Avevamo già avuto modo di analizzare le dinamiche di alcuni complotti veri della nostra storia – le armi chimiche in Iraq e la crisi di Suez – per dimostrare come i veri complotti non hanno nulla a che fare con le cospirazioni assurde che imperversano oggi sul web.

Oggi, ho pensato di analizzare un altro complotto molto famoso: l’Operazione Valchiria.

Cos’è l’Operazione Valchiria

Siamo nel periodo della Germania nazista. il Führer era piuttosto maniacale nell’organizzazione logistica del suo Governo e non poco ossessionato dall’eventualità di congiure ai suoi danni. Del resto, la sua intera ideologia politica si reggeva su un altro presunto complotto – poi rivelatosi un grossolano falso storico – derivato dal celebre “Protocollo dei Savi di Sion“.

Al fine di scongiurare eventuali colpi di Stato ai suoi danni da parte delle forze militari più influenti – in particolare le SS – Hitler aveva così congegnato un sistema di difesa delle alte cariche dello Stato che potesse intervenire celermente in caso di golpe o colpo di Stato. In sostanza, si era affidato alle milizie territoriali riserviste, le quali si sarebbero immediatamente attivate nel caso in cui altre forze militari avessero cercato di rovesciare il regime: l’operazione prese il nome di “Piano Valchiria“.

Come nacque la congiura

Verso le ultime fasi della guerra il malcontento tra gli alti ufficiali iniziava a serpeggiare inesorabile tra le fila naziste; alcuni di loro, infatti, consideravano il piano di Hitler troppo scellerato, le ambizioni irraggiungibili e i metodi decisamente eccessivi. ma soprattutto avevano compreso che, di lì a poco, la Germania sarebbe collassata sotto il fuoco nemico e che gli alleati avrebbero letteralmente distrutto il futuro del Paese. Per questo, auspicavano la possibilità di contrastare il controllo assoluto che Hitler aveva sulla Germania per porgere invece la mano agli alleati, trovando un accordo per una pace separata prima che fosse troppo tardi. Un colpo di Stato in piena regola, insomma.

Ma come detto, il penetrante controllo che le forze di Hitler avevano su tutte le istituzioni tedesche rendeva impossibile non solo organizzare un’azione del genere, ma addirittura parlarne in tranquillità.

von Stauffenberg

Le cose però iniziarono a cambiare quando a capo dell’Operazione Valchiria fu posto il Colonnello Claus Schenk von Stauffenberg, ossia proprio uno degli ufficiali che intendeva rovesciare il regime di Hitler.

La sua posizione di responsabile del piano, e quindi coordinatore delle forze riserviste guidate dal Generale Fromm, gli permise così di elaborare un piano estremamente ingegnoso e che, con ogni probabilità e a seguito di alcune opportune modifiche da lui stesso elaborate, poteva davvero funzionare.

Il complotto dell’Operazione Valchiria

Semplificando il tutto, per non entrare troppo nei dettagli dell’intera operazione – qui ininfluenti -, il Colonnello ebbe un’idea del genere: si doveva inscenare un attentato dinamitardo al Führer, allo scopo di ucciderlo e toglierlo di mezzo; una volta diffusa la notizia della morte di Hitler e approfittando dello sgomento generale, gli ufficiali d’accordo con von Stauffenberg avrebbero annunciato la morte di Hitler ed accusato apertamente le SS di essere gli ideatori dell’attentato. Insomma: che fosse in corso un colpo di Stato delle SS ai danni del regime nazista.

Di conseguenza, von Stauffenberg avrebbe potuto attivare l’Operazione Valchiria e mobilitare i riservisti per contrastare, combattere e fare arrestare tutte le cariche delle SS, cogliendole in qualche modo di sorpresa sfruttando proprio il caos generato dalla morte di Hitler. Inoltre, avrebbe potuto occupare tutti i centri di potere per evitare il golpe delle SS. Con questa scusa, i riservisti avrebbero assunto il comando del Paese, tolto di mezzo gli avversari politici e, in quella posizione, avrebbero potuto annunciare la resa della Germania e avviare le trattative di pace con gli alleati, che nel frattempo stavano sbarcando in Normandia pronti per invadere i territori nazisti.

Insomma: quello che voleva fare von Stauffenberg era mettere in atto un colpo di Stato con i riservisti fingendo di voler contrastare un colpo di Stato – inesistente – in atto da parte delle SS. Una strategia in effetti geniale, ma meno semplice del previsto.

Il fallimento dell’Operazione Valchiria

Infatti, le cose non andarono esattamente come preventivato.

operazione valchiria

Innanzitutto, l’attentato ad Hitler, avvenuto a Wolfsschanze (la “Tana del Lupo“) durante una riunione dei vertici militari, fallì: il cancelliere rimase ferito dall’esplosione, ma non morì.

Nel frattempo, von Stauffenberg riprese la strada di Berlino, dove, una volta arrivato, avrebbe dovuto annunciare la morte di Hitler e dare il via al piano. Durante il suo viaggio – circa 3 ore – però, a Berlino continuavano a giungere notizie discordanti sull’effettiva sorte del Führer, il che contribuì ad alimentare la confusione. In effetti, nessuno aveva preso in considerazione l’idea che l’attentato fosse portato a termine, ma Hitler sopravvivesse. La confusione comportò che l’Operazione Valchiria non partì fino a che von Stauffenberg non giunse a Berlino per annunciare ufficialmente la morte di Hitler, benché non lo avesse affatto visto morire coi suoi occhi, essendo fuggito prima, alimentando i dubbi degli stessi cospiratori.

Non solo: l’avvio ufficiale delle operazioni doveva essere dato dal generale Fromm, capo della milizia territoriale, che aveva garantito il suo appoggio solo a condizione che l’attentato andasse a buon fine, e che si rifiutò di eseguire l’ordine quando ricevette la telefonata dal feldmaresciallo Keitel che, direttamente da Wolfsschanze, gli assicurava che Hitler era vivo di fronte a lui e aveva ripreso il controllo della situazione.

Von Stauffenberg avviò comunque l’operazione, anche se con eccessivo ritardo e nel pieno della più totale confusione, dato che riservisti ed SS continuavano a ricevere ordini discordanti.

I fedeli al piano valchiria continuavano infatti a dare l’ordine di arrestare le SS, mentre chi era riuscito ad avere contezza del fatto che Hitler fosse vivo ordinava alle SS di fermare il colpo di Stato di von Stauffenberg. Non si capiva quindi se i riservisti dovessero arrestare le SS, o fossero le SS a dover arrestare i riservisti: quale delle due forze stava mettendo in atto il colpo di Stato?

Fatto sta che l’insieme di questi problemi, ritardi e confusioni faranno fallire il piano, dando inizio alla dura rappresaglia di Hitler che farà uccidere e processare sommariamente tutti i dissidenti.

Operazione Valchiria e “logica dei troppi”

Anche in questo caso, ho ritenuto opportuno raccontare questo complotto per rapportarlo alla logica dei troppi, al fine di dimostrare, con un esempio concreto, tutte le problematiche che deve affrontare una cospirazione globale, rendendola logicamente impossibile prima ancora di analizzarne le presunte prove.

Troppi soggetti coinvolti

Innanzitutto, un complotto globale coinvolgerebbe troppi soggetti. L’esempio dell’Operazione Valchiria dimostra infatti che, per funzionare, una cospirazione deve restare nascosta a più gente possibile, e quindi non solo ai nemici ma addirittura a buona parte dei soggetti che, inconsapevolmente, la stanno mettendo in pratica. Infatti, a conoscere i reali obiettivi dell’Operazione Valchiria erano solo i vertici militari coinvolti nel complotto: i soldati riservisti ma anche gli alti ufficiali dell’esercito territoriale, erano sinceramente convinti – almeno all’inizio – che stessero davvero sventando un colpo di Stato delle SS.

Emblematico in tal senso è un passaggio del film “Operazione Valchiria” di Bryan Singer con Tom Cruise nella parte di von Stauffenberg, che racconta molto bene queste vicende: nel pieno della realizzazione del piano, uno degli ufficiali dell’Operazione Valchiria mangia la foglia e dice alle sue truppe di interrompere le operazioni; alla domanda di uno dei suoi sottoposti “…E allora il colpo di Stato?“, lui risponde: “Non lo capisci? Siamo noi il colpo di Stato!“.

Lo scambio di battute chiarisce appunto che neppure gli ufficiali dell’esercito territoriale erano a conoscenza del complotto, proprio perché meno persone vengono informate, meno probabilità ci sono che qualcuno lo sveli, mandando il piano in frantumi.

Troppi nemici

Un altro problema dei complotti globali è poi l’esistenza di troppi nemici. L’Operazione Valchiria fu un colpo di Stato interno, quindi coinvolse un solo paese (la Germania): nonostante questo, la realizzazione del piano passò dall’evidente problema di riuscire a tenere nascosta la cospirazione ad un enorme numero di soggetti fedeli ad Hitler, perché la più piccola fuga di notizie avrebbe potuto far fallire il piano prima ancora che fosse messo in pratica. Riuscire a trovare persone disposte a sostenere l’operazione, in un clima come quello del regime nazista, era estremamente rischioso: troppe persone avrebbero avuto interesse a svelare il piano, troppe erano così legate al Führer da essere disposti a contrastare l’azione con ogni mezzo, o a tirarsi indietro all’ultimo momento per paura delle conseguenze.

Del resto, lo stesso Generale Fromm, il cui coinvolgimento era necessario perché i riservisti potevano attivarsi solo al suo comando, nonostante il suo benestare fu molto scettico sull’effettiva realizzazione del piano, tant’è che accettò con numerose riserve e, all’ultimo, si tirò pure indietro proprio per la paura di rappresaglie, una volta avuto contezza del fatto che Hitler era vivo.

Se quindi un complotto interno a uno Stato presentava così tanti potenziali nemici, potete immaginare quanti ne presenterebbe un complotto che coinvolge l’intero pianeta e che inevitabilmente andrebbe a contrastare l’interesse di numerose forze ostili a chi ordisce il complotto.

Troppo complessi / troppi rischi

Un altro aspetto che emerge dall’analisi del complotto dell’Operazione Valchiria è che un complotto, per poter funzionare davvero, deve essere organizzato nel modo più semplice possibile: più passaggi ci sono, più logistica è necessaria, più operazioni si rendono opportune, inevitabilmente più rischi ci saranno che esso sia scoperto o che qualcosa vada storto.

L’Operazione Valchiria era sostanzialmente semplice: si trattava di compiere un attentato e attivare l’operazione prevista, usando le SS come capro espiatorio e sfruttare le milizie territoriali per attuare il colpo di Stato. Si trattava dunque di due semplici operazioni.

Nonostante questo, i rischi del complotto c’erano lo stesso, e in effetti si sono verificati subito. L’attentato, infatti, è fallito e questo ha totalmente stravolto il prosieguo del piano. Il fatto che Hitler non fosse morto, infatti, ha reso impossibile portare a termine serenamente il colpo di Stato, costringendo von Stauffenberg a mentire sulla morte del Führer, ma gli riuscì comunque impossibile fermare la diffusione dell’informazione contraria. Ancora, la mobilitazione dei riservisti, a causa del fallimento dell’attentato, fu troppo lenta e poco decisa, tanto che alcuni ufficiali della stessa milizia territoriale maturarono, come visto, diverse remore e dubbi su quello che stava accadendo.

Se un piano così semplice, con così pochi rischi, è comunque fallito perché qualcosa è andato storto, potete ben immaginare come sia possibile tenere in piedi per decenni complotti globali e complessi come le scie chimiche, il falso allunaggio o il complotto di Big Pharma.

Troppi errori

Infine, l’ultimo aspetto da considerare guardando il complotto dell’Operazione Valchiria sono gli errori, che inevitabilmente si rischia di commettere quando si inscena una cospirazione. I vertici dell’Operazione, infatti, nonostante la sostanziale semplicità e immediatezza del complotto, avevano preventivato solo due possibili scenari: quello che l’attentato dinamitardo andasse a buon fine, quindi l’operazione partisse, e quello che la bomba, per qualche motivo, non si riuscisse a piazzarla e farla esplodere, bloccando in radice il seguito del piano.

Nessuno aveva considerato, invece, ciò che effettivamente si verificò: ossia che la bomba esplose, ma Hitler ne uscì incolume. Questo creò un terzo scenario che nessuno aveva considerato e sul quale nessuno aveva predisposto un piano; ciò creò enormi problemi ai cospiratori, che dovettero trovare una soluzione in fretta e furia, alimentando la confusione, i dubbi e la lentezza delle operazioni. Tutte circostanze che contribuiranno a far fallire il complotto.

Anche in questo caso, in un complotto molto semplice si è commesso un errore non preventivabile che ha fatto fallire l’intero piano; immaginate ora i complotti globali – scie chimiche, terra piatta, vaccini, falso allunaggio – a quanti errori potrebbero andare incontro. Pensare che in decenni, se non secoli, tutto fili liscio e non si verifichi mai nessun intoppo, nessuna variabile imprevista, nessun errore di valutazione, è assolutamente inverosimile.

Ci sono complotti e complotti…

Questo esempio, come gli altri già fatti, dovrebbe dunque chiarire un concetto fondamentale: i complotti esistono davvero e di esempi ne abbiamo parecchi nella nostra storia; ma essi, in quanto tali, hanno delle caratteristiche completamente diverse dai presunti complotti che circolano sul web; questo perché chi li ordisce è consapevole delle criticità dettate dalla “logica dei troppi”, mentre i complottisti vedono complotti dappertutto e non si fanno nessuna domanda sensata.

P.T.