Le polemiche sul Green Pass continuano a non sopirsi ed anzi prendono sempre maggiore consistenza; dopo aver contestato l’obbligo vaccinale per determinate categorie, aver contestato il Green Pass perché limita la libertà personale – questione di cui avevo già parlato qui -, aver proposto numerosi ricorsi contro tale misura e ora anche la mala interpretazione delle comunicazioni fatte dalla Commissione Europea – qui un ampio articolo sul tema, redatto per Open insieme a David Puente -, la questione all’ordine del giorno è: il Green Pass viola il diritto al lavoro?

In effetti, tutte le sentenze già analizzate in questo blog, che hanno interessato il Green Pass, erano relative al precedente decreto, il 52/2021, emesso a Luglio, il quale ancora non prevedeva l’obbligo di esibire il Green Pass per accedere ai luoghi di lavoro. Obbligo, quest’ultimo, entrato in vigore solo a partire dal 15 ottobre per effetto della promulgazione del decreto legge n. 127/2021.

C’è stato dunque chi ha contestato la mia ferma convinzione che il fatto che il Green Pass viola il diritto al lavoro sia in realtà una tesi sbagliata, in quanto di fatto pronunce specifiche su questo nuovo decreto ancora non ci sono.

Non posso certo negare questa realtà: del resto, il nuovo decreto è in vigore da poco più di un mese, e la giustizia italiana non è così veloce da consentirci di avere già delle pronunce sul tema. Pronunce che, però, prima o poi arriveranno.

Tale circostanza, comunque, non toglie che non sia possibile ragionare sui principi giuridici e sulla Costituzione per provare a prevedere cosa i giudici diranno. Del resto, lo avevo già fatto con riferimento ai DPCM sulla quarantena del 2020, spiegando i termini della questione in questo video e poi proponendo la mia interpretazione della Costituzione sulla diatriba art. 16 – art. 13 in quest’altro. E alla fine, la Corte Costituzionale ha finito per darmi ragione in due sentenze successive ai miei video (una analizzata in questo articolo, l’altra, più importante, in questo video).

Avendolo già fatto, provo oggi a mettermi in gioco di nuovo e analizzare la normativa per capire se il Green Pass viola il diritto al lavoro. Vediamo se ci azzecco di nuovo…

I riferimenti Costituzionali

Partiamo dalla normativa di riferimento. Come abbiamo già visto nei precedenti articoli e video dei miei canali, in presenza di una pandemia è consentito allo Stato di limitare gli spostamenti e il diritto di circolazione dei cittadini ai sensi dell’art. 16 Cost., che stabilisce in modo non equivocabile che “Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità o di sicurezza“. E su questo aspetto, come detto, la Corte Costituzionale si è già pronunciata.

Ma per quanto concerne invece il diritto al lavoro? Impedirmi di recarmi sul posto di lavoro rientra nell’art. 16, o va comunque a ledere il diritto al lavoro, sempre disciplinato e tutelato dalla Costituzione?

Per cogliere il punto del ragionamento, vi lascio un link giratomi da chi contesta la validità del DL 127/2021 che mi permette di introdurre la questione. Al di là dell’intera analisi – davvero lunga e infarcita di latino e termini aulici – in generale l’articolo solleva alcune criticità sulla formulazione della norma.

In primo luogo, prive di valenza mi paiono le obiezioni nella parte in cui sostiene che dall’obbligo sarebbero esclusi “tutti coloro i quali (…) non rientrano nella categoria dei lavoratori dipendenti in quanto estranei a un rapporto di lavoro subordinato; o in quella dei lavoratori autonomi in quanto estranei allo svolgimento di un’attività imprenditoriale, o comunque estranei allo svolgimento di un’attività intrinsecamente caratterizzata dai requisiti della professionalità“, dal momento che la normativa si limita ad obbligare “chiunque svolge una attività lavorativa nel settore privato” (art. 3 D.L. 127/2021), senza pretendere alcun altro requisito che risulta quindi totalmente inventato dal commentatore.

A parte questo, il punto focale è che il decreto, a parere dell’autore dell’articolo, parla di obbligo di esibire la certificazione verde “non già per lo svolgimento dell’attività lavorativa in senso proprio, ma segnatamente ai fini dell’accesso ai luoghi di lavoro”. Se secondo il commentatore questo sarebbe un profilo di criticità, a mio avviso è invece proprio il “bandolo della matassa della questione”: il punto è cioè proprio il fatto che il D.L. obblighi al Green Pass non per esercitare l’attività lavorativa, ma per accedere ai luoghi di lavoro.

La differenza è sostanziale e, a mio avviso, denota due concetti importanti:

  • che la legge è così formulata proprio in virtù del fatto che il suo scopo non è quello di limitare il diritto al lavoro, ma garantire la sicurezza sul lavoro consentendo solo a chi può garantire di non essere contagioso di poter accedere ad un luogo frequentato da altri soggetti e dove possono crearsi assembramenti; chi può lavorare da casa, infatti, e quindi non a contatto col pubblico, ben può continuare a farlo senza dover esibire alcun Green Pass. Ciò dimostra, e qui veniamo al secondo punto:
  • che lo scopo del D.L. è quello di limitare la libertà di spostamento, non il diritto al lavoro. Parlando di “accedere ai luoghi di lavoro” si fa infatti espresso riferimento alla libertà di circolazione di cui all’art. 16 Cost., che può essere limitata per mezzo di una riserva di legge relativa se si è in presenza di un pericolo per la salute pubblica.

Ciò non toglie che, in ogni caso, porre dei limiti per l’accesso ai luoghi di lavoro, comporta, di fatto, anche un limite alla possibilità di esercizio dell’attività lavorativa, dal momento che se non ho il Green Pass, non svolgo un’attività che io possa esercitare da casa e non posso accedere ai luoghi di lavoro, ovviamente non posso nemmeno lavorare. A tal riguardo, però, ritengo venga in considerazione l’art. 41 della Costituzione, il quale sancisce che:

L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.

Art. 41 Cost.

L’articolo cita espressamente la possibilità che l’iniziativa economica sia limitata nei casi in cui possa recare danno alla sicurezza dei lavoratori; del resto, è sulla base di tale principio che la normativa può imporre determinati requisiti e limiti (come l’utilizzo di dispositivi di sicurezza) per esercitare l’attività. Il rischio di contagio è chiaramente un fattore che può minare la sicurezza dei lavoratori, quindi ritengo che ben possa lo Stato porre un obbligo di certificazione di “negatività”, nelle tre forme stabilite dalla normativa europea sul Green Pass, per garantire la massima limitazione del rischio per i lavoratori.

Per tali ragioni, non mi pare dunque che sussistano reali criticità in punto di diritto costituzionale tali da farci concludere che il Green Pass viola il diritto al lavoro.

Potrò sbagliare: ma per esserne certi non ci resta che attendere le prime pronunce giudiziarie sul punto.

P.T.