Chi mi conosce sa bene che non ho grande stima di Salvini; tuttavia, siccome per giudicare una legge non bisogna farlo in base a chi la propone (argomento ad hominem) ma in base a cosa dice, volevo fare alcune precisazioni utili sulla modifica della legge sulla legittima difesa, visto che che oltretutto mi tocca direttamente per “deformazione professionale”.
Come per ogni cosa, anche su questo tema vedo infatti molta ignoranza in materia, da una parte e dall’altra, e ogni discussione e polemica sull’argomento finisce sempre per toccare questioni che non c’entrano assolutamente niente.
Da avvocato, cerco allora di fare un po’ di chiarezza.
Il testo del nuovo comma dell’art. 52 c.p. dice testualmente:
“Si considera che abbia agito per legittima difesa colui che compie un atto per respingere l’ingresso o l’intrusione mediante effrazione o contro la volontà del proprietario o di chi ha la legittima disponibilità dell’immobile, con violenza o minaccia di uso di armi di una o più persone, con violazione di domicilio”.
(i grassetti sono miei per sottolineare le parti importanti ai fini dell’esegesi della norma).
Comprendo che senza nozioni di diritto penale si possano non cogliere tutte le sfumature e le implicazioni di questo nuovo comma, quindi devo fare delle brevi premesse.
Una prima obiezione di cui ho sentito molto discutere: questa legge non va a toccare una virgola sulle procedure per ottenere un’arma, che restano le stesse attualmente vigenti. La detenzione di un’arma e il porto d’armi sono discipline regolate da altre leggi e non dall’articolo sulla legittima difesa, leggi che non sono state toccate. Quindi, la teoria che questa legge “faciliti l’accesso alle armi” è semplicemente una fake news.
In egual modo, l’affermazione che lo stesso Salvini sbandiera ai quattro venti e incide sulle magliette “la difesa è sempre legittima“, è anch’essa una fake news: l’articolo non dice infatti “la difesa è sempre legittima se“, ma “si considera che abbia agito per legittima difesa colui che“.
La differenza non è solo linguistica e mi vedo per questo costretto a spiegare un concetto chiave per capire questo dettato legislativo; nel secondo caso, il “si considera” indica quella che in gergo si chiama “presunzione legale“: la legge, in alcuni casi, indica “di default” al giudice come una prova o una circostanza debba essere interpretata. Ma le presunzioni, in diritto, sono sempre superabili da una prova contraria. Questo significa che, in presenza delle circostanze indicate dalla norma, il giudice deve ritenere che si applichi questo comma sulla legittima difesa salvo che controparte non provi il contrario.
Con queste necessarie premesse, veniamo al merito.
Oggi, per principio generale, la legittima difesa è tale solo quando è “proporzionata all’offesa”; questo principio vale sempre e in ogni caso, che tu sia aggredito alla stazione, in una discoteca, in un ghetto, in carcere o in casa tua.
Dal punto di vista giuridico, l’attuale legge pretende di fatto che sia la vittima ad assumersi la responsabilità di una reazione proporzionata all’offesa: ciò può apparire corretto in via generale (per evitare fenomeni da “Far West“), ma applicato al caso di furto in casa crea delle problematiche evidenti. Immaginate infatti di essere svegliati di notte di soprassalto, spaventati e confusi, magari con dei bambini in casa, e vi ritrovate nella penombra uno sconosciuto davanti. In quel momento, la legge pretende che voi, in quelle condizioni, riusciate a valutare la situazione, le circostanze, le intenzioni reali dell’intruso, le armi a sua disposizione e l’effettiva volontà di usarle, e di conseguenza valutiate la reazione più proporzionata all’aggressione che state subendo. E in qualunque modo vadano le cose, se dovesse scapparci il morto o il ferito si apriranno indagini a vostro carico (il che è un atto dovuto data l’obbligatorietà dell’azione penale) e nel susseguente processo starà al vostro avvocato dimostrare che la vostra difesa fosse proporzionata all’offesa (e spesso si tratta di quella che noi avvocati chiamiamo “probatio diabolica”, cioè quasi impossibile). Se non ci riesce, anche solo per mancanza di elementi a sufficienza, sarete condannati per “eccesso di legittima difesa”.
Voglio anche precisare che, guardando ai principi generali, primo fra tutti quello per cui la “colpevolezza deve essere provata oltre ogni ragionevole dubbio“, il caso della legittima difesa, oggi, è l’unico in cui la legge inverte l’onere della prova, stabilendo che, in sostanza, si presume che tu non abbia agito in legittima difesa salvo che tu riesca a dimostrare la proporzionalità.
Come conseguenza di questo problema, la proposta di Salvini si limita ad individuare una singola ipotesi nella quale l’onere della prova è invertito a danno dell’aggressore: se la difesa avviene nelle circostanze indicate nel testo del nuovo comma (violazione di domicilio con minaccia o uso di armi), la difesa si considera legittima, e cioè si presume che sia stata proporzionata all’offesa.
Questo, come spiegato prima parlando di presunzioni legali, non significa che puoi impunemente crivellare di colpi chi ti pare in casa tua (questa sarebbe una pazzia in uno Stato civile), ma solo che sarà onere del PM e della parte offesa superare quella presunzione, dimostrando che tu abbia invece ecceduto nella legittima difesa.
In breve: con la nuova legge continua ad esistere la proporzionalità tra difesa e offesa, la cui prova ricade sempre su chi si è difeso; ma in quella singola ipotesi (ladro che irrompe in casa tua senza autorizzazione ed è armato), la difesa si presume al contrario sempre legittima salvo prova contraria, che spetta all’accusa.
Personalmente, e a prescindere dal mio giudizio su Salvini, la trovo una legge ispirata al buon senso: mi pare ragionevole (da avvocato e da padre di famiglia) gravare dell’onere della prova non la vittima svegliata di notte in casa sua, ma piuttosto un soggetto che, entrando in casa altrui armato e senza autorizzazione, si è già macchiato di un reato: la violazione di domicilio. Ed è davvero assurdo che in una circostanza del genere i rischi e le responsabilità probatorie ricadano sulla vittima e non sull’aggressore, e chi conosce il procedimento penale sa cosa intendo.
Almeno, questa è la mia opinione.
P.T.