La “pareidolia” è una distorsione cognitiva che si manifesta nella tendenza del cervello umano a individuare forme ordinate in realtà disordinate. Per capirci, è quella cosa che ci fa vedere le nuvole a forma di animali o oggetti conosciuti.
Perché esiste la pareidolia?
Per quanto questa dinamica possa sembrare frutto di un mero “errore” di comprensione da parte del cervello, essa esiste per un motivo ben preciso. Anzi, non si tratta affatto di un errore ma di un sistema che il cervello usa per aiutarci a interpretare la realtà.
Ecco perché, di fatto, è un bias cognitivo.
Come indicato in più occasioni, il cervello umano ha bisogno di interpretare la realtà anche quando non dispone delle nozioni necessarie per farlo; ciò accade non solo di fronte ad un avvenimento o ad una teoria, ma anche nei riguardi degli stimoli visivi.
Ogni volta che i nostri occhi osservano un oggetto che non hanno mai visto prima, il cervello che riceve quelle immagini si attiva subito per dar loro un significato. Non avendo mai visto quell’oggetto, egli non avrà nei suoi “archivi” nulla che possa suggerirgli una risposta. Per questo motivo, non potrà fra altro che “rovistare tra i suoi file” per trovare qualcosa che gli somigli, al fine di usarlo come parametro per interpretarlo.
Il cervello sovrappone immagini note a quelle ignote
La pareidolia è insomma una particolare specie di effetto ancoraggio, attraverso la quale il cervello si ancora ad una immagine conosciuta per interpretarne una sconosciuta che le somiglia.
Ed ecco che, di fronte ad una nuvola dalla forma bizzarra, il cervello in automatico andrà a cercare nella sua memoria delle immagini che rispettino quelle forme e proporzioni; una volta trovata, la sovrapporrà a quella che stiamo osservando e ciò ci indurrà a confondere la prima con la seconda.
Pertanto, le nuvole che vedete nelle immagini qui sopra non sono davvero a forma di lupo o di drago; semplicemente, il vostro cervello sta sovrapponendo alle immagini in questione quelle più simili che ha trovato nella sua memoria.
Peraltro, proprio al fine di farle combaciare, il cervello tende anche a riadattare qua e là le “sbavature”, forzandone le forme.
Accade infatti spesso che, andando ad analizzare nel dettaglio quell’immagine anche nelle rifiniture, ad un certo punto la sovrapposizione si perda. In quel momento, i nostri occhi smetteranno di vedere l’animale e vedranno solo più la nuvola.
Un esempio di pareidolia: il riconoscimento facciale
Una particolare manifestazione della pareidolia è il riconoscimento facciale; si tratta di un procedimento mentale che funziona davvero come quello dell’ultimo Iphone.Esso è gestito da una precisa parte del cervello, chiamata “giro fusiforme“, che per tutta la nostra vita non fa altro che adoperarsi per riconoscere le facce.
Di questo strumento cognitivo esiste una storia davvero curiosa e significativa che voglio raccontarvi.
La pareidolia aiuta il neonato a riconoscere la mamma
I neonati, nei primi 4-5 mesi di vita, non sono in grado di mettere a fuoco gli oggetti più lontani di 30 cm.
In quel periodo, infatti, egli non è autosufficiente e il suo corpo non ha bisogno di fargli vedere più in là; la sua vita dipende infatti totalmente dalla madre che si occupa della sua sopravvivenza a 360 gradi. Ma proprio per questo motivo, è importante per un neonato imparare prima possibile a riconoscere il viso della madre, che gli offre protezione e nutrimento e con il quale ha bisogno di instaurare una relazione.
E non a caso, 30 cm è esattamente la distanza che separa il viso materno dagli occhi del neonato, quando quest’ultimo è allattato al seno. Non è una semplice coincidenza.
Cosa accade nel cervello del neonato? Il giro fusiforme, a forza di rivedere quel viso ogni volta che mangia, crea uno “schema” dello stesso, composto da occhi, naso e bocca, e lo archivia come un file; da quel momento, ogni volta che rivede quel viso riesuma quello schema per permettere al neonato di riconoscerlo come il viso della madre.
Pareidolia: vedere facce dappertutto
Però, il cervello primordiale si basa solo sullo schema e non sa distinguere un viso vero da uno finto, quindi tenderà a riesumare quello schema non solo quando vede la madre, ma ogni volta che recepirà un segnale esterno che risponde a quello schema, facendoglielo interpretare come una faccia. Sia quando è il viso di un altro, sia quando è tutt’altra cosa, ma in qualche modo “ricorda” quello schema. E continuerà a farlo per tutta la sua vita.
Ecco spiegato perché tendiamo spesso a vedere facce nelle venature del legno o del marmo, nella roccia o negli oggetti in generale.
Ancora una volta, si tratta di una distorsione cognitiva che ci porta a male interpretare la realtà. Il continuo tentativo del cervello di aiutarci a comprendere il mondo spesso ci fa commettere degli errori. Agendo su sistemi istintivi e non controllabili, questa dinamica riguarda ogni singolo essere umano sulla terra.
Ed è proprio la pareidolia a farci vedere cose che non esistono a causa della reinterpretazione che ne dà il nostro cervello, senza che noi ce ne accorgiamo e convincendoci, al contrario, di avere prove tangibili – certamente alimentate dall’autosuggestione – di teorie pseudoscientifiche come l’esistenza di fantasmi, divinità, angeli o alieni.
P.T.
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