Nel marasma dei commenti sotto il video su Matteo Gracis ne è arrivato uno che ho ritenuto molto interessante, poiché pone 10 dubbi sulla pandemia che partono dal presupposto che invece di tacciare di Dunning-Kruger chiunque ponga dubbi sulla situazione in essere, bisognerebbe capire che è proprio porsi dei dubbi a fondare la capacità di ragionamento.

10 dubbi sulla pandemia

Come vedremo, invece, è proprio la natura di quei dubbi a dimostrare il Dunning-Kruger, poiché chi non è competente in una materia spesso considera “legittimi” dei dubbi che sono mero frutto di ignoranza sulla questione, che ben potrebbero essere risolti rifacendosi alle nozioni basilari della materia.

Cominciamo.

Prima e seconda domanda

Alle prime due domande relative ai 10 dubbi sulla pandemia possiamo rispondere nello stesso paragrafo.

10 dubbi sulla pandemia

La questione afferisce al fatto che non si comprende esattamente come funzioni un contagio. La curva esponenziale che ne spiega la diffusione, infatti, è un modello, ossia uno schema matematico di carattere indicativo e non il reale andamento dei contagi, che è pressoché impossibile da tracciare (tantomeno a ritroso).

Il contagio non è qualcosa di automatico che si verifica sempre e immancabilmente. Dire che l’R0 sia pari a 4 non significa che sistematicamente ogni infetto ne contagi 4, perché quel numero indica solo una media. Inoltre, non è affatto scontato che un contagio possa dare luogo a un focolaio epidemico. Lo scoppio di un focolaio dipende da numerosi fattori, quindi è possibile che in Italia il focolaio non sia necessariamente partito dal primo contagiato arrivato sul territorio. Del resto, sono le stesse considerazioni fatte nella domanda a spiegare il suo dubbio: i pazienti “0” di Roma, infatti, erano due turisti cinesi ricoverati poco dopo il check-in nell’Hotel. Questo significa che i due soggetti erano sintomatici, quindi i sintomi erano riconoscibili già dal loro arrivo; erano turisti quindi non facevano certo cene coi parenti né si incontravano con collaboratori e soci di lavoro, e soprattutto non hanno nemmeno avuto il tempo di andarsene in giro, visto che sono stati ricoverati subito. Quindi non sono riusciti a scatenare un focolaio.

Inoltre, non possiamo essere certi al 100% che non abbiano comunque contagiato qualcuno, che magari non ha sviluppato i sintomi. In ogni caso, i contatti dei due pazienti sono stati estremamente limitati e quindi non c’è nulla di strano nel fatto che non abbiano scatenato un focolaio.

Terza domanda

10 dubbi sulla pandemia

Premesso che bisognerebbe anche capire quanti, tra tutti i meridionali che sono fuggiti dalla Lombardia, avessero effettivamente contratto il virus, precisiamo che, come molte Regioni hanno dichiarato, tutti i soggetti scappati al sud sono stati messi in quarantena. E comunque, non è affatto vero che la diffusione dei contagi al sud è rimasta invariata: il lockdown c’è poi stato anche al sud e questo ha fermato la curva epidemica. Ma i contagiati sono arrivati anche lì, infatti a seguito della riapertura il virus ha ricominciato a circolare tanto al nord quanto al sud.

Quarta domanda

Anche per rispondere a questo dubbio basta riprendere i concetti già espressi: il contagio non è automatico, dipende da quanti di quei tifosi fossero davvero contagiati e comunque l’epidemia cresce in modo esponenziale, quindi non è che a seguito di un singolo assembramento i contagi iniziano a salire il giorno dopo. Che la diffusione dei contagi a Napoli sia rimasta invariata è comunque una fesseria.

Quinta domanda

Semplice: la delibera dello Stato di emergenza è stata emessa il 31 gennaio 2020 perché il giorno prima l’OMS ha dichiarato l’emergenza pandemica mondiale, in quanto sussistevano ormai prove evidenti che il virus fosse fuoriuscito dal territorio cinese e fosse quindi potenzialmente già ovunque. Era dunque necessario prendere provvedimenti prima che la situazione degenerasse. Infatti, è lo stesso D.Lgs. 1/2018, all’art. 24, a dire che lo Stato di emergenza può essere dichiarato anche “nell’imminenza” dell’emergenza, proprio a scopo preventivo.

Il 31 gennaio 2020 non eravamo ancora consci di quanto il virus fosse già diffuso in Italia, ma sapevamo che ci fosse e quindi dichiarare l’emergenza era quantomeno opportuno per attivare le autorità, la protezione civile, gli enti locali.

Sesta domanda

Questo è assolutamente falso. Nessuna epidemia è mai durata pochi mesi. La spagnola è durata 2 anni, ha avuto 3 ondate e ha continuato a diffondersi nonostante le misure che erano state prese. Il vaiolo ha falcidiato la popolazione per secoli, così come la peste e tutte le altre epidemie che hanno interessato l’umanità. Le epidemie non possono durare mesi perché non si fermano finché non contagiano un numero sufficiente di persone per raggiungere la soglia di gregge (qui un approfondimento). Le uniche epidemie che durano pochi mesi sono quelle che non trovano sufficienti soggetti suscettibili al contagio, ossia quelle per le quali siamo vaccinati. E questo non è il caso di sars-Cov-2 (non ancora).

Settima domanda

Il virus non continua a diffondersi indisturbato, infatti. Forse non si è accorto che da un anno stiamo adottando misure restrittive, distanziamento, mascherine, chiusure locali e nazionali, riadattando continuamente le misure in base all’andamento dei contagi. E’ proprio questo a impedire al virus di intasare le terapie intensive. Lo scopo infatti è proprio quello di spalmare la curva dei contagi nel più lungo tempo possibile per permettere agli ospedali di non saturare e guadagnare tempo in vista della fine della campagna vaccinale.

Cose che nei primi mesi del 2020 non esistevano: abbiamo chiuso tutto il 9 marzo, quando ormai l’epidemia era scoppiata e quindi il primo collasso dei sistemi sanitari è stato inevitabile. Saranno le misure attuali ad aiutarci ad evitarne un altro.

Ottava e nona domanda

La popolazione non si è ancora dimezzata perché per fortuna la letalità del virus non è del 50% (altrimenti, credimi, non avresti il tempo e la voglia di metterti a porti tutti questi dubbi…).

E’ vero, prendere il pullman non è la cosa migliore che si possa fare nel mezzo di una pandemia. Purtroppo, però, la gente a lavorare in qualche modo ci deve andare, e non tutti hanno l’automobile. Il trasporto pubblico è quindi un servizio essenziale che non può essere negato, perché se la gente smette di andare a lavorare lo Stato va in default.

Ecco perché possiamo andare sui bus e non in palestra: la scelta è tra chiudere solo le palestre (e ristorarne i proprietari) oppure chiudere il trasporto pubblico, che equivale a chiudere il 70% delle attività del Paese, dovendo poi ristorarli tutti e quindi fallire come Stato.

Decima domanda

Dei 10 dubbi sulla pandemia, questo è forse l’unico legittimo, perché attiene a una scelta puramente politica. Il problema è che abbiamo di fronte due sole alternative:

  • mettere l’economia davanti alla salute, e quindi lasciare che il virus si diffonda, contagi il 60% della popolazione (soglia di gregge di Sars-Cov-2) con il risultato che, stando ai dati attuali che parlano di una letalità di circa lo 0,5% e di un’ospedalizzazione del 5%, ci ritroveremo in 6 mesi ad avere almeno 200 mila morti e 2 milioni di ospedalizzati; quindi, ospedali che collassano e che non riescono più a curare tutti, portando ad altri morti dovuti alla malasanità. Senza contare che anche questa opzione avrebbe i suoi danni economici (gente a casa malata per un mese che non lavora, investimenti negli ospedali e per il personale medico, ecc…);
  • mettere la salute davanti all’economia, e quindi proteggere i cittadini a costo di lasciarli a casa da lavoro, accettando che questo comporterà un enorme sforzo economico e scatenerà una grave crisi che richiederà diverso tempo per uscirne.

Noi ora ci lamentiamo della scelta che è stata fatta, ma sono abbastanza certo che ci lamenteremmo anche se la scelta fatta fosse stata l’altra. Questo perché nessuna delle due scelte dà risultati positivi al 100%. Si tratta di un’emergenza, e in emergenza si perde sempre qualcosa. L’obiettivo è limitare i danni, non scongiurarli. Sperare di uscirne senza danni è ingenuo.

10 dubbi sulla pandemia: domande legittime o Dunning-Kruger?

I 10 dubbi sulla pandemia appena esposti spiegano proprio il perché si parli di dissonanza cognitiva.

Le persone di buon senso è giusto che si facciano le domande. Quello che non è giusto è ritenere che il semplice fatto che io abbia un dubbio costituisca di per sé la prova che ci sia qualcosa che non va. Questo perché, prima del mio buon senso, c’è la competenza su quella determinata questione, che potrebbe bastare a togliere quei dubbi. Non ogni dubbio è legittimo di per sé: in molti casi il dubbio è mero frutto di ignoranza in materia.

Un po’ come il terrapiattista che ritiene legittimo chiedersi come mai, se la Terra è sferica, dalla spiaggia non si veda la curvatura dell’orizzonte…

La dissonanza cognitiva sta proprio in questo: non accorgersi della propria incompetenza e pretendere di essere arrivati dove non sono arrivati nemmeno i massimi esperti di quel settore. L’effetto Dunning-Kruger, appunto.

P.T.