La Militarizzazione del Conflitto – II Fase

La crisi di Suez del 1956

Nonostante la pace, dunque, la tensione nell’area restò altissima; da un lato proseguivano gli sgomberi ai danni della popolazione araba, dall’altra iniziava proprio in questi anni a consolidarsi un fenomeno che sarà una delle principali piaghe sociali del Medio-Oriente: il terrorismo islamico. E’ in questo periodo che, infatti, iniziano a sorgere le principali organizzazioni terroristiche e paramilitari arabo-palestinesi, in chiara prospettiva anti-sionista ed anti-semita.

Nemmeno le azioni più propriamente militari tardarono però a riemergere, come ad esempio l’episodio di Suez del 1956.

Avevo già avuto occasione di trattare la vicenda su questo blog, parlando di complotti veri (qui il link); in effetti, la crisi di Suez fu a tutti gli effetti un complotto, ordito dalle forze Occidentali e da Israele ai danni dell’Egitto.

Non intendo in questa sede affrontare nel dettaglio il racconto degli eventi – per i quali rimando al mio articolo e al mio libro – quanto piuttosto esaminare meglio le questioni geopolitiche di contorno e soprattutto le sue conseguenze sulla vicenda israelo-palestinese.

Un antagonista di Israele

Avevamo visto che, con la sua nascita, Israele – forte di una potenza economica non indifferente e di una posizione strategica che lo rendeva un potenziale partner estremamente vantaggioso per le grandi potenze nell’ottica di esercitare una determinante influenza nell’area medio orientale – è stato immediatamente corteggiato dai più influenti attori internazionali, USA e URSS in primis.

Tuttavia, con l’evolvere degli eventi divenne immediatamente chiara la deriva filo-americana del nuovo Stato, complice soprattutto la profonda influenza che le lobby ebraiche avevano sempre esercitato sulla politica estera e interna degli Stati Uniti; per tali ragioni, l’agenzia di sicurezza sovietica comprese quasi da subito la necessità di individuare un altro attore internazionale della zona che potesse fornire una valida alternativa e un serio contraltare a Israele, per crearsi un alleato che potesse fungere da concorrente a Israele e alla politica americana nella gestione del Medio-Oriente. In quel periodo, nel quale i principali Paesi medio orientali erano ancora in fase di formazione e subivano gli evidenti danni di una suddivisione – quella di Sykes-Picot – completamente indifferente alla reale situazione etnica interna, e si trovavano quindi tutti in una situazione di profonda instabilità, l’unico valido avversario di Israele – e potenzialmente dell’Occidente – era l’Egitto.

Uno Stato che, peraltro, mal sopportava più di altri l’esistenza di Israele, proprio quale potenziale rivale diretto, col quale oltretutto condivideva uno dei più importanti confini.

Gamal Abd El-Nasser

L’occasione più propizia per suggellare questa alleanza si verificò appunto quando, a seguito di una serie di vicende politiche interne più o meno violente, Nasser assunse la direzione del Paese. L’occasione era propizia non solo perché Nasser era convintamente anti-sionista, ma soprattutto perché manifestò da subito una certa simpatia pro-sovietica e quindi anti-occidentale. L’alleanza con la Russia di Kruscev divenne quindi inevitabile.

La propensione anti-occidentale di Nasser, peraltro, derivava in larga parte dalla questione del Canale di Suez, snodo commerciale e passaggio doganale di fondamentale importanza strategica che si trovava di fatto in terra egiziana ma era altrettanto di fatto sotto controllo di inglesi e francesi (ricordiamo che gli inglesi avevano sì abbandonato la Palestina deferendo la questione all’ONU, ma continuavano a restare mandatari nella gestione del resto di Medio-Oriente loro affidato, ed avevano numerosi interessi economici in loco, quali forti partecipazioni nella Compagnia del canale di Suez).

La svolta apertamente anti-occidentale dell’Egitto si manifestò quindi in tutta la sua forza quando, nel 1956, Nasser nazionalizzò il canale di Suez.

L’invasione del Sinai

Il complotto ordito da inglesi e francesi, in accordo con Israele, aveva appunto lo scopo di scongiurare gli effetti di quella nazionalizzazione, cogliendo la scusa di una “finta” invasione Israeliana del Sinai per intervenire in qualità di forze di pace con il reale intento non tanto di fermare Israele – col quale erano d’accordo – ma di occupare il canale militarmente, sottraendolo a Nasser.

Ma da un lato Nasser mangiò la foglia – complice soprattutto la grossolana e impacciata gestione europea del piano – e dall’altro fu lo stesso Krushev a intervenire, minacciando addirittura l’utilizzo di armi nucleari contro Parigi e Londra. Perfino gli USA presero le distanze dal gesto dei loro alleati.

La figuraccia fu tale che a seguito dell’evento francesi e inglesi abbandonarono la gestione dei Mandati, affidando l’intera questione medio-orientale direttamente all’ONU e uscendo definitivamente di scena.

Ma non fu solo questa la conseguenza della crisi di Suez; essa infatti prese il via da una farsa, che però era tale solo per gli europei: Israele, di fatto, il Sinai lo occupò davvero, e questo costrinse l’ONU a garantire una serie di concessioni agli ebrei in cambio della rinuncia alla penisola, ottenendo altri vantaggi che frustrarono ulteriormente la Comunità araba

Dal canto suo, l’Egitto aveva comunque acquisito agli occhi di tutto il Medio-Oriente il ruolo di “baluardo” anti-sionista, e Nasser lo sfruttò per lanciare un’iniziativa molto importante per le dinamiche della questione israelo-palestinese e medio-orientale in particolare, per contrastare i piani occidentali: la RAU – Repubblica Araba Unita.

Approfittando della dipartita di Francia e Gran Bretagna, infatti, Nasser propose la creazione di una grande repubblica panaraba che abbracciasse il Medio-Oriente dall’Egitto fino alla Siria e all’Iraq, due paesi nei quali, nel frattempo, era cresciuta l’influenza di un altro partito nazionalista panarabo, il Ba’th (il partito degli Assad e di Saddam Hussein), allo scopo di realizzare da sé le mancate promesse europee. Inutile sottolineare quali rischi tale progetto rappresentasse per Israele, che si sarebbe trovata circondata da uno Stato unito che aveva come scopo principale quello di cancellarlo dalle cartine geografiche.

Per la fortuna di Israele, però, il progetto – tentato più volte – fallì sia per dissidi interni che per la strenua opposizione degli Stati Uniti (trovate maggiori approfondimenti della questione nel mio saggio).

Ma anche questo fallimento non impedì agli arabi e a Nasser in particolare di riaprire le ostilità, non appena le circostanze lo avessero reso opportuno.