In questo periodo di pandemia e di campagna vaccinale ho dovuto riscontrare l’esistenza di un nuovo bias cognitivo, che si aggiunge a quelli già trattati su questo blog in questa rubrica: il bias del rapporto costi-benefici.

Lo definisco un bias perché l’errore che molti commettono nella valutazione del reale rapporto costi-benefici legati al vaccino Covid non mi pare sia derivato davvero da una incapacità di svolgere un banale calcolo matematico, ma piuttosto a fattori legati alla nostra percezione.

Noto infatti che questa incapacità colpisce anche chi la matematica la conosce bene, e soprattutto persone che, in realtà, sono perfettamente in grado di analizzare il rapporto costi-benefici in altri ambiti che non riguardano il vaccino.

Il rapporto costi-benefici nella vita quotidiana

Il punto essenziale dal quale partire è infatti che il rapporto costi-benefici non è una questione legata unicamente a vaccini o farmaci, ma si tratta di qualcosa col quale abbiamo a che fare quotidianamente, per ogni singola operazione della nostra vita.

Di fatto, tutte le operazioni che svolgiamo ogni giorno, anche quelle più banali, comportano una percentuale di rischio, ed ogni operazione che svolgiamo decidiamo di svolgerla lo stesso, nonostante quei rischi, perché i benefici ci appaiono maggiori.

Alcuni esempi molto banali possono aiutare a capirlo.

Molti di noi per recarsi a lavoro usano l’auto o un mezzo pubblico; i rischi connessi con la guida e la circolazione stradale in generale esistono – e sono anche ben più consistenti di quelli legati a un vaccino – tanto che, ogni anno, sulle nostre strade muoiono circa 3000 persone. Tuttavia, tutti noi continuiamo, ogni giorno, ad usare auto e mezzi pubblici per recarci a lavoro. Perché? Perché sappiamo benissimo che i benefici di lavorare, prendere uno stipendio e potersi garantire il proprio sostentamento sul lungo termine superano di gran lunga il rischio percentuale di morire o subire danni permanenti a causa della circolazione stradale. Se per evitare il rischio legato alla guida decidessimo di non andare più a lavorare, i danni generati dal non lavorare e non avere un sostentamento sarebbero ben più alti e ben più probabili di quelli connessi agli incidenti stradali. Quindi guidiamo lo stesso.

In questo millennio, ormai la stragrande maggioranza di noi lavora davanti a uno schermo. Anche stare davanti a uno schermo per 8 ore al giorno comporta dei rischi, ed anzi dei veri e propri “effetti collaterali” per la salute come perdita della vista, irritabilità, insonnia. Ma come per l’esempio sopra, tali rischi, pur esistenti e spesso non piacevoli, sono infinitamente più bassi dei benefici portati dall’utilizzo di un pc e di internet in termini di risparmio di tempo – immaginate di andare in posta 20 volte al giorno per spedire raccomandate anziché inviare 20 mail seduti comodamente in studio – sia in termini di produzione – si lavora in maniera più efficiente – sia in termini di guadagno – potendo lavorare di più, si guadagna di più -; tutti questi benefici fanno dunque passare in secondo piano i rischi, facendo sbilanciare la bilancia del rapporto costi-benefici verso il piatto dei benefici.

Vi piace mangiare bene? Magari cibi grassi e gustosi, speziati, saporiti? Vi piace fare una cena come si deve al ristorante, con un buon vino? Vi piace il cenone di Natale, dove si mangia come se non ci fosse un domani? Bè, anche mangiare e bere comporta un rischio, come tutti sappiamo. Ed è un rischio nemmeno tanto basso, visto che una dieta scorretta può causare malattie come obesità, diabete, ipertensione, colesterolo alto, ecc… Eppure, soprattutto noi italiani, il buon cibo, anche se un po’ troppo calorico, non ce lo facciamo mai mancare, perché il beneficio di una bella mangiata riteniamo superi i rischi connessi da una dieta squilibrata.

Ancora, chiunque voglia fare una vacanza lontano dall’Italia deve prendere un aeroplano. Tutti sanno che l’aeroplano può precipitare, avere un problema, incontrare turbolenze; seppur percentualmente meno che per la circolazione stradale, anche i viaggi aerei comportano un rischio di morte. Ma quella percentuale è considerata da tutti – tranne coloro che hanno una vera e propria fobia dell’aereo, ma quello è un altro discorso – molto più bassa dei benefici garantiti dalla vacanza. Quindi l’aereo lo prendiamo lo stesso.

Insomma: ogni giorno della nostra vita prendiamo decisioni che comportano una valutazione del rischio connesso al rapporto costi-benefici, e di conseguenza prendiamo decisioni “rischiose”. E bene o male, siamo quasi sempre in grado di ponderare la scelta in modo corretto.

Rischi-benefici e vaccini

Perché allora nel caso dei vaccini molti non sono in grado di farlo?

A mio avviso, ciò avviene perché in questo caso c’è una errata valutazione non tanto del rischio, ma del beneficio. Le persone, cioè, nel caso del vaccino non hanno effettivamente compreso a quale beneficio paragonare il rischio.

Leggo infatti molti dire: “se sono under 50, se mi ammalo ho una probabilità bassissima di finire all’ospedale e ancora più bassa di morire; e per arrivare a quel rischio, la malattia me la devo anche prendere, il che non è scontato. Ma allora perché devo sottopormi ad un vaccino che ha dei rischi, seppur minimi, e di cui non si conoscono effetti a lungo termine, quando tanto le probabilità di contrarre il virus e avere danni gravi dalla malattia sono altrettanto bassi?”

Al di là del fatto che, in ogni caso, il ragionamento è scorretto in quanto ad oggi il rischio di effetti avversi gravi dalla somministrazione resta comunque diversi ordini di grandezza più basso rispetto a quello legato al contagio da Covid-19, il vero problema è che chi fa questo ragionamento sbaglia il concetto che pone sulla bilancia dei benefici.

Il beneficio della vaccinazione non è il fatto che tu, che ti sei vaccinato, non vai all’ospedale; il beneficio del vaccino è il fatto che tutti i vaccinati non vanno all’ospedale e che l’epidemia si arresta.

Il vaccino viene somministrato in massa proprio perché, affinché costituisca un beneficio sociale, deve essere somministrato a più gente possibile, perché una vaccinazione di massa non si limita a rendere più improbabile a te singolo cittadino di occupare un posto in terapia, ma concede questo beneficio a tutta la popolazione, garantendo che gli ospedali non saturino; ma soprattutto, ostacola la circolazione del virus, permettendo l’abbassamento della curva epidemica e, sul lungo periodo, la fine dell’epidemia (per ogni dettaglio, potete guardare questo video che spiega come debellare un patogeno).

Per questo, il reale rapporto costi-benefici che andrebbe valutato nel caso della vaccinazione non è “rischio di effetto collaterale Vs beneficio di non andare all’ospedale“, bensì “rischio di effetto collaterale Vs beneficio di fermare l’epidemia e impedire il collasso dei sistemi sanitari“.

Ragionando sulla prima dicotomia e non sulla seconda, lo scettico può essere maggiormente indotto a considerare i rischi maggiori dei benefici, ma così facendo si dà la zappa sui piedi da solo. Proprio chi rifiuta il vaccino, infatti, è colui che per primo contesta le misure restrittive, le limitazioni, gli obblighi e i divieti legati alle misure di contenimento del virus; ma è proprio sbagliando i termini di paragone, e di conseguenza rifiutando il vaccino, che si ostacola la possibilità che tali misure vengano alleggerite e infine tolte: per arrivare a tanto è infatti necessario mettere al sicuro gli ospedali e fermare l’epidemia, cosa che si può ottenere solo con una celere e la più ampia possibile campagna vaccinale. La stessa campagna vaccinale che lui ostacola rifiutando il vaccino perché ha errato nella sua valutazione.

Ed ecco che si produce un bias.

P.T.