Avevo già avuto modo di elencare le ragioni per le quali abbiamo tutti una tendenza complottista in questo articolo; oggi vorrei invece approfondire un particolare procedimento cognitivo che ci induce, tra le altre cose, a farci maturare idee complottiste: le dissonanze cognitive.

Cosa sono le dissonanze cognitive

La psicologia cognitiva definisce dissonanza cognitiva:

la situazione di complessa elaborazione cognitiva in cui credenze, nozioni, opinioni esplicitate contemporaneamente nel soggetto in relazione ad un tema si trovano in contrasto funzionale tra loro

Detto altrimenti, si verifica una dissonanza cognitiva ogniqualvolta proviamo

tensione o disagio quando abbiamo due idee opposte e incompatibili o quando le nostre credenze non corrispondono a quello che facciamo.

dissonanze cognitive e complottismo

Tale dinamica ha diverse ripercussioni pratiche nel nostro modo di ragionare: ci porta infatti ad alterare la realtà e molto spesso a giustificare le nostre azioni quando appaiono non in linea con le nostre convinzioni; un esempio scolastico è quello della favola della “volpe e l’uva“, nella quale la volpe, vista l’impossibilità di raggiungere l’uva, per giustificare la sua rinuncia a cercare di prenderla affermerà che essa è acerba.

Ma non è in questi aspetti che intendo addentrarmi, quanto invece sui legami tra dissonanze cognitive e complottismo.

Che rapporto sussiste allora tra dissonanze cognitive e complottismo?

Dissonanze cognitive e complottismo

Provare una “dissonanza cognitiva” significa che il nostro cervello rivela uno “squilibrio” tra due o più elementi che logicamente vengono messi insieme. Come già visto in diversi articoli di questo blog, il cervello rifiuta il caos perché è progettato per dare continuamente un ordine alle cose, anche quando un ordine non c’è. Ciò accade perché solo ordinando le cose gli sarà possibile interpretare, giudicare e prevedere ciò che lo circonda.

Per tali ragioni, il cervello matura sin dalla sua primordiale evoluzione la particolare capacità di “soppesare” gli elementi che deve mettere insieme per interpretare un fenomeno. In particolare, tenderà a farlo quando si ritrova a dover interpretare il rapporto tra cause ed effetti.

La dissonanza cognitiva sopperisce all’assenza di informazioni

Dal momento che non sempre il cervello ha a disposizione tutti gli elementi necessari per produrre una risposta, al fine di poterne comunque produrne una elabora degli schemi di ragionamento che possano almeno in apparenza risultare logici e coerenti. Uno di essi è proprio il ragionamento che conduce alla dissonanza cognitiva.

Se non ho elementi specifici per giudicare se un determinato effetto sia dovuto ad una particolare causa, il cervello potrà sopperire a questo “gap” provando a soppesare causa ed effetto per vedere se sono “bilanciati”. Possiamo proprio immaginare che il cervello metta su un piatto della bilancia la causa e sull’altro l’effetto: se la bilancia pende esageratamente da una parte, allora ne dedurrà che quella causa non può essere legata a quell’effetto, e viceversa.

Ed è proprio in base a questo ragionamento che dissonanze cognitive e complottismo si intrecciano.

Effetti grandi devono avere grandi cause

Tutti gli eventi che danno adito ad interpretazioni complottiste hanno sempre a che fare con qualcosa di grande, catastrofico, insolito o vanno a toccare personaggi importanti. Come tali, il nostro cervello tenderà a cercare per essi cause altrettanto grandi, di modo che abbiano un peso specifico simile sulla “bilancia” della logica.

Così, un terremoto che fa centinaia di morti è un evento troppo grande e catastrofico perché possa essere ricondotto ad un mero e naturale smottamento del terreno; il crollo di un ponte è un fatto troppo eclatante perché possa essere causato da semplice “cattiva manutenzione”; la morte di un personaggio famoso è troppo importante perché possa essere dovuta a una malattia o a un suicidio; l’omicidio di un personaggio molto influente – penso a Kennedy o Lady Diana – è troppo importante perché possa essere riconducibile ad un singolo e anonimo soggetto armatosi di fucile o a un semplice errore alla guida.

Pertanto, finiremo per pensare che il terremoto abbia una causa adeguata alla catastrofe, ossia un qualche marchingegno – HAARP – super potente e tecnologico studiato apposta per causate certe catastrofi; il ponte deve essere stato fatto per forza brillare volontariamente da qualcuno, visti i danni che ha causato; Michael Jackson era un personaggio troppo influente, non può essersi suicidato: è stato sicuramente indotto a farlo da qualche organizzazione segreta oppure è stato avvelenato contro la sua volontà; non è possibile che Kennedy sia stato ammazzato da un sicario mitomane e sconosciuto: dietro ci sono per forza forze segrete e super potenti, all’altezza di un compito simile. E così via.

Dissonanze cognitive tra complottismo e negazionismo

Simile approccio logico funziona peraltro anche in negativo: così come tendiamo ad individuare cause che siano all’altezza degli eventi più eclatanti e catastrofici cui assistiamo, allo stesso modo tendiamo a sminuire la portata di alcuni eventi quando vogliamo giustificarne le cause.

Questo accade ad esempio ai no vax, che nel tentativo di giustificare la loro posizione contro i vaccini finiscono per sminuire la gravità delle malattie per cui ci vacciniamo – come accaduto in questa conversazione -, poiché in questo modo causa ed effetto “si equilibrano”.

Un altro esempio molto eclatante è poi il negazionismo, che costituisce la manifestazione più schizofrenica della dissonanza cognitiva.

dissonanze cognitive e complottismo

Pensate ad esempio a chi sostiene e simpatizza per il nazismo: quale sarà la prima cosa che tenderà a fare? Naturalmente negare l’olocausto. In questo modo, infatti, sminuire la gravità di uno degli effetti più devastanti di quel regime contribuirà a bilanciare le caratteristiche dello stesso, rendendolo meno “crudele”. Il nazismo, infatti, sarebbe ingiustificabile se avesse davvero sterminato 6 milioni di ebrei: elogiare il nazismo sarebbe cioè in netto squilibrio con quelle aberranti azioni. Ma se quelle azioni fossero un falso, ecco che la crudeltà del regime sarebbe sminuita e quindi diverrebbe più giustificabile difenderlo/elogiarlo.

Dissonanze cognitive e antimetodo

Si tratta insomma di semplici meccanismi “difensivi” del cervello per cercare di confermare e avvalorare le tesi e gli schemi che intende creare. Nulla di più.

Molto spesso, quando finiamo per ritenere che dietro determinati avvenimenti ci sia una qualche regia occulta o un qualche piano pre congegnato, non lo facciamo perché disponiamo di effettive evidenze di tutto ciò, ma solo perché l’effetto delle dissonanze cognitive ci suggerisce l’esistenza di uno squilibrio che in qualche modo deve essere colmato.

Una volta maturata questa convinzione, sarà facile per il cervello affidarsi all’antimetodo, e quindi ricercare eventuali prove o indizi attraverso una selezione delle informazioni guidata dal bias di conferma e il riadattamento delle prove, in modo da modellare la realtà per renderla più in linea con i nostri pregiudizi. Ed ecco che le dissonanze cognitive generano complottismo.

P.T.