La prima volta che avevo analizzato una discussione con un no vax avevo anticipato che proprio coi no vax i principi dell’Antimetodo si verificano in maniera chiara e prevedibile. Oggi racconteremo infatti la storia della no vax che non usciva le prove.

Eccovi quindi un altro esempio di ragionamenti in Antimetodo estratti da una assurda conversazione avuta sotto il link a uno dei miei articoli.

Si parlava della legislazione sulla compilazione dei bugiardini, e in particolare dell’indicazione degli effetti collaterali.

Le sentenze che ti danno torto sono prove in tuo favore

Come vedete dal primo commento, le mie sono “balle”; addirittura una sentenza della Cassazione mi smentisce apertamente, dando ragione alla mia interlocutrice.

Chiedo immediatamente prova di questa sentenza, se non altro per deformazione professionale, ma soprattutto perché non vedevo l’ora di capire quale oscuro ragionamento avrebbe tirato fuori dal cilindro per far passare una sentenza della Cassazione per una prova in suo favore.

La sentenza arriva, con tanto di screenshot con il “punto incriminato della sentenza” (che trovate integralmente qui).

Il testo, per una migliore lettura, ve lo riporto qui sotto:

Il contesto è, sostanzialmente, che la casa farmaceutica pretendeva di essere esonerata da responsabilità per un determinato effetto collaterale, subito da un paziente a seguito di vaccino, per il semplice fatto di averlo genericamente indicato nel bugiardino; mentre la vittima pretendeva il risarcimento.

Ma fate attenzione soprattutto alla seconda parte: la Cassazione, nello spiegare i criteri per decidere quella controversia (perché vi ricordo che la Cassazione giudica la legittimità e l’interpretazione delle leggi, non il merito), segnala che sarebbe opportuno che “non qualunque informativa circa i possibili effetti collaterali del farmaco possa scriminare la responsabilità dell’esercente, essendo invece necessario che (…)”.

Insomma: la Cassazione si lamenta proprio del fatto che, con la legge vigente, le indicazioni del bugiardino dicono tutto e quindi non dicono nulla; segnala poi come questo non sia corretto perché consente alle case farmaceutiche di scongiurare i risarcimenti semplicemente allungando il ventaglio degli effetti collaterali anche a tutti quelli mai verificati (come ad esempio l’autismo).

La sentenza, insomma, le dà torto marcio. Lei però non se ne avvede, perché ha già costruito una storia coerente e quella sua interpretazione della sentenza sarebbe compatibile con quella storia. Quindi, per l’Antimetodo, è una prova in suo favore (riadattamento).

Autocontraddizioni

Ma siamo solo all’inizio.

Quando le dimostro che la sentenza dice palesemente l’opposto di quello che ha capito lei, ed averle fatto presente che non sono medico ma sono avvocato quindi almeno sulla legge non insista, lei invece sceglie di insistere.

Come vedete, nonostante la “captatio benevolentiae” iniziale, con la quale mette le mani avanti sul fatto che “la scienza non si fa in Tribunale“, cerca di portare una prova che sia in linea con questa affermazione, e cosa fa? Parla delle sentenze che hanno riconosciuto danni da vaccino.

L’effetto Dunning-Kruger, oltre a rendere le persone saccenti, le rende anche spavalde, facendole fare spesso la “figura dei gelatai” (e mi scuso con i gelatai).

Parentesi: perché i giudici riconoscono i danni da vaccino?

Mi sia permesso di spiegare brevemente, cogliendone l’occasione, come funziona il riconoscimento di danni da vaccino in Tribunale.

I Tribunali giudicano in base alle prove prodotte in giudizio e ai principi di legge. Molto spesso, da quando sortiscono gli effetti collaterali a quando si va da un avvocato, si organizza la strategia di causa, si cita in giudizio la casa farmaceutica, si svolge la parte preliminare del processo e finalmente si arriva all’istruzione probatoria, possono tranquillamente essere passati anni.

Di conseguenza, di fronte ad una accusa che ha la prova della data del vaccino e la prova dell’insorgenza degli effetti in data posteriore all’assunzione del vaccino, diventa complesso per la casa farmaceutica dimostrare che, magari 2 anni prima, la ricorrente non avesse assunto altre sostanze compatibili con quei sintomi, avesse già allora malattie non riconosciute che potrebbero aver interferito con il vaccino, o portare qualunque altra prova di una possibile causa alternativa.

Per il diritto, dunque, è possibile che alcuni risarcimenti per danno da vaccino siano riconosciuti. E se ricordate quanto ho detto più volte sulla differenza tra “verità scientifica” e “verità processuale”, avete capito quale sia la validità scientifica di quel risarcimento.

…E le prove?

Ma torniamo alla nostra amica no vax, che continua a sminuire le mie capacità di avvocato ma intanto, a parte quella sentenza che le dava torto – e anzi forse proprio per questo – non ci ha ancora fornito una sola prova di questi effetti collaterali gravi.

Come vedete, preferisce accatastare un po’ di paroloni scientifici perché così io mi convinco che le prove le ha e mi zittisco. Ovviamente, non ha la più pallida idea di dove sia capitata, suo malgrado.

Oltre a non esserci prove, l’Antimetodo qui si manifesta in tutto il suo complottismo. Secondo lei, esisterebbero prove di danni gravissimi emerse dai trial, cioè quegli studi che servono proprio a stabilire se i prodotti possono essere commercializzati.

Notate l’antilogicità del ragionamento: se le prove sono nei trial, allora quei farmaci non li hanno superati, quindi non dovrebbero essere in commercio; ma se anche si dicesse “i poteri forti li fanno passare lo stesso” le mie domande restano 2:

  1. Ma allora perché i poteri forti continuano a fare i trial e a farci sapere che li fanno? Tanto non servono, e se non ce lo dicessero non ce ne preoccuperemmo nemmeno (se ne preoccuperebbero gli addetti ai lavori, ma tanto quelli sono tutti corrotti…);
  2. soprattutto: perché mai dovrebbero pubblicare i risultati e farli trovare a chiunque semplicemente cercando su Google? A che pro?

Fallacie logiche

Comunque, continuo a insistere sulla richiesta di prove ma l’abile no vax schiva il colpo e cerca di contrattaccare. In effetti, è più facile offendere che difendere quando si è in difficoltà.

la no vax che non usciva le prove

Questo è invece un esempio di “supplica speciale“, ossia quella fallacia logica che cerca di “riaggiustare il tiro” della sua argomentazione per poterla rendere di nuovo credibile.

In seguito, insinua di nuovo che non so fare il mio lavoro. Le prove, però, la non vax non le esce.

la no vax che non usciva le prove

Le aggressioni personali – argomento ad homimen – proseguono, e si uniscono alla classica strategia dell’Antimetodo per cui “le tesi le elaboro io, le prove le cerchi tu” (inversione dell’onere della prova).

Ma in tutto questo: le prove? Non arrivano.

La no vax che non usciva le prove

Non c’è verso. Cita altre presunte fonti con dati buttati lì, e chiede a me di andarle a verificare per lasciarmi “il gusto di cercare“.

la no vax che non usciva le prove

Se poi non lo trovo, me lo gira lei“. Quindi lei lo sa dove cercare, ma invece di sbattermi le sue prove in faccia, smentendomi e mettendomi a tacere del tutto, lei preferisce fare la vaga, farmi credere che non le ha e permettermi di mettere pubblicamente in ridicolo lei e la sua teoria.

Una strategia geniale, degna di un no vax.

La no vax che non usciva le prove si è così dileguata, lasciandoci con l’eterno dubbio che quel documento esistesse o meno, e soprattutto cosa ci fosse davvero scritto.

E sarà tutt’ora convinta di aver vinto il confronto a mani basse.

P.T.