L’acqua di Fukushima è l’ultimo degli argomenti che hanno scatenato l’opinione pubblica senza alcun altro motivo che non fosse la negligenza dei giornalisti. L’articolo di oggi, infatti, più ancora che un factchecking sull’acqua di Fukushima, sarà un articolo sul degrado della situazione giornalistica italiana.

L’antefatto è risaputo: il terremoto con annesso Tsunami avvenuto nel 2011 in Giappone ha danneggiato la centrale nucleare di Fukushima e ha costretto i giapponesi a raffreddare il nucleo utilizzando l’acqua del mare. Così facendo, ha però contaminato radioattivamente quell’acqua, che ora che è stata accumulata in appositi silos, arrivando a un milione di litri circa, deve essere dispersa in qualche modo e da qualche parte.

Dopo anni di studi sul tema, si è deciso che la soluzione migliore fosse quella di riversare quell’acqua radioattiva nell’Oceano Pacifico.

I principali giornali hanno dato la notizia in modi del tipo “Il Giappone riverserà l’acqua di Fukushima radioattiva in mare; proteste di pescatori e ambientalisti“, e hanno spiegato la situazione in modo estremamente superficiale, dando importanza più alle polemiche che ai dati scientifici. Così facendo, hanno inevitabilmente scatenato un dibattito e una certa indignazione nel pubblico, che però è totalmente ingiustificato.

Per capire quanto tutto ciò fosse ingiustificato sarebbe bastato, prima di scrivere titoloni e articoli allarmistici, provare ad informarsi un minimo. Per quanto la materia sia complessa, infatti, anche il sottoscritto, che di energia nucleare non sa nulla, è riuscito a reperire e comprendere le nozioni per capire il problema in pochi minuti (vi lascio questo post de “L’avvocato dell’Atomo” e questo video di “Geopop” per ogni chiarimento). Quindi sono certo che anche un giornalista sarebbe in grado di farlo.

Orbene, se il giornalista di turno si fosse informato correttamente prima di scrivere l’articolo sull’acqua di Fukushima, avrebbe potuto brevemente spiegare che:

  • su quel milione di litri di acqua usata per raffreddare il nucleo, solo 20 grammi sono effettivamente contaminati da Trizio, ossia la sostanza radioattiva in questione;
  • il fattore di diluizione di quel milione di litri di acqua “triziata” in un Oceano come il Pacifico, dalla capacità di 720 milioni di metri cubi di acqua, comporterà che, una volta riversata in mare, la radioattività dovuta al Trizio sarà pari a 0,00000097 Bq/litro. Se considerate che il limite di radioattività dell’acqua imposto in Italia è di 100 Bq/litro, significa che il Pacifico sarà un milione di volte meno radioattivo dell’acqua del vostro rubinetto;
  • Il Pacifico ha comunque già di suo un suo fattore di radioattività (la radioattività è una cosa naturale che esiste dappertutto, non è un’invenzione umana), dovuto al Potassio-40, che è dieci milioni di volte superiore a quello dell’acqua triziata di Fukushima;
  • Nonostante tutto questo, l’acqua di Fukushima sarà comunque diluita di 500 volte e riversata in mare in modo graduale, nell’arco di almeno un decennio;
  • ad oggi, non esiste nemmeno uno studio che attesti possibili danni all’organismo causati dal Trizio. Per evidenziare danni – comunque limitati -, hanno dovuto somministrare ai topi 37 milioni di Bq/litro, mentre ricordiamo che l’acqua di Fukushima viaggia su 0,00000097 Bq/litro.

Quindi, quella fatta è stata la scelta in assoluto meno dannosa per l’uomo e per l’ambiente, ed è proprio per questo che è stata presa.

Ecco come si fa informazione. Io non sono giornalista, e non sono qui a “bullarmi” per aver saputo fare un articolo migliore di molti di loro; sono qui a evidenziare quanto al contrario non ci sia nulla di cui bullarsi nel constatare che il sottoscritto, che è solo un avvocato senza alcuna competenza in energia nucleare né in giornalismo, sia in grado di fare informazione meglio di chi è iscritto a un ordine professionale e che esercita quella specifica professione magari da decenni.

E’ inutile combattere ciarlatani, avvelenatori di pozzi e diffusori di fake news sui social, se poi sono i professionisti del settore i primi a favorire la disinformazione.

Il giornalismo italiano ha un problema e dobbiamo prenderne atto.

P.T.