
Sono finalmente uscite le motivazioni della sentenza della Consulta che ha stabilito che la quarantena non viola la libertà personale. Le attendevo da tempo anche per verificare, come già fatto con altre due famose sentenze – la 37/2021 e la 198/2021 -, uscite l’anno scorso, che avevano dichiarato legittimi i DPCM (qui il mio video), se anche in questo caso ci avessi visto giusto nelle diverse analisi che avevo fatto sulla questione – riassunte in questo video del mio canale YouTube.
In effetti, già la precedente sentenza, seppur de relato, aveva chiarito, nel dichiarare legittimi i DPCM, che si fosse in presenza di una riserva di legge relativa, e che quindi l’articolo di riferimento fosse il 16, ossia la libertà di circolazione, e non il 13, ossia la libertà personale; ma allora in molti mi avevano contestato dicendo che in realtà la Corte Costituzionale non aveva affrontato direttamente quell’aspetto, dunque le mie deduzioni erano sbagliate e partigiane.
Ebbene, ora la Corte si è finalmente pronunciata anche su quello specifico aspetto e, indovinate un po’, mi ha di nuovo copiato.
La Quarantena non viola la libertà personale: le motivazioni
Parliamo della sentenza n. 127/2022 – che trovate qui – pronunciata a seguito dell’ordinanza di rimessione promossa dal Tribunale di Reggio Calabria.
Vediamo allora i passi salienti della sentenza.
In primo luogo, il Giudice rimettente ha appunto sostenuto che l’obbligo di restare a casa costituisca a tutti gli effetti una limitazione della libertà personale, in violazione dell’art. 13.
Personalmente, avevo già rilevato nel mio precedente video e in questo articolo che di fatto, analizzando gli atti della Costituente e i precedenti giurisprudenziali della Corte, questo tipo di limitazione non fosse mai stata assimilata alla libertà personale, ma solo alla libertà di circolazione. E in effetti, risponde la Corte:
“Tuttavia, i criteri che il rimettente suggerisce per qualificare la fattispecie ai sensi dell’art. 13 Cost., anziché in base all’art. 16 Cost., non hanno mai trovato corrispondenza nella ormai pluridecennale giurisprudenza maturata da questa Corte sul punto controverso. Questa Corte, con la sentenza n. 68 del 1964, ha già rilevato che i «motivi di sanità» che permettono alla legge, ai sensi dell’art. 16 Cost., di limitare in via generale la libertà di circolazione delle persone possono giungere fino alla «necessità di isolare individui affetti da malattie contagiose». Perciò, in linea di principio, e impregiudicato ogni ulteriore profilo concernente la legittimità costituzionale di tali misure, non si può negare che un cordone sanitario volto a proteggere la salute nell’interesse della collettività (art. 32 Cost) possa stringersi di quanto è necessario, secondo un criterio di proporzionalità e di adeguatezza rispetto alle circostanze del caso concreto, per prevenire la diffusione di malattie contagiose”
Corte Costituzionale, sentenza n. 127/2022
Che è esattamente quello che avevo segnalato io a suo tempo.
Ma andiamo avanti.
La Corte spiega, a questo punto, che i limiti posti all’habeas corpus – cioè quelli dell’art. 13 – non si configurano come tali solo in virtù dell’obbligatorietà della misura, ma anche, e soprattutto, della coercibilità della stessa: per poter ledere la libertà di disposizione del proprio corpo, insomma, non basta che la misura sia obbligatoria per legge, ma è anche necessario che la stessa sia imposta attraverso la coercizione fisica. Se manca la coercizione fisica, manca la violazione dell’habeas corpus.
Sostiene infatti la Corte che:
“Così, in particolare, la garanzia di cui all’art. 13 Cost. raggiunge certamente misure disposte o protratte coattivamente, anche se sorrette da finalità di cura, perché «quanto meno allorché un dato trattamento sia configurato dalla legge non soltanto come “obbligatorio” – con eventuale previsione di sanzioni a carico di chi non si sottoponga spontaneamente ad esso, ma anche come “coattivo” – potendo il suo destinatario essere costretto con la forza a sottoporvisi, sia pure entro il limite segnato dal rispetto della persona umana – le garanzie dell’art. 32, secondo comma, Cost. debbono sommarsi a quelle dell’art. 13 Cost., che tutela in via generale la libertà personale, posta in causa in ogni caso di coercizione che abbia ad oggetto il corpo della persona» (sentenza n. 22 del 2022)”
Corte Costituzionale, sentenza n. 127/2022
Di conseguenza,
“Ciò premesso, l’obbligo, per chi è sottoposto a quarantena per provvedimento dell’autorità sanitaria, in quanto risultato positivo al virus COVID-19, di non uscire dalla propria abitazione o dimora, non restringe la libertà personale, anzitutto perché esso non viene direttamente accompagnato da alcuna forma di coercizione fisica, né in fase iniziale, né durante la protrazione di esso per il corso della malattia. Il destinatario del provvedimento è infatti senza dubbio obbligato ad osservare l’isolamento, a pena di incorrere nella sanzione penale, ma non vi è costretto ricorrendo ad una coercizione fisica, al punto che la normativa non prevede neppure alcuna forma di sorveglianza in grado di prevenire la violazione. In definitiva, chiunque sia sottoposto alla “quarantena” e si allontani dalla propria dimora incorrerà nella sanzione prevista dalla disposizione censurata, ma non gli si potrà impedire fisicamente di lasciare la dimora stessa, né potrà essere arrestato in conseguenza di tale violazione. Non può a tale proposito sfuggire la marcata differenza che separa tale fattispecie dalle ipotesi normative evocate dal rimettente per giustificare l’applicazione dell’art. 13 Cost.”
Corte Costituzionale, sentenza n. 127/2022
Più oltre, la Corte ribadisce un altro concetto che avevo già avuto modo di illustrare nei mesi scorsi, ossia il fatto che l’art. 16 concerne limitazioni che vengono date alla generalità degli individui per questioni connesse alla sanità e alla sicurezza, e non a singoli soggetti per ragioni che toccano il suo specifico comportamento in termini di liceità o meno (lo avevo espressamente detto in questo video, al minuto 8:06). Anche questo concetto è ben ribadito dalla Corte, laddove afferma che:
“Si è qui, infatti, in presenza di un virus respiratorio altamente contagioso, diffuso in modo ubiquo nel mondo, e che può venire contratto da chiunque, quali siano lo stile di vita e le condizioni personali e sociali. Innanzi a tali presupposti, la misura predisposta dal legislatore concerne quindi una vasta ed indeterminata platea di persone. È dunque di immediata evidenza che l’accertamento dello stato di positività non si congiunge ad alcuno stigma morale, e non può cagionare mortificazione della pari dignità sociale, anche alla luce del fatto che si tratta di una condizione condivisa con milioni di individui, accomunati da null’altro che dall’esposizione ad un agente patogeno trasmissibile per via aerea”
Corte Costituzionale, sentenza n. 127/2022
In ultimo, molti, compreso lo stesso Giudice di Reggio Calabria, hanno più volte proposto il paragone tra la misura della quarantena e gli arresti domiciliari – altro cavallo di battaglia dei “no dittatura sanitaria” – concludendo che, essendo formalmente uguali, si tratterebbe di violazione dell’art. 13.
E invece, come già più volte avevo cercato di spiegare, per la Corte non è affatto così, ed anzi il paragone è del tutto “insostenibile”. Spiega infatti la Corte che:
“In tali casi – gli arresti domiciliari, ndr – si è infatti in presenza di misure proprie del diritto penale, la cui applicazione è inscindibilmente connessa ad una valutazione individuale della condotta e della personalità dell’agente, da parte dell’autorità giudiziaria a ciò costituzionalmente competente. Sono, questi, elementi che danno pienamente conto delle ragioni per le quali non è dubitabile che simili misure siano soggette alla riserva di giurisdizione di cui all’art. 13 Cost., ma che, al contempo, servono a chiarire perché non lo debba invece essere la cosiddetta quarantena obbligatoria, che non fa seguito ad alcun tratto di illiceità, anche solo supposta, nella condotta della persona, ma alla sola circostanza, del tutto neutra sul piano della personalità morale e della pari dignità sociale, di essersi ammalata a causa di un agente patogeno diffuso nell’ambiente”.
Corte Costituzionale, sentenza n. 127/2022
Ricordate quando, nel precisare che la quarantena non viola la libertà personale come le misure restrittive di carattere penale, spiegavo che l’arresto e la permanenza domiciliare conseguono ad un reato, hanno quindi carattere penale e comportano necessariamente una preliminare valutazione di un giudice, mentre la quarantena obbligatoria non è una sanzione che consegue a un reato, quindi non ha niente a che fare con l’art. 13? Lo trovate in questo video, al minuto 7:36.
Di conseguenza, la quarantena non viola la libertà personale.
E anche oggi…
Insomma: a quanto pare smontare la dittatura sanitaria è talmente facile che persino un avvocato qualunque come il sottoscritto è in grado di trovare una interpretazione giuridica capace di giustificare le misure governative contro la pandemia, interpretazioni talmente banali che anche la stessa Corte Costituzionale le utilizza per sostenere la dittatura. Che evidentemente prende spunto dai miei video.
Oppure, più probabilmente, le cose stanno davvero così, e quindi anche oggi la dittatura sanitaria la svelate domani.
Rassegna delle sentenze sulla dittatura sanitaria
Come sempre, eccovi una rassegna delle sentenze sulla dittatura sanitaria.
- una pronuncia cautelare della CEDU del 25 agosto 2021 che esclude danni dalla somministrazione del vaccino;
- 2 decreti monocratici del TAR Lazio di inizio settembre 2021 che dichiarano legittimo il Green Pass;
- una pronuncia del TAR Sardegna del 15 settembre 2021 che respinge il ricorso di 170 sanitari no vax;
- una pronuncia del TAR Friuli Venezia Giulia del 10 settembre 2021 che respinge il ricorso di due sanitari sospesi da lavoro perché non vaccinati;
- L’ormai celebre sentenza del Tribunale di Milano del 15 settembre 2021 citata dall’avv. Sandri che, a dispetto di quanto da lui affermato, conferma pienamente la legittimità della sospensione di un sanitario non vaccinato,
- L’altrettanto celebre sentenza della Corte Costituzionale del 22 settembre 2021, che ha dichiarato legittimi i DPCM, analizzata in questo video;
- Una ordinanza del Consiglio di Stato del 16 settembre 2021, che ha bocciato il ricorso dell’avv. Scifo;
- Una ordinanza del TAR Lazio che ha visto soccombente il Dott. Mariano Amici;
- Una sentenza del TAR Lazio del 7 ottobre 2021 che ha rigettato il ricorso di alcuni professori in merito all’obbligo di Green Pass per lavorare;
- Una sentenza del 20 ottobre del Consiglio di Stato che ha dichiarato perfettamente legittimo l’obbligo della vaccinazione per i sanitari;
- Sentenza della CGE del 29 ottobre 2021 che dichiara inammissibile il ricorso dell’avv. Sandri;
- una sentenza del 7 novembre 2021 del TAR Lazio che legittima l’obbligo di Green Pass a scuola;
- il famoso ricorso di Sara Cunial contro l’obbligo di Green Pass in Parlamento, perso su tutta la linea;
- L’altrettanto famosa “sentenza Passerini”, che in realtà è un decreto monocratico, male interpretata da molti e che in realtà si limita a ribadire l’obbligo di repechage, sulla falsa riga della sentenza dell’avv. Sandri citata più sopra in questo stesso elenco;
- Una sentenza del Tribunale ordinario di Arezzo del 30 novembre 2021 che ha respinto un ricorso i un sanitario no vax;
- La recente sentenza del Consiglio di Stato del 3 dicembre 2021 che ha stabilito, senza mezzi termini, che i medici non possono sottrarsi all’obbligo vaccinale per il Covid;
- un’ordinanza del Tribunale di Velletri del 22 novembre 2021 totalmente travisata dai no vax, che parla in realtà ancora una volta, di obbligo di repechage;
- La sentenza del Consiglio di Stato del 28 gennaio 2022 sull’obbligo vaccinale;
- La sentenza del Consiglio di Stato del 9 febbraio 2022 che ha smontato completamente le tesi dei sostenitori delle terapie domiciliari;
- La recente sentenza del Tribunale di Firenze del 3 marzo 2022 sull’obbligo di richiesta del Green Pass ai lavoratori.
- La sentenza della Cassazione Penale, n. 8370/2022, sulla celebre “Torteria di Chivasso”;
- La sentenza del Tribunale di Padova del 28 aprile 2022 che affronta, di nuovo, l’obbligo di repechage.
P.T.