Torniamo a parlare di immigrazione a seguito dell’intesa sul nuovo accordo sui migranti chiuso in queste ore a Malta dal nuovo Ministro dell’Interno Lamorgese.

Sul tema immigrazione è sempre stata fatta tanta disinformazione che ha certamente disorientato l’opinione pubblica; nel mio tentativo di combattere la manipolazione dell’opinione pubblica e ristabilire la corretta informazione, per cercare di spiegare al meglio in cosa consista il nuovo accordo sui migranti ho ritenuto necessario svolgere alcune premesse. Non si può infatti comprendere la natura e la consistenza di queste modifiche se non si conosce la normativa attualmente vigente e l’iter che ha portato alle proposte di queste ultime ore.

Il Regolamento di Dublino

Cominciamo dall’inizio. L’attuale normativa sulla spartizione dei migranti in Europa è disciplinata interamente dai famigerati accordi di Dublino. Del loro contenuto ne avevo già ampiamente parlato in questo articolo – che vi invito a leggere se non l’avete fatto – al quale rimando per ulteriori dettagli.

In generale, possiamo però dire che il criterio fissato da Dublino per la spartizione della gestione dei migranti è quello del “Paese di primo approdo“; in sostanza, della gestione del migrante – e dunque della prima accoglienza, della valutazione del suo status ed eventualmente del rimpatrio – deve farsene carico il Paese europeo in cui il migrante è sbarcato o è stato tratto in salvo.

Un criterio che è ovviamente fortemente penalizzante per i Paesi costieri del Mediterraneo, che subiscono il 90% dell’ondata migratoria, e quindi anche per l’Italia (che con Lampedusa è di fatto il confine più vicino all’Africa di tutta l’Europa).

Il superamento di Dublino

In realtà, questa impostazione non è andata esente da critiche in questi anni e non solo dall’Italia.

L’ipotesi del superamento del Regolamento di Dublino in favore di un nuovo accordo sui migranti è infatti sul tavolo da diverso tempo e sono in diversi a promuoverla nelle sedi europee.

Già nel novembre 2017 alcuni Paesi avevano formulato una proposta per rivedere i criteri di smistamento dei migranti, basandosi su quote in base alla popolazione degli Stati Membri anziché sul Paese di primo approdo. Una proposta che tuttavia sembrava riguardare solamente i migranti che effettivamente ottenevano asilo, restandone esclusi tutti gli altri – i “migranti economici” – che avrebbero continuato a seguire il criterio precedente.

Una nuova proposta è stata poi formulata nel giugno 2018, poi bocciata da diversi Paesi anche perché prevedeva semplicemente la possibilità, per ogni Stato, di sostituire la propria quota di migranti con una somma di denaro pari a 35 mila euro per ogni migrante rifiutato.

In ogni caso, i tentativi di modificare gli accordi di Dublino non sono mancati e sono rimasti nell’agenda politica europea fino a questi ultimi mesi; le continue discussioni hanno poi portato ai recenti avveninmenti che stiamo per analizzare.

Come avevo già avuto modo di segnalare, il 22 luglio di quest’anno i Ministri degli Interni dei Paesi membri dell’UE si erano riuniti proprio per impostare una nuova proposta di redistribuzione dei migranti, fissando una sorta di lettera di intenti che sarebbe stata poi discussa e messa ai voti a partire da ottobre 2019.

L’iter per il nuovo accordo sui migranti

nuovo accordo sui migranti

In quella sede, due mesi fa, il nostro Ministro degli Interni, Matteo Salvini, si era rifiutato di presentarsi, facendo muro all’apertura dell’Europa, denunciando complotti ai nostri danni e arroccandosi dietro scuse banali come “errori di forma” nella convocazione della riunione (fatto sta che tutti gli altri Ministri ci sono andati, lui no). Il tutto in perfetta linea con la sua posizione anti-europeista e intransigente.

Salvini si è insomma da sempre allineato con i Paesi di Visengard che per ragioni politiche e geografiche hanno un grande interesse a mantenere lo status quo (cioè a non modificare Dublino), trovandosi lontani dal Mediterraneo e dai suoi flussi migratori. Un’alleanza piuttosto insolita per chi, come il nostro ex Ministro dell’Interno, sosteneva di voler cambiare gli accordi di Dublino…

Ma non è mia intenzione giudicare l’operato di Salvini; quel che conta è che, con la caduta del Governo dello scorso mese, il nuovo Ministro dell’Interno Lamorgese ha manifestato l’intento di riaprire quelle trattative che il precedessore aveva con ogni mezzo ostacolato; per tale motivo, pare, le trattative con i principali Paesi europei – Francia e Germania – si sono riaperte, portando prima all’accordo specifico sullo sbarco dei migranti salvati dalla nave Ocean Viking qualche sttimana fa, poi con la predisposizione della bozza che ora andremo a valutare nel contenuto.

Il nuovo accordo sui migranti

Partiamo quindi con una precisazione doverosa: l’accordo in fase di discussione in queste ore non deve essere visto come un “cambio di rotta” repentino e inspiegabile rispetto al passato da parte degli altri Paesi europei; neppure come un piano pre-programmato dai burocrati europei per screditare Salvini, come se fino a ieri l’Europa avesse ostacolato ogni modifica mentre oggi, di punto in bianco, sembri disposta a trattare.

L’Europa, come visto, aveva già da tempo preso in considerazione, in vari modi più o meno opportuni, il superamento di Dublino.

Tale accordo va invece visto in continuità con gli ultimi avvicendamenti, in particolare dalla riunione del 22 luglio 2019, che aveva infatti fissato una nuova data per la discussione ad ottobre, che è la stessa data nella quale verranno discusse le proposte fatte a Malta nella data di ieri. L’unica differenza è che mentre il precedente governo italiano rifiutata ogni trattativa e quindi con ogni probabilità avrebbe boicottato anche la prossima riunione, oggi ha cambiato colore e atteggiamento, aprendosi a quelle discussioni ed anzi divenendone parte attiva.

Il contenuto dell’accordo

Ma cosa dice esattamente la nuova bozza di accordo?

Sintetizzando, i punti cruciali sono i seguenti:

  • 1. Redistribuzione dei migranti: la ricollocazione dei migranti che sbarcano in Italia o in un altro Paese dovrà avvenire in tempi brevissimi, necessariamente entro quattro settimane.
  • 2. Superamento di Dublino: la valutazione delle richieste di asilo sarà svolta direttamente dai Paesi che si faranno carico dei migranti e non più da quelli di primo sbarco.
  • 3. Rotazione dei porti: è prevista una rotazione dei “porti sicuri” su base volontaria per far sbarcare i migranti su barconi o gommoni.
  • 4. Progetto pilota: l’idea dei ministri dell’Interno che si sono riuniti a La Valletta è quella di mettere in piedi un progetto pilota da monitorare nel corso del tempo e, se funziona, renderlo definitivo.
  • 5. Estensione ad altri Paesi: l’altro obiettivo è quello di estendere al maggior numero di Paesi possibili l’accordo. 

La bozza in questione, discussa di fronte al Presidente UE e all’intera Commissione UE – il che dà anche una certa ufficialità alla cosa – è stata attualmente sottoscritta dall’Italia, dalla Francia, dalla Germania e da Malta, col proposito di discuterla ed estenderla anche agli altri Paesi nel corso della prossima riunione, fissata appunto il prossimo 8 di ottobre.

Rifugiati politici e migranti economici

E veniamo al punto che interessa sempre più di tutti. In effetti, molte delle precedenti proposte di modifica – per quanto accettabili sulla carta – venivano sempre riferite ai soli rifugiati politici o comunque a chi aveva diritto di ottenere asilo politico; tutti gli altri – i cosiddetti “migranti economici” – ne restavano sistematicamete esclusi. Il che annullava buona parte dei vantaggi della modifica, dal momento che i migranti economici sono almeno il 75% del totale.

nuovo accordo sui migranti

Vale la stessa cosa anche per questa nuova bozza?

No. La bozza stabilisce espressamente che:

“la redistribuzione automatica riguarderà tutti i richiedenti asilo”

Giornale “Il Dubbio

Laddove con “richiedenti asilo” si intendono non solo quelli che ne hanno effettivamete diritto ma tutti quelli che ne fanno richiesta, e cioè la totalità dei migranti; tutti coloro che arrivano in Europa, infatti, presentano richiesta di asilo, anche chi non ne ha diritto; ma è solo dopo la verifica delle condizioni e dei requisiti che si può stabilire se si tratta di migranti economici o rifugiati politici.

La differenza starà quindi nel fatto che, mentre oggi la richiesta è fatta nel Paese di primo approdo, e quindi poi a prescindere dal fatto che la ottenga o meno il migrante che presenta richiesta in Italia poi deve restare in Italia – così dice Dublino -, con la modifica in discussione i migranti verranno smistati prima di questa valutazione e quindi, anche se non otterranno asilo, dovranno restare nel Paese a cui sono stati affidati e non in quello in cui erano sbarcati.

Rovesci della medaglia

Insomma: messa così, pare proprio che il nuovo accordo sui migranti spazzi via con un colpo di spugna tutti i problemi che Dublino aveva creato all’Italia sul tema accoglienza.

Siccome non tutte le ciambelle escono col buco, c’è però un limite alla proposta.

In effetti, la bozza precisa che nell’accordo rientra la totalità dei “migranti salvati nel Mediterraneo“; ossia, tutti i migranti che arrivano sulle nostre coste dopo essere stati tratti in salvo da navi militari, commerciali o umanitarie (quindi anche quelli che arrivano con le ONG… addio complotto!).

Non si applica, però, a quelli giunti sulle coste con sbarchi autonomi, ossia attraverso gli scafisti o in modo indipendente. Si tratta di un rovescio della medaglia non da poco, dato che questi ultimi rappresentano il numero più consistente degli arrivi.

Costoro, dunque, rimarranno onere del Paese di approdo continuando a gravare sui Paesi costieri, Italia compresa.

Certo, non è un accordo perfetto. Ma è una bozza che potrà essere ampliata, discussa, modificata e migliorata nelle successive riunioni, a partire proprio da quella dell’8 di ottobre. Ed è comunque migliorativa rispetto alle attuali statuizioni di Dublino III.

Ma soprattutto, abbiamo finalmente sul tavolo una proposta concreta per cambiare un accordo dannoso per l’Italia, da discutere insieme ad un’Europa che si è mostrata disponibile al cambiamento e che ha trovato di fronte un’Italia che, questa volta, sembra che gli accordi li voglia cambiare davvero; e non solo con i tweet

P.T.