L’Internazionalizzazione della Questione Israelo-Palestinese

Il coinvolgimento degli Stati Uniti

La situazione era diventata particolarmente spinosa per gli inglesi che, come visto, si erano presi l’impegno, di fronte alla Comunità Internazionale, di individuare entro breve un governo stabile per la Palestina (Mandato di tipo A) mentre a distanza di ormai 20 anni non solo non erano stati in grado di individuarne uno, ma avevano fortemente contribuito ad aggravare la situazione, creando uno scontro tra due possibili autorità alternative tra loro – quella ebraica e quella araba – che non sembravano disposte a cedere l’una di fronte all’altra. E tutto questo in una zona estremamente strategica geopoliticamente, soprattutto nell’ottica dell’inizio della Guerra Fredda.

Quella che, inizialmente, doveva costituire una mera questione coloniale interna del Commonwealth britannico, in breve tempo era così diventata una questione di interesse internazionale imprescindibile.

Ad allargare la problematica a tutto il globo contribuì poi con ogni probabilità la fine della Seconda Guerra Mondiale, che svelò al mondo cosa i nazisti avessero realmente fatto agli ebrei e pose sul tavolo di una questione già estremamente complessa un ulteriore tassello: la questione umanitaria degli ebrei liberati dai campi di sterminio. Migliaia e migliaia di persone che, legalmente o illegalmente, iniziarono ad emigrare in Palestina, violando apertamente i limiti imposti proprio dal Libro Bianco (che come visto parlava di 15 mila coloni l’anno per 5 anni, fino a 75.000, limite che venne ampiamente superato).

Era ormai evidente che gli inglesi, da soli, non erano più in grado di gestire una questione che era diventata ben più grande di loro.

Nel contempo, le comunità ebraiche sparse per il mondo continuavano ad influenzare l’opinione pubblica, facendo grande leva soprattutto sul genocidio appena scoperto, e riuscirono a provocare un coinvolgimento sia emotivo che politico proprio degli Stati Uniti, unico Paese che sembrava ancora in grado di avere un ruolo risolutivo sia per l’importanza acquisita con la vittoria della guerra, sia per la forza e consistenza della comunità ebraica americana.

Il primo Presidente americano ad occuparsi direttamente della questione fu Franklin Delano Roosevelt, il quale però era da sempre particolarmente attento ai rapporti con gli arabi nel Medio-Oriente – soprattutto con l’Arabia Saudita – e che quindi per lungo tempo riuscì a tenere a bada le pressioni della comunità sionistica americana sia mitigando ogni proposta, sia promettendo alla comunità araba che nessuna nuova risoluzione sarebbe mai stata messa in atto senza il suo preventivo consenso.

Harry Truman

Poi, però, alla Casa Bianca si insediò Harry Truman. Il nuovo Presidente americano prese a cuore la sorte degli ebrei proprio a seguito della liberazione dei campi di concentramento e, spinto da quel “senso di colpa internazionale” che in quel periodo pervase un po’ tutti in Occidente, a causa di Hitler e della sua politica antisemita, chiese ed ottenne che ben 100.000 ebrei appena scampati ai campi di concentramento trovassero rifugio proprio in Palestina e si ricongiungessero ai loro (futuri) compatrioti.

Come ha avuto modo di precisare Di Nolfo, in effetti

Truman non fece immediatamente sua l’idea della costituzione di uno Stato ebraico in Palestina. Il suo coinvolgimento nella questione avvenne piuttosto per motivi umanitari

DI NOLFO E., Storia delle Relazioni Internazionali, p. 940

E fu però così che,

quasi per caso e senza un progetto preciso, gli Stati Uniti si trovarono coinvolti nella questione israelo-palestinese

Spiegel S.L., The Other Arab-Israeli Conflict. Making American Middle East Policy from Truman to Reagan, 1985 , p. 36

Proprio a Truman si deve poi la nascita dell’ipotesi, tanto riemersa negli anni successivi, di creare in Palestina due entità sovrane distinte e indipendenti, una araba e una ebrea. Una proposta che, di nuovo, scontentò tutti e che costrinse infine gli inglesi, che ancora erano formalmente incaricati del mandato ONU, di fronte all’insormontabile stallo in cui la situazione era giunta, a deferire finalmente il problema alla Comunità Internazionale.

La questione israelo-palestinese e l’ONU

All’alba della prima metà del 1947, la questione israelo-palestinese è definitivamente una questione internazionale.

Per tentare una conciliazione e una strada accomodante per tutte le parti in contesa, l’ONU decise di aprire una Commissione di inchiesta – La UNSCOPUnited Nations Special Committee on Palestine – che fu costretta a lavorare in un clima infernale tra polemiche, contestazioni, proteste e attacchi terroristici da entrambe le parti.

Questione israelo-palestinese
Riunione dell’UNSCOP

Anche per la commissione di inchiesta, però, l’unica soluzione davvero perseguibile era quella già ipotizzata da Truman (da precisare però che gli USA non erano rappresentati nella UNSCOP): era necessario costituire due Stati distinti, uno arabo ed uno ebraico, che sarebbero stati almeno inizialmente integrati, per poi essere resi indipendenti, mentre la città di Gerusalemme doveva essere posta sotto il controllo ONU, ossia internazionalizzata.

La proposta fu votata dall’Assemblea Generale ONU il 29 novembre 1947 e fu approvata con 33 voti favorevoli (tra i quali USA, Russia e Francia), 13 voti contrari (tra i quali tutti gli Stati arabi) e 10 astensioni (tra le quali quella prevedibile della Gran Bretagna).

Le comunità sioniste accolsero con favore la proposta dato che, di fatto, per la prima volta un organo internazionale legittimo – ed anzi fonte diretta del diritto internazionale – aveva messo nero su bianco ciò che esse auspicavano ormai da sempre, ossia l’ipotesi di uno Stato ebraico.

Negli ambienti arabi, invece, prevalse nettamente il rifiuto a oltranza, dal momento che l’ipotesi dello Stato ebraico rappresentava l’ennesimo tradimento delle promesse europee, che in tutti e tre i precedenti libri bianchi avevano garantito che non vi fosse alcuna intenzione di costituire uno Stato indipendente in favore degli ebrei.

Era il punto di non ritorno: mentre le ennesime rivolte, sempre più violente, si scatenavano in tutto il Medio-Oriente, i vertici degli Stati membri della Lega Araba dichiararono, senza troppi giri di parole, che la costituzione di uno Stato ebraico avrebbe incontrato la loro resistenza armata.

Una minaccia che, tuttavia, non spaventò per nulla i sionisti, che proseguirono a testa bassa per la realizzazione di un progetto che, ora, era divenuto un’eventualità concreta ed aveva una legittimazione proveniente direttamente dalla Comunità Internazionale.

Stava per venire alla luce lo Stato di Israele.