Geopoliticamente parlando, l’invasione dell’Ucraina da parte di Putin è legata essenzialmente alla “questione sicurezza“.

Come ho già spiegato in alcuni post del mio canale Facebook e in un recente articolo sulle ragioni della Guerra in Ucraina, non è possibile comprendere in modo esaustivo tutto ciò che ruota davvero dietro questa invasione senza conoscere tutte le questioni geopolitiche che vi ruotano attorno, che vanno ben al di là dell’indipendenza del Donbass e la legittimità del governo ucraino.

Vorrei tentare di farlo oggi, almeno in via generale per essere comprensibile anche a chi non ha rudimenti in materia, approfittandone per chiarire alcuni concetti base di geopolitica, importanti per comprendere l’andamento degli eventi e capire perché dietro i proclami di liberazione del Donbass e di attacco ad un governo “terroristico” ci sia in realtà una concreta questione sicurezza.

Il Mondo M.A.D.

Il concetto di base da cui partire è la dottrina del Mondo M.A.D.

Ne avevo già parlato in un articolo di qualche anno fa, in tempi non sospetti, ed oggi è inevitabilmente tornato in voga.

M.A.D. è l’acronimo di “Mutual Assured Distruction“, ossia “distruzione reciproca assicurata”. Definisce la condizione geopolitica venutasi a creare dopo la Seconda Guerra Mondiale, in concomitanza con la nascita del sistema bipolare “Occidente – Unione Sovietica” e soprattutto con la scoperta della bomba atomica. In sostanza, l’esistenza della bomba atomica ha sconvolto gli equilibri geopolitici, poiché con tale arma ogni contendente ha la possibilità, con un semplice click, di distruggere il nemico, se stesso, il pianeta intero.

Questo ha profondamente alterato le condizioni del “gioco”, poiché i contendenti che possiedono questa arma definitiva non si possono fare la guerra diretta tra loro, in quanto in qualunque momento il contendente in difficoltà potrebbe usare l’atomica per “chiudere definitivamente il gioco” e staccare la spina per tutti. Per questo, le superpotenze nucleari hanno dovuto smettere di fare la guerra “calda”, esercito contro esercito, e si sono messi a fare quella “fredda”, ossia intervenire e finanziare teatri di guerra esterni ai loro confini per acquisire controllo di risorse e influenza politica a discapito delle altre, nel tentativo di farla collassare politicamente ed economicamente.

Questo è appunto quello che è successo con la caduta dell’Unione Sovietica.

Il “First Strike”: una soluzione allo stallo del mondo M.A.D.

Ma in realtà, entrambe le superpotenze per tutto il periodo della Guerra Fredda hanno studiato e cercato di mettere a punto una strategia che permettesse di superare lo stallo del mondo M.A.D.: la strategia del “First Strike“.

Il problema, come detto, derivava dal fatto che un attacco diretto al nemico sarebbe stato lungo e complicato – le due potenze erano armate fino ai denti e un tentativo di invasione avrebbe comportato anni di guerra e costi spropositati – e in ogni momento, di fronte a un attacco, al nemico sarebbe bastato attivare le testate nucleari per chiudere la partita, costringendo l’attaccante a fare lo stesso e porre così fine all’intera specie umana.

Tuttavia, esisteva una scappatoia: si poteva progettare un attacco nucleare massiccio e coordinato che fosse talmente devastante da mettere KO il nemico con un solo colpo e talmente rapido che fosse impossibile per il nemico avere il tempo di contrastarlo o, peggio ancora, di rispondere con un uguale attacco nucleare che avrebbe distrutto il mondo. Un “primo colpo” che non lasciava possibilità all’avversario. Appunto un “First Strike“.

Per quanto possa apparire una strategia irrealistica, da film di fantascienza, in realtà entrambe le potenze hanno per decenni studiato questa strategia, unica capace di permettere l’uscita dall’impasse del M.A.D. e di ottenere un vantaggio definitivo sul nemico.

Il problema principale di questa strategia non era tanto la capacità devastante di un attacco – entrambe le potenze avevano abbastanza armi atomiche da annichilire qualunque nemico – quanto la velocità dell’attacco. Entrambe le potenze avevano una procedura già collaudata per lanciare un attacco nucleare, quindi alle prime avvisaglie di pericolo si sarebbero attivati. Bisognava colpire in appena qualche minuto, e comunque in un tempo minore di quello che serviva al nemico per attivare il contrattacco.

E in effetti, inizialmente entrambe le potenze avevano pensato ad un attacco attraverso il Polo Nord, scoprendo che in realtà non sarebbe stato abbastanza veloce. E allora, l’unica soluzione era riuscire a piazzare le basi di lancio dei missili balistici il più vicino possibile ai confini del nemico.

Vi ricordate la Crisi di Cuba? Se avete compreso i termini della “questione sicurezza”, ora forse avete capito perché l’Unione Sovietica si sia tanto arrabattata per trovare un accordo con un’inutile isola del Golfo del Messico e perché i sovietici siano stati beccati mentre portavano interi container di armi nucleari sull’isola, che dista meno di 500 km dalle coste statunitensi…

First Strike e crisi Ucraina

E forse, ora, sarà anche più chiaro perché entrambe le potenze – Occidente e Russia – siano così tanto interessate all’area cuscinetto che separa l’Europa dalla Russia e perché oggi, laggiù, ci sia in ballo una questione sicurezza.

La strategia di inglobare progressivamente tutte le ex Repubbliche Sovietiche nell’influenza occidentale, infatti, non aveva solo il fine di indebolire il nemico politicamente ed economicamente, come meglio spiegato nello scorso articolo, ma anche quello di avvicinare le proprie basi militari e missilistiche al confine nemico, ottenendo un vantaggio strategico in termini di First Strike.

Ed è per questo stesso motivo che Putin non può minimamente permettere che l’influenza Occidentale si possa spingere fino in Ucraina, al confine diretto con la Russia e ad appena 500 km da Mosca.

L’ipotesi che l’Occidente possa acquisire un vantaggio in termini di First Strike, ossia mettersi in condizione di poter colpire in modo definitivo il nemico prima che questi possa rispondere, equivale al crollo di fatto della potenza russa, perché una potenza che sa di poter essere frantumata in qualche minuto, senza preavviso, non è chiaramente in grado di contrastare alcuna manovra nemica, né al confine né dall’altra parte del mondo.

E sia chiaro che il First Strike non è necessario che sa effettivamente utilizzato; è invece sufficiente ottenere questo vantaggio potenziale a discapito del nemico, per minacciarne l’uso e costringere sistematicamente il nemico ad assoggettarsi al tuo volere (esattamente come accadeva prima tra una potenza con la bomba atomica e una senza).

Il nucleare è ancora un problema?

Molti di voi, a questo punto, penseranno che quel periodo atomico è ormai passato, siamo in un nuovo contesto ed oggi nessuno pensa seriamente ad un attacco nucleare massiccio.

Purtroppo devo contraddirvi. Come leggete da questo approfondimento, nonostante l’accordo New Start del 2010, che prevede un limite per ogni potenza di 1.550 ordigni nucleari (che mi paiono comunque sufficienti, visto anche che le armi nucleari di oggi sono 20 volte più potenti di quella di Hiroshima), in realtà l’accordo riguarda solo le bombe atomiche vere e proprie ed esclude invece le armi nucleari tattiche e i missili a corto e medio raggio.

Considerando gli ordigni nucleari nel suo complesso e stando alle attuali stime (dati del 2021 e comunque approssimativi):

gli Stati Uniti hanno 5.550 testate nucleari di cui 1.800 già schierate, cioè già collocate nei missili o localizzate in basi militari con forze operative

Mentre

la Russia ha un arsenale atomico di 6.255 armi, di cui 1.625 nelle unità operative, quindi pronte per l’uso.

la questione sicurezza

Non solo, dunque, entrambe le potenze possiedono degli enormi arsenali nucleari (pari al 90% di tutte le armi atomiche attualmente esistenti nel mondo), ma molte di esse sono già collocate nei missili e pronte per un eventuale uso.

Quindi no: la guerra fredda non è finita e la logica di potenza continua a prevedere sia i limiti del mondo M.A.D. che l’ipotesi di raggiungere le condizioni del First Strike per avere definitivamente la meglio sul nemico. Finché sarà questa la strategia più efficace, tutti i contendenti cercheranno di ottenerla. E’ appunto, una “questione sicurezza”.

Crisi Ucraina: una Questione di Sicurezza

A riconferma di tutto questo, ci vengono incontro le parole del rappresentante della Cina all’ONU, l’ambasciatore cinese all’Onu Zhang Jun, in occasione del voto di ieri sulla Risoluzione di condanna dell’invasione russa.

Risoluzione che, come leggete qui, non è passata grazie al prevedibile veto della stessa Russia e dell’astensione della Cina, la quale ha poi chiarito:

“Crediamo che la sovranità di tutte le nazioni debba essere rispettata. Incoraggiamo tutti gli sforzi per una soluzione diplomatica tra Ucraina e Russia. L’Ucraina dovrebbe diventare un ponte tra est e ovest”

Ma ha poi aggiunto:

“Sullo sfondo di cinque round successivi di espansione della Nato, la legittima aspirazione alla sicurezza della Russia dovrebbe ricevere attenzione ed essere affrontata adeguatamente”

Insomma: per anni l’Occidente ha espanso la sua influenza verso est, fino a toccare i confini russi; appare quindi normale che la Russia oggi si senta minacciata e si muova per cercare di garantirsi un’area di sicurezza per scongiurare il vantaggio strategico di un possibile attacco nucleare massiccio. Un’esigenza che per troppo tempo l’ONU ha ignorato e che ora ha costretto la Russia ad attivarsi per sé.

Come vedete, nelle sedi istituzionali competenti non si discute di questioni nazionaliste, linguistiche, etniche, né di legittimità del governo ucraino o del diritto di indipendenza delle Repubbliche del Donbass. In quelle sedi si parla unicamente di “questione sicurezza“: tutto quello che sta accadendo in Ucraina si sta verificando a causa di un problema di sicurezza ai confini della Russia, che rischia di perdere la condizione di equilibrio subendo un grave svantaggio in termini di First Strike e che per questo si vede costretta a ricorrere alla forza militare per ristabilire la sua area di protezione.

Per quanto Putin stia cercando di giustificare l’intervento come missione di pace per garantire i diritti dei separatisti contro un governo “terrorista”, la realtà è che quello è solo il pretesto da dare in pasto ai media; al contrario, l’invasione dell’Ucraina è una questione geopolitica di sicurezza.

P.T.

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