudere in casa il cittadino: nel primo caso si parla palesemente di libertà di circolazione (art. 16), mentre nella seconda sembra decisamente di più una vera e propria libertà personale.

Vista l’ambiguità dei due articoli rispetto a questo fatto specifico, come facciamo a capire quale dei due articoli è quello da applicare? In assenza di evidenza emergente dal testo della legge, quello che si fa in giurisprudenza è andare a ricercare la ratio del legislatore, cioè il motivo che ha spinto il legislatore costituzionale a formulare i due articoli per capire in quale dei due far rientrare l’obbligo di quarantena e quindi stabilire a quale delle due libertà andrebbe a derogare.

Certo: i padri costituenti non ci sono più, ma per nostra fortuna ci hanno lasciato tutte le loro discussioni in sede di approvazione della Costituzione: i cosiddetti Atti della Costituente, dove si può leggere come si è arrivati ad approvare l’attuale testo Costituzionale. Lì è possibile comprendere cosa intendeva il legislatore quando ha formulato i due articoli.

Gli atti della Costituente: art. 13 Cost.

Cominciamo allora a rileggere le discussioni relative all’art. 13 Cost.

Qual è la ratio dell’art. 13? Sostanzialmente la tutela dell’habeas corpus, ossia l’inviolabilità della propria persona. Quando l’articolo parla di violazione della libertà personale, si riferisce esplicitamente alle forme di detenzione.

Infatti, si legge proprio nelle discussioni della Costituente, nel verbale del 12 settembre 1946, che questo concetto viene espresso in primo luogo dall’On. Dossetti, il quale precisa:

Come vedete, l’onorevole afferma la necessità di specificare che si tratti di arresto e detenzione, per non confondere la libertà personale tutelata dall’art. 13 con altre forme di libertà che riguardano altre fattispecie (come appunto l’art. 16).

Non solo. Lo stesso On. Dossetti precisa proprio che l’inviolabilità della libertà personale non può non trovare una deroga nel caso in cui la stessa si renda necessaria per una “superiore esigenza della comunità sociale”. Opinione sulla quale concorda anche l’On Marchesi:

Questa esigenza di specificare la questione è così sentita e condivisa che addirittura l’On. Lucifero propone di modificare il secondo comma, precisando espressamente che si parla di “arresto” e non di una generica privazione della libertà personale:

Insomma: dagli atti della Costituente appare chiaro che la ratio dell’art. 13 Cost. riguardi la possibilità e i limiti concessi allo Stato per procedere ad arresto e detenzione dei singoli – quindi non provvedimenti erga omnes come una quarantena generale, ma atti ad personam indirizzati a un singolo individuo – per ragioni connesse con le norme penali e di pubblica sicurezza; ed ecco perché è prevista una riserva di giurisdizione: siccome nessuno può essere condannato se non a seguito di un giusto processo regolato dalla legge (art.111 Cost.), è ovvia conseguenza garantire al cittadino che l’arresto conseguente ad un reato possa avvenire solo a seguito di un regolare processo e per espressa disposizione dell’autorità giudiziaria.

Gli atti della Costituente: art. 16 Cost.

Vediamo invece di cosa hanno discusso i padri costituenti quando si sono trovati a formulare il dettato dell’art. 16. Nei verbali del 20 settembre 1946, emerge da subito come l’art. 16 Cost. si riferisca non a provvedimenti ad personam, bensì a provvedimenti erga omnes; tant’è che l’On. Basso suggerisce di precisare che questo tipo di limitazioni non possano riguardare persone specifiche o determinate categorie (ossia che possano essere utilizzati per fini politici):

Ma c’è di più: nella discussione su quali casi indicare in deroga alla libertà di circolazione, alcuni onorevoli suggeriscono di inserire esempi specifici. E guarda caso, ancora l’On Lucifero, in accordo con l’On. Togliatti, suggeriscono di specificare come segue:

Epidemie“. Mentre dunque nell’articolo 13 nessuno parlava di epidemie, per l’art. 16 l’inserimento della parola “epidemia” viene espressamente citato e suggerito, segno palese che l’intento dei Costituenti fosse proprio quello di prevedere deroghe alla libertà di circolazione proprio nel caso di rischi connessi con il contagio di agenti patogeni.

La differenza dei due articoli appare dunque chiara ed evidente dall’analisi degli atti dell’Assemblea Costituente, rendendo chiaro che la limitazione della libertà connessa con una quarantena rientra nell’art. 16 e non nell’art. 13.

A scanso di ogni equivoco, la differenza tra le due ipotesi viene di nuovo sottolineata dall’On. Lucifero, che chiarisce proprio che nel caso dell’art. 16 si parla di limitazioni erga omnes, non ad personam (ossia quelle tipiche dell’art. 13):

Sentenza del Tribunale di Reggio Emilia: conclusioni

Alla luce dell’analisi delle deduzioni della sentenza del Tribunale di Reggio Emilia e della verifica della ratio del legislatore contenuta negli atti della Costituente, mi sembra di poter chiaramente affermare che le ipotesi di limitazione della libertà contenute dei DL e nei DPCM dell’emergenza sanitaria rientrano nell’art. 16 e non nell’art. 13.

Pertanto, essendo prevista all’art. 16 una riserva di legge relativa e non una riserva di giurisdizione, ben può il Governo imporre una quarantena per Decreto Legge e limitare gli spostamenti per DPCM.

La ricostruzione della sentenza del Tribunale di Reggio Emilia, insomma, mi pare errata, perché ignora la vera ratio delle due disposizioni costituzionali considerate.

P.T.

Per ulteriori approfondimenti sull’illegittimità dei DPCM, guardate il mio video!