La fine delle terapie domiciliari è arrivata. A decretarla è stata una sentenza, una delle più belle che io abbia mai letto, che come una falce ha distrutto tutte le argomentazioni pseudoscientifiche e negazioniste di chi le sosteneva.

Premessa

Come si è arrivati alla fine delle terapie domiciliari? L’annosa vicenda delle terapie domiciliari Covid e del protocollo AIFA, che vieterebbe l’uso di alcuni farmaci usati proprio in quelle terapie, ha scatenato un dibattito acceso e ancora in corso, fomentato polemiche e aizzato i negazionisti che accusano il governo di vietare le cure per fare aggravare apposta i pazienti, imponendo una ingiustificata “vigile attesa“.

La vicenda si è poi spostata dall’opinione pubblica alle aule di Tribunale, scatenando un lungo contenzioso giudiziario che a più riprese si è mostrato piuttosto altalenante, tra sentenze e decreti TAR che parevano dare ragione ai sostenitori delle terapie domiciliari e decisioni del Consiglio di Stato che ribaltavano la situazione.

Ripercorrendo le vicende più recenti, ricordiamo che il Protocollo era stato impugnato di fronte al TAR Lazio – qui avevamo analizzato la sentenza – il quale aveva disapplicato il protocollo AIFA sul presupposto che il medico è deontologicamente libero di scegliere, sotto sua responsabilità, la terapia che ritiene più opportuna.

Subito dopo, però, il Consiglio di Stato aveva sospeso quella decisione, precisando – ne avevo parlato qui – che il protocollo non era affatto vincolante ma solo una linea guida, quindi in alcun modo “limitava” la libertà e l’indipendenza del medico.

A tale decisione doveva seguire la sentenza definitiva, che è finalmente arrivata. Parliamo cioè della sentenza del Consiglio di Stato pubblicata il 9 febbraio e che trovate qui in versione integrale; una sentenza che mette la parola fine, per sempre, a questa assurda e annosa vicenda, e che dichiara de facto la fine delle terapie domiciliari.

Non posso fare a meno di analizzarla insieme a voi, riportando alcuni specifici passi, poiché tale decisione non si limita a valutare la questione sul piano giuridico, ma si spinge ben oltre, andando a smentire tutte le illazioni complottiste e pseudoscientifiche dei sostenitori delle terapie domiciliari. Una vera e propria “sentenza di debunking” che è riuscita a darmi più soddisfazione di quella emessa dalla Corte Costituzionale sull’illegittimità dei DPCM.

Analisi della sentenza

Senza entrare nei dettagli procedurali, la sentenza in questione si compone essenzialmente di due parti: quella giuridica e quella scientifica. Le analizzeremo separatamente per avere un quadro completo delle deduzioni del Consiglio di Stato che hanno segnato la fine delle terapie domiciliari.

La questione giuridica: il protocollo non è vincolante!

In punto di diritto, il Consiglio di Stato ha bocciato la sentenza del TAR sul presupposto che la conclusione cui giunge il Tribunale di primo grado appare illogica: questo infatti, da un lato precisa che il Protocollo AIFA non costituisce un documento vincolante ma una mera linea guida, che lascia impregiudicata la libertà del medico; allo stesso tempo, però, dall’altro annulla il protocollo in quanto illegittimamente vincolante.

Afferma infatti il Consiglio di Stato che:

Una contraddizione, questa, che del resto avevo già rilevato anche io nel precedente articolo, di cui vi riporto l’estratto:

Pertanto, l’annullamento del Protocollo disposto dal TAR non ha alcun senso, visto e considerato che:

Ed è proprio quest’ultima considerazione ad aprire la strada alla seconda parte della sentenza: come vedete, il Consiglio di Stato fa salva la libertà prescrittiva del medico, purché essa avvenga “sulla base delle evidenze scientifiche acquisite“; sulla base di questa considerazione, il Consiglio di Stato si addentra allora in una attenta disamina delle questioni scientifiche coinvolte per meglio precisare l’assoluta erroneità delle doglianze dei sostenitori delle terapie domiciliari, compresa la loro stessa presunta efficacia.

La questione scientifica

Infatti, il Consiglio di Stato non si limita a cassare la decisione sul piano giuridico, ma decide di entrare nel merito delle doglianze specifiche dei ricorrenti che, oltre a lamentare la vincolatività del protocollo, ne denunciavano altresì il contenuto sul piano scientifico, ritenendolo sbagliato se non addirittura controproducente per i pazienti. Insomma, la famosa obiezione del “tachipirina e vigile attesa” ormai divenuto un mantra dei negazionisti. Dice infatti il Consiglio di Stato che:

“Una volta superata, infatti, la questione della non vincolatività delle Linee guida da parte del singolo medico, l’opinabilità delle indicazioni di trattamento terapeutico contenute nelle Linee guida era ed è questione del tutto diversa, che avrebbe dovuto costituire oggetto di approfondita analisi nella sentenza impugnata, la quale sarebbe potuta pervenire ad una statuizione annullatoria se e solo se avesse ritenuto, motivatamente, che l’esercizio della discrezionalità tecnica, da parte del Ministero o dell’AIFA, non si fosse mantenuta nell’ambito delle opzioni terapeutiche consentite dal sapere specialistico che deve applicarsi alla materia controversa”.

Consiglio di Stato, sentenza del 9 febbraio 2022

Insomma: resta da capire se le linee guida dell’AIFA siano davvero errate sul piano scientifico e se, invece, le terapie proposte dai sostenitori delle cure domiciliari abbiano un valido fondamento e debbano essere lasciate alla libera prescrizione del medico.

Posto questo, ecco che il Consiglio di Stato fa a tutti quanti una egregia lezione sul metodo scientifico. La decisione parte dal presupposto che “la moderna medicina dell’evidenza richiede che la prescrizione di un farmaco si fondi su accertati profili di accertata efficacia e sicurezza di questo“.

Dopo aver citato la stessa legislazione sul punto come l’art. 2 del d.l. l. n. 23 del 1998, che consente l’utilizzo di farmaci off labelpurché tale impiego sia noto e conforme a lavori apparsi su pubblicazioni scientifiche accreditate in campo internazionale“, e l’art. 2, comma 348, della l. n. 244 del 2007, per il quale l’indicazione di farmaci off label è consentita “qualora per tale indicazione non siano disponibili almeno dati favorevoli di sperimentazione clinica di fase seconda“, ecco che emergono le considerazioni nel merito scientifico. Vediamole punto per punto, perché ognuna di esse è una vera e propria picconata all’intero impianto sostenuto dai gruppi di cure domiciliari.

La scelta delle terapie sul piano scientifico

In primo luogo affronta il tema della libertà del medico di scelta terapeutica:

Insomma: chi sostiene le terapie domiciliari è un disinformatore, figlio della società della sfiducia della scienza, che sfrutta prove invalide in quanto non falsificabili e prive di qualunque supporto scientifico. Lo ha detto il Consiglio di Stato, non io.

Il significato di “vigile attesa”

In secondo luogo, affronta le obiezioni riferite all’annosa questione della “tachipirina e vigile attesa”, specificando ciò che ormai da anni continuiamo a dire:

Quindi, il vostro mantra del “ci hanno ucciso tutti con la vigile attesa”, a parere del Consiglio di Stato dovete mettervelo… nel cassetto delle stupidaggini.

Le evidenze sull’efficacia dei farmaci sconsigliati

Infine, entra nel dettaglio delle singole cure sconsigliate dal protocollo, riscontrando come una tale direttiva sia perfettamente in linea con le conoscenze scientifiche acquisite sulla base degli studi randomizzati e controllati svolti in tutto il mondo. Citando testualmente dalla sentenza, per ogni singolo farmaco:

  • Corticosteroidi: “la “limitazione all’uso”, è basata sulle prove di efficacia derivanti da ampi studi randomizzati controllati che ne hanno ben definito il valore esclusivamente nei soggetti in ossigenoterapia (cfr. RECOVERY Trial e meta-analisi del WHO) e tiene, d’altro canto, in considerazione che in molti soggetti con malattie croniche l’utilizzo del cortisone può determinare importanti eventi avversi che rischiano di complicare il decorso della malattia virale“;
  • divieto di uso di antibiotici: “nel documento dell’AIFA l’utilizzo degli antibiotici non è vietato ma semplicemente, in accordo con tutte le linee guida e tutti gli indirizzi di stewardship antibiotica, non raccomandato come utilizzo routinario, essendone invece previsto, ragionevolmente e correttamente, l’utilizzo in presenza di sospetto di una sovrainfezione batterica“;
  • idrossiclorochina: “la raccomandazione avverso l’utilizzo di idrossiclorochina al di fuori di studi clinici randomizzati è giustificata ormai, dopo diversi mesi di sperimentazione clinica (…) dai numerosi studi clinici randomizzati che hanno dimostrato la sostanziale inefficacia del farmaco ed è in linea con quanto raccomandato dalle principali linee guida internazionali, potendosi consultare la scheda pubblicata sul sito dell’AIFA in cui sono riportati nel dettaglio gli studi clinici randomizzati a supporto di tale raccomandazione” .

Dunque, il protocollo non solo non è vincolante – quindi non viola alcuna libertà del medico – ma è anche corretto sul piano del contenuto, in quanto si limita a proporre le evidenze scientifiche disponibili sui singoli trattamenti terapeutici. Ma soprattutto, la sentenza risponde in maniera netta a chi, ancora oggi, interpretava il precedente annullamento del protocollo come una prova che le cure domiciliari funzionassero, evidenziando al contrario che le terapie proposte da questi gruppi non hanno alcuna prova di efficacia. Insomma: a prescindere dal contenuto del protocollo, le terapie domiciliari non hanno alcuna prova di efficacia cioè non funzionano. Come avevo già spiegato, tra l’altro, in questo articolo e in questo video.

E se ciò non bastasse, la fine delle terapie domiciliari viene definitivamente decretata al punto 22 e ss. della sentenza, dove i giudici si superano e lanciano una dolorosa frecciata ai ricorrenti:

Le stesse cose che dico da più di un anno e che ora, finalmente, sono scritte in una sentenza ufficiale che umilia e mette la parola fine a questa ridicola diatriba.

La fine delle terapie domiciliari, ma non per i suoi sostenitori

Questa meravigliosa sentenza dovrebbe quindi zittire per sempre tutti i sostenitori delle terapie domiciliari e del complotto della “tachipirina e vigile attesa” che tanto pateticamente si sono arrabattati per contrastare i miei articoli, i miei post e i miei video fino a ieri; ma so che non accadrà, perché la sentenza non la leggeranno, non la capiranno e comunque potranno obiettare che il Consiglio di Stato è corrotto, che le prove sono false, che sono tutti d’accordo, che “ha stato Soros“, senza chiaramente saper smentire nel merito una pronuncia che andrebbe scolpita nel marmo e appesa in tutte le università di medicina.

Ma intanto, che vi piaccia o no, questa è la fine delle terapie domiciliari e, anche oggi, la dittatura sanitaria la svelate domani.

P.T.

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