Secondo una nuova teoria che sta prendendo piede sul web, l’invio di armi in Ucraina viola l’art. 11 della Costituzione. In effetti, il dettato dell’art. 11 sembra molto chiaro e solenne nel dire, senza mezzi termini, che “l’Italia ripudia la guerra”, e di conseguenza qualunque forma di supporto bellico, a qualsivoglia Paese, sarebbe contrario ai principi costituzionali.

La questione non è poi così banale e personalmente la trovo molto interessante, anche perché mi dà modo di svolgere una breve esegesi dell’articolo 11, che è indubbiamente uno dei più belli e meglio elaborati dell’intera Costituzione Italiana.

Disclaimer: in questo articolo mi limito a valutare la congruità dell’invio di armi sul piano costituzionale, NON a sostenere l’opportunità dell’invio o meno di armi in Ucraina. Quella è una questione di merito sulla quale ognuno può avere la sua opinione. Un conto è dirsi d’accordo o meno su una strategia politica come l’invio di armi, un’altra è sostenere l’incostituzionalità di tale scelta.

Per capire la vera ratio di tale articolo, e comprendere se davvero l’invio di armi in Ucraina viola l’art. 11, mi pare interessante e utile partire dalla sua interpretazione storica, ossia andare a considerare gli atti della Costituente per capire di cosa si sia discusso in sede di approvazione di tale articolo (che inizialmente era il 4, poi a seguito di alcune aggiunte e spostamenti è divenuto l’11). Cosa che del resto avevo già fatto con riferimento agli artt. 13 e 16 Cost., quando si parlava di presunta incostituzionalità della quarantena da lockdwon in questo articolo e poi in questo video.

Articolo 11 e atti della Costituente

Trovate tutte le sedute dell’Assemblea Costituente e le relative votazioni in merito alla stesura dell’art. 11 a questo link – sulla sinistra il link alle singole sedute in ordine cronologico – dalle quali è possibile evincere l’evoluzione dell’articolo, le sue successive modifiche e soprattutto le considerazioni dei singoli costituenti che hanno partecipato alla sua stesura.

La prima cosa che emerge è che l’iniziale stesura dell’articolo non parlava di “ripudio” della guerra ma bensì di “rinuncia”.

L’Italia rinuncia alla guerra come strumento di conquista e di offesa alla libertà degli altri popoli e consente, a condizione di reciprocità e di eguaglianza, le limitazioni di sovranità necessarie ad una organizzazione internazionale che assicuri la pace e la giustizia tra i popoli” fu la prima stesura base dell’articolo. Da essa, emerge già un elemento molto importante e non trascurabile: si parla infatti di rinuncia alla “guerra di conquista“, non a qualsiasi forma di guerra. Ci si riferiva, cioè, all’utilizzo della guerra per come ne aveva fatto uso il regime fascista, ossia come mezzo politico per aggredire e sottomettere territori e popolazioni. Non a caso, mi pare interessante riportare in merito parte dell’intervento dell’On. Damiani, che nella seduta dell’8 marzo 1947 disse:

“L’Italia rinunzia alla guerra come strumento di conquista”, dice un cosa veramente solenne. La guerra, questa follia, questo crimine (…) noi vogliamo eliminarla per sempre, e quindi rinunziamo a questi mezzi di conquista.

(…) E quest’odio alla violenza, questo odio alla guerra sarà appunto l’orientamento nuovo del popolo. Ci può essere il pugno nell’occhio; ma il pugno nell’occhio non fa onore a chi lo dà; e chi lo riceve potrà difendersi: allora è legittima la sua difesa”.

On. Damiani

Come vedete, è chiaro il riferimento alla guerra come strumento di conquista, mentre resta ovviamente precisato che chi è aggredito “potrà difendersi” perché “allora è legittima la sua difesa“.

Emerge dunque una netta distinzione tra guerra di invasione e di conquista e guerra come strumento di difesa dalle aggressioni altrui. Del resto, se questa distinzione non vi fosse, lo stesso fatto di possedere un esercito comporterebbe la violazione dell’art. 11 Cost. Se un esercito lo abbiamo, è perché in qualche modo esso è costituzionale. Inoltre, lo stesso art. 78 Cost. parla esplicitamente delle procedure costituzionali da seguire in caso di guerra, il che implica che è la stessa Costituzione a prevedere l’ipotesi che l’Italia possa trovarsi in guerra. Quella difensiva, appunto.

Ma andiamo oltre. Lo stesso concetto è ribadito in modo ancora più chiaro dall’On. Zagari, nella seduta del 24 marzo 1947:

“Si dice: «l’Italia rinunzia», «l’Italia consente». La prima e la seconda parte hanno questo in comune: che concedono qualche cosa che è imposto, ponendo immediatamente dopo una serie di condizioni per cui si rinuncia alla guerra, ma condizionando la guerra; cioè si rinuncia a quella determinata guerra, soltanto alla guerra di aggressione e si consente poi quella limitazione di sovranità”

On. Zagari

Dello stesso avviso è anche l’On. Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione; dice infatti Ruini in quella stessa seduta, precisando le ragioni per cui si era scelta quella determinata stesura iniziale:

“«L’Italia rinunzia alla guerra come strumento di conquista e di offesa alla libertà degli altri popoli e consente…». Risuonava qui come un grido di rivolta e di condanna del modo in cui si era intesa la guerra nel fosco periodo dal quale siamo usciti: come guerra sciagurata di conquista e di offesa alla libertà degli altri popoli. Ecco il sentimento che ci ha animati”.

Non ci dobbiamo comunque dimenticare che la Costituzione si rivolge direttamente al popolo: e deve essere capita. Parlare di «politica nazionale» non avrebbe un senso chiaro e determinato. Da accettare invece, perché definitiva, la negazione della guerra «come risoluzione delle controversie internazionali». Potrebbe bastare; ma si è posto uno scrupolo: se non sia opportuno richiamare anche quel termine di negazione della guerra «come strumento di offesa alla libertà altrui» che ha una ragion d’essere, una accentuazione speciale che può restare a sé di fronte agli altri mezzi di risoluzione delle controversie internazionali. Ecco perché la Commissione propone: «ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e di risoluzione delle controversie internazionali»”.

On. Ruini

Più oltre, e a riconferma di tale impostazione, una proposta di emendamento dell’On. Crispi sembra rivolto a chiarire ancor di più questo aspetto, laddove propone di sostituire la dicitura dell’articolo con:

“L’Italia non intraprenderà alcuna guerra di conquista, né userà mai violenza alla libertà d’alcun popolo”

On. Crispi

Insomma: è chiaro che il senso dell’art. 11 Cost. sia riferito a ripudiare l’atteggiamento offensivo ed aggressivo che aveva caratterizzato l’Italia fascista, rinnegando l’utilizzo della guerra come strumento di offesa e di conquista.

Infatti, la seconda parte dell’articolo afferma appunto che, pur di garantire un intero mondo retto dai principi di pace e collaborazione, l’Italia è disposta a limitare parte della propria sovranità e ad assoggettarsi ad organizzazioni internazionali che abbiano lo scopo di garantire quei principi.

Il riferimento è chiaramente ad organizzazioni come l’ONU, nata proprio in quel periodo, il cui scopo era appunto quello di garantire la pace e la sicurezza tra le Nazioni. Ed è la stessa Carta ONU, cui l’Italia si è assoggettata per mezzo dell’art. 11 Cost., a prevedere il ricorso alla forza militare. Dice infatti l’art. 42 della Carta delle Nazioni Unite:

“Se il Consiglio di Sicurezza ritiene che le misure previste nell’articolo 41 siano inadeguate o si siano dimostrate inadeguate, esso può intraprendere, con forze aeree, navali o terrestri, ogni azione che sia necessaria per mantenere o ristabilire la pace e la sicurezza internazionale. Tale azione può comprendere dimostrazioni, blocchi ed altre operazioni mediante forze aeree, navali o terrestri di Membri delle Nazioni Unite”.

Art. 42, Carta delle Nazioni Unite

I due concetti di “guerra”

Quindi, è necessario scindere il concetto di “guerra” in due: da un lato la guerra di aggressione, di conquista, di offesa alla libertà dei popoli, la quale è vietata non solo dal diritto internazionale ma dallo stesso art. 11 Cost., che addirittura “ripudia” questo tipo di azione.

Dall’altra la guerra come strumento di difesa della libertà dei popoli aggrediti e come mezzo per ristabilire e garantire la pace, come tale non solo legittimo, ma anche promosso e disciplinato dalle stesse organizzazioni internazionali che si pongono come scopo quello di garantire la pace e alle quali siamo assoggettati proprio in virtù dell’art. 11 Cost.

Pare evidente, dunque, che la Costituzione italiana vieti e ripudi il primo concetto (“l’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa“), mentre approvi e sostenga il secondo (“acconsente alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni“).

L’invio di armi in Ucraina viola l’art. 11?

In conclusione: l’invio di armi in Ucraina viola l’art. 11 Cost.? Di fatto no, in quanto l’invio di armi e ogni forma di supporto ad un Paese invaso, e che dunque sta subendo un’offesa alla libertà del suo popolo, non solo non è affatto contrario, ma addirittura è esplicitamente promosso dal dettato dell’art. 11 Cost.

Semmai, ad essere contraria alla Costituzione è l’invasione dell’Ucraina perpetrata da Putin, dato che si tratta a tutti gli effetti di un utilizzo della guerra come “forma di offesa alla libertà di un popolo“. Quindi, per quanto possa valere, a violare l’art. 11 Cost. è piuttosto la Russia, non l’Italia; e la stessa Italia, attraverso quell’art. 11 Cost., si è vincolata ad agire con ogni mezzo per garantire un ordinamento mondiale fondato sulla pace e la sicurezza, contrastando cioè ogni azione che possa compromettere quei principi. Tra le quali, anche l’invio di armi in Ucraina e, in estrema ipotesi, perfino il ricorso alla forza militare.

P.T.

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