La campagna no vax è inarrestabile, e continua a tirare fuori presunti farmaci efficaci contro la pandemia. Oggi è il turno dell’ivermectina: l’Ivermectina funziona contro il Covid?

Dopo aver analizzato gli studi relativi ad altri farmaci, come l’idrossiclorochina e l’unico studio randomizzato ad oggi esistente sulle famose terapie domicliari, ma anche dopo aver precisato quali siano i reali protocolli governativi sulle terapie contro il Covid, oggi è il momento dell’ivermectina.

Infatti, su un post di radio radio che lamentava il solito complotto teso ad affossare le terapie per prediligere i vaccini – cosa ridicola dal momento che, come ampiamente spiegato qui, terapie e vaccini non sono soluzioni alternative – ho chiesto che mi fossero forniti dei link a degli studi scientifici capaci di attestare che l’ivermectina funziona contro il Covid.

Un utente mi ha gentilmente risposto rimandandomi a due studi. Vediamoli, perché sarà interessante non solo per verificare se l’ivermectina funziona contro il Covid, ma anche per ragionare sul bias di conferma e l’errato approccio logico che caratterizza le convinzioni no vax.

Uno studio…In vitro?

Al primo studio – che trovate qui – non serve dedicare troppo tempo: come si legge dallo stesso titolo, esso avrebbe identificato la capacità dell’ivermectina di inibire la replicazione del Sars-Cov-2 in vitro. Cioè, non ha previsto alcun trial clinico sugli umani che possa attestarne l’efficacia ed eventualmente la sicurezza sull’uomo. Ciò stupisce, dal momento che il no vax è contrario ai vaccini perché non sarebbero stati sufficientemente sperimentati, che bisognerebbe attendere più tempo, più somministrazioni e quindi andare molto cauti perché non ci sono prove certe di ciò che accade all’uomo se gli si inietta il vaccino, e parallelamente sostenga l’efficacia di un farmaco e pretenda che gli sia somministrato nonostante abbia dato risultati solamente in vitro.

Non è una contraddizione? Certo che sì.

Il secondo studio

Il secondo studio, invece – che trovate a questo link – è più interessante perché in effetti si tratta di un trial clinico sull’uomo.

Anche in questo caso, mi è stato proposto come “prova definitiva” che l’ivermectina funziona contro il Covid. Ma cosa dice lo studio? Analizziamolo.

La prima cosa che notate aprendo il link è che, sotto il titolo, è precisato che lo studio in questione è solo un pre-print ancora mai sottoposto a peer review. Cioè, è stato fatto, pubblicato ma nessuno lo ha ancora verificato. Come ampiamente spiegato in questa guida suk metodo scientifico, la peer review è l’essenza stessa della scienza, e quindi nessuna prova può dirsi tale finché altri non hanno avuto modo di verificarla.

E allora proviamoci noi a verificarla, quantomeno analizzando i dati statistici proposti.

Lo studio infatti racconta di avere eseguito un trial clinico su 89 pazienti, 47 dei quali sottoposti a ivermectina e 42 a placebo. Il risultato più rilevante, dice lo studio, è che a distanza di 6 giorni nei gruppo dell’ivermectina solo il 28% è stato ospedalizzato, mentre nel gruppo del placebo il 50%. Quindi, l’ivermectina funziona contro il Covid.

Qualche considerazione: in primo luogo, la prima cosa che balza all’occhio è che lo studio è stato fatto su un campione minuscolo, del tutto insignificante dal punto di vista statistico. 89 persone, infatti, sono troppo poche per non risentire della fluttuazione statistica.

Infatti, la percentuale di ospedalizzazione dei soggetti sottoposti a ivermectina – il 28% – lungi dall’essere incorraggiante solo perché inferiore al 50% del gruppo del placebo, è invece alquanto allarmante, dato che la media di ospedalizzazione da Covid, come visto già per gli studi sull’idrossiclorochina, è del 5%. Pertanto, i dati non sembrano affatto dire che l’ivermectina funziona contro il Covid, ma piuttosto che l’ivermectina sembra alzare la percentuale media di ospedalizzazione di quasi 6 volte.

Naturalmente non è così: quei dati non sono credibili proprio perché il campione preso in esame è troppo piccolo per fornire dati corretti.

Se a ciò ci aggiungiamo che lo studio è solo un pre-print, potete ben capire che questo studio non può in alcun modo dimostrare che l’ivermectina funziona contro il Covid.

Ivermectina sì, vaccini no

Sulla base di questi dati, mi preme ora analizzare il ragionamento del no vax, per dimostrare che le sue convinzioni sono mero frutto dei bias cognitivi che lo portano a riadattare i dati alla sua teoria.

Da un lato, infatti, i no vax non vogliono i vaccini perché non sufficientemente sperimentati e perché non sono convinti dei dati, quando in realtà i vaccini hanno superato tutte le tre fasi di sperimentazione, sono stati testati di 40 mila persone, sono stati regolarmente approvati da una procedura che non prevede affatto il salto di alcuna fase di verifica di efficacia e sicurezza – come spiegato qui – e sono tutt’oggi in fase di monitoraggio, somministrati ormai a miliardi di persone e i dati che arrivano da tutto il mondo sono molto incorraggianti sulla loro capacità di evitare ospedalizzazioni e decessi rispetto ai rischi di effetti collaterali.

Nonostante questo, come detto, il no vax non si fida e resta scettico.

Allo stesso tempo, però, sostiene con forza la necessità di somministrare l’ivermectina, sulla base di uno studio di fase 1 – quindi quello sì, altamente sperimentale – e di un altro studio ancora non verificato, fatto non su 40 mila persone ma appena 89, i cui dati attestano un’ospedalizzazione sei volte maggiore alla media.

Il vaccino non lo vogliono perché è sperimentale e non vogliono fare da cavie senza dati incoraggianti e certi sul lungo termine, però vogliono un farmaco per sverminare i cavalli sulla base di un tiral fatto su 89 persone e mai verificato da nessuno.

Mi piacerebbe sapere cosa avrebbero detto i no vax se l’EMA avesse approvato i vaccini dicendo: “sappiamo che sono efficaci perché li abbiamo somministrati a 90 persone e ne sono morte solo 30“…

Secondo voi?

P.T.