Gira da settimane ormai la notizia della “Great Barrington Declaration“, con la quale alcuni scienziati ed esperti, anche di fama, avrebbero contestato l’applicazione delle misure di chiusura per far fronte all’epidemia di Covid-19, per via degli enormi danni economici e sanitari che esse implicherebbero.

Costoro, guidati da portavoce quali Martin Kulldorff (Università di Harvard), Sunetra Gupta (Università di Oxford) e Jay Bhattacharya (Università di Stanford), affermerebbero che

Le attuali politiche di blocco stanno producendo effetti devastanti sulla salute pubblica, a breve e lungo periodo. I risultati (solo per citarne alcuni) includono tassi di vaccinazione infantile più bassi, peggioramento degli esiti delle malattie cardiovascolari, meno screening per il cancro e deterioramento della salute mentale.

In risposta, propongono come alternativa una strategia – indicata appunto nella Great Barrington Declaration – che punti al raggiungimento dell’immunità di gregge in modo naturale, attraverso il progressivo contagio della popolazione finalizzato a raggiungere, appunto, la soglia di gregge, senza dover procedere con chiusure, quarantene forzate e limitazioni tali da arrecare danni alla popolazione e all’economia sociale.

La Great Barrington Declaration ha avuto subito molta presa sia tra la popolazione, sia tra alcuni governi che tra gli esperti del settore. E’ davvero un’alternativa valida?

Le criticità della Great Barrington Declaration

Certamente, l’ipotesi di poter raggiungere l’immunità di gregge in modo “naturale” senza ricorrere a misure onerose, che impongono grossi sacrifici alle persone e alle attività produttive, sarebbe una soluzione perfetta per uscire da questa emergenza. L’ipotesi, però, presenta delle evidenti criticità.

Chi sono i promotori?

La Great Barrington Declaration, come risulta da questo interessante articolo di ValigiaBlu,

è stata promossa da un think-tank libertarianl’American Institute for Economic Research (AIER). L’AIER, secondo un’inchiesta di Byline Times, ha realizzato investimenti in alcuni settori come le fonti fossili e il tabacco e ha ricevuto donazioni dai fratelli Charles e David Koch (morto l’anno scorso). La famiglia Koch è proprietaria di un colosso industriale con attività in numerosi settori, compreso quello petrolifero. I due fratelli, personalità molto note negli Stati Uniti, si sono dati parecchio da fare per sostenere diverse cause e organizzazioni conservatrici, libertarian, pro-libero mercato, influenzando la politica nel paese. L’AIER è parte di un network di altre organizzazioni e think-tanks di area conservatrice o libertarian, come il Cato Institute, che promuovono il negazionismo climatico (sul sito dell’AIER si leggono interventi contro l'”isteria climatica“)

Great Barrington Declaration

Inoltre, la petizione può essere firmata da chiunque e non pare vi siano controlli sulla veridicità dei firmatari, come dimostra l’esistenza di alcuni nomi fake come John Bananas… Le polemiche suscitate da queste circostanze hanno peraltro costretto di recente i promotori a rendere ora del tutto inaccessibili i nomi dei firmatari.

L’immunità di gregge è fattibile?

Sul piano più tecnico, devo ribadire quanto già spiegato in altri articoli di questo blog – come questo sull’immunità di gregge e quest’altro sulla strategia di lockdown – per illustrare quella che è la principale criticità della Great Barrington Declaration. Come ampiamente spiegato in quelle sedi, per raggiungere l’immunità di gregge per un’epidemia come il Covid, il cui virus ha un fattore di riproducibilità intorno a 2,5, è necessario immunizzare circa il 60% della popolazione. Secondo l’andamento della curva epidemica, questo risultato, eliminando ogni forma di distanziamento, chiusura e utilizzo di dpi, potrebbe raggiungersi – parlo nello specifico dell’Italia – intorno ai 5 mesi.

Tuttavia, il rovescio della medaglia sta nel fatto che questo virus ha una letalità bassa (gli ultimi dati parlano di cifre che vanno dallo 0,4% e lo 0,9%) e un’ospedalizzazione non trascurabile. Ora, ipotizzando che anche l’ospedalizzazione sia dell’1%, per raggiungere l’immunità di gregge – ossia contagiare 40 milioni di persone – dovremmo far fronte, in quei 5 mesi, a 250 mila morti e 400 mila ospedalizzati (i ricoveri possono durare anche 3 settimane), mandando il nostro sistema sanitario al collasso.

Inoltre, una situazione del genere arrecherebbe danni non solo al sistema sanitario (ricordo che un sistema sanitario collassato non è più in grado di curare efficacemente nessuno, non solo chi si ammala di Covid), ma anche a quello economico, perché anche chi non finisce all’ospedale potrebbe restare a casa da lavoro per qualche giorno o settimana, rallentando la produzione nazionale e costringendo lo Stato a fornire assistenza.

Circostanze che rischiano di rendere questa ipotesi un danno maggiore di quello che pretende di evitare.

L’immunità naturale funziona?

C’è poi un aspetto preliminare ancora più importante: in base agli studi attualmente al vaglio della Comunità scientifica – si veda questo pubblicato su Lancet – non abbiamo attualmente prove che l’immunizzazione naturale abbia una sufficiente durata capace di debellare il patogeno. Diversi studi infatti – qui e qui alcuni – rilevano che l’immunizzazione duri solo per alcuni mesi, e in generale gli anticorpi per i coronavirus già conosciuti non resistono più di 2 anni. Si legge infatti nello studio di Lancet che:

non ci sono prove di un’immunità protettiva duratura contro il virus SARS-CoV-2 a seguito di infezione naturale e la trasmissione endemica che sarebbe la conseguenza del declino dell’immunità rappresenterebbe un rischio per le popolazioni vulnerabili per un tempo indefinito. Una tale strategia non porrebbe fine alla pandemia COVID-19 ma si tradurrebbe in epidemie ricorrenti, come nel caso di numerose malattie infettive prima dell’avvento della vaccinazione.

Il risultato rischia dunque di essere quello di affrontare 5 mesi di inferno, con ospedali collassati, centinaia di migliaia di morti e danni indiretti sulla società e l’economia, per poi garantirsi l’immunizzazione generale per 3 mesi o poco più, e poi dover ricominciare daccapo.

Great Barrington Declaration

Del resto, è bene ricordare che in via generale nessuna immunizzazione naturale, anche se perpetua, ha mai debellato un patogeno. Il motivo è semplice: la generazione interessata dall’epidemia svilupperà gli anticorpi e fermerà la curva epidemica. Nel tempo, però, quella generazione morirà e ne nascerà una nuova, che non avendo mai contratto il virus non avrà gli anticorpi. Di conseguenza, l’epidemia ricomincerà con la generazione successiva.

Questo è il motivo per cui, infatti, le campagne vaccinali per debellare i patogeni – si veda ad esempio quella di Polio in Africa – durano almeno 10 anni, con l’obiettivo di immunizzare 2-3 generazioni e garantire l’interruzione dell’epidemia del virus per un periodo sufficiente a debellarlo.

Del resto, anche Anthony Fauci ha fatto presente che una strategia del genere,

lasciando circolare liberamente il virus nella popolazione, fallirebbe proprio nell’intento di tutelare i più vulnerabili. Tra i quali non ci sono solo gli anziani, ma anche persone che hanno condizioni o patologie preesistenti che le rendono più esposte a possibili complicazioni. Secondo uno studio, il 22% della popolazione globale ha almeno una condizione preesistente che aumenta il rischio di contrarre una forma grave di COVID-19.

La Great Barrington Declaration è sostenibile?

A fronte di quanto esposto, non esiste alcuna evidenza che possa suggerirci che la strategia della Great Barrington Declaration possa mai funzionare: il principio di precauzione, in questi casi, ci impone quindi di non avventurarsi in un azzardo che sappiamo essere capace di arrecare danni e non abbiamo idea se effettivamente possa produrre i benefici sperati.

Si tratterebbe di un salto nel buio estremamente rischioso, non ancora supportato da alcuna prova, che rischierebbe di farci rimpiangere il lockdown (e direi che ce ne vuole…).

Questo è quello che penso della Great Barrington Declaration.

P.T.

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