Diversi di voi mi hanno segnalato un’ordinanza del Tribunale di Belluno la quale, secondo alcuni colleghi come l’avv. Sandri e i vari seguaci che l’hanno diffusa sui social, dimostrerebbe che il Giudice avrebbe impedito a un datore di lavoro di una struttura sanitaria di licenziare i dipendenti che hanno rifiutato la vaccinazione Covid. Altra sentenza “dubbia” che si aggiunge a quelle già analizzate in questo blog, come l’ordinanza del TAR sull’obbligo di mascherine, e il successivo decreto del Consiglio di Stato, e la sentenza del Tribunale di Reggio Emilia sulla legittimità dei DPCM.

Del problema si è già occupato David Puente su questo articolo di Open, e non mi resta dunque che rinviare a quanto correttamente spiegato in quella sede.

Quello che posso invece sottolineare in questa sede, è che ancora una volta i bias cognitivi e i preconcetti riescono a volte a stravolgere non solo concetti scientifici o giuridici complessi, ma anche la grammatica italiana e con esso il senso delle frasi.

Non abbiamo infatti a disposizione il ricorso dei lavoratori, quindi è difficile stabilire con precisione cosa sia accaduto e cosa i lavoratori chiedessero; dall’ordinanza, però, emerge chiaramente che, a quanto pare, il datore di lavoro avrebbe messo i dipendenti che hanno rifiutato la vaccinazione in ferie forzate – cosa consentitagli dalla legge – e che i ricorrenti avrebbero impugnato la decisione per un presunto rischio di venire successivamente licenziati per la loro scelta di non vaccinarsi.

Tuttavia, dal dettato letterale emerge chiaramente anche a chi non ha mai aperto un libro in vita sua che l’ordinanza del Tribunale di Belluno non solo non ha affatto condannato il datore di lavoro per un presunto licenziamento derivato dalla scelta “no vax” dei dipendenti, ma che ha dato ragione allo stesso, dal momento che il Giudice “rigetta il ricorso” dei lavoratori.

Inoltre, si legge chiaramente nell’ordinanza del Tribunale di Belluno che il Giudice ha ritenuto corretta la scelta del datore di lavoro per ragioni di tutela della salute dei lavoratori:

“ritenuto che la permanenza dei ricorrenti nel luogo di lavoro comporterebbe per il datore di lavoro la violazione dell’obbligo di cui all’art. 2087 c.c. il quale impone al datore di lavoro di adottare tutte le misure necessarie a tutelare l’integrità fisica dei suoi dipendenti; che è ormai notorio che il vaccino per cui è causa – notoriamente offerto, allo stato, soltanto al personale sanitario e non anche al personale di altre imprese, stante la attuale notoria scarsità per tutta la popolazione – costituisce una misura idonea a tutelare l’integrità fisica degli individui a cui è somministrato, prevenendo l’evoluzione della malattia“.

Ordinanza del Tribunale di Belluno, 19/03/2021

Ma soprattutto, emerge altrettanto chiaramente che il datore di lavoro non ha affatto licenziato i lavoratori, ma li ha posti in ferie forzate e retribuite a tutela della loro salute, al fine di evitare il contagio. Quindi i lavoratori non sono rimasti senza lavoro né smetteranno di percepire lo stipendio.

In merito al rischio di un futuro licenziamento, invece, è lo stesso giudice a dire espressamente che:

ritenuta l’insussistenza del periculum in mora quanto alla sospensione dal lavoro senza retribuzione ed al licenziamento, paventati da parte ricorrente, non essendo stato allegato da parte ricorrente alcun elemento da cui poter desumere l’intenzione del datore di lavoro di procedere alla sospensione dal lavoro senza retribuzione e al licenziamento

Ordinanza del Tribunale di Belluno, 19/03/2021

Quindi non solo non si è in presenza di alcun licenziamento, ma addirittura il Giudice nega che questo rischio possa presentarsi in futuro, non sussistendone alcun elemento.

Insomma: per comprendere ciò che realmente dice l’ordinanza del Tribunale di Belluno, sarebbe sufficiente leggerla; anche perché si tratta di appena due paginette quindi non comporta così tanta fatica.

P.T.