Breve viaggio logico all’interno del metodo scientifico

Cenni su Kuhn e le rivoluzioni scientifiche (II di III)

«È nata così la scienza moderna, figlia dello stupore e della curiosità: queste due molle segrete le assicurano sempre progressi incessanti»

Louis-Victor Pierre Raymond de Broglie

I difetti del paradigma di Kuhn

Innanzitutto, la nozione di paradigma proposta da Kuhn appare ambigua e confusa, ovvero non viene rigorosamente definita; in essa vengono confusi elementi concettuali, metodologici, strumentali e teorici.

Già questa mancanza di rigore costituisce un punto a sfavore per un’argomentazione che utilizza proprio il paradigma come una delle premesse principali per sviluppare le proprie tesi. Inoltre, in mancanza di una serie di criteri oggettivi, necessari alla valutazione dell’importanza di un cambio di paradigma (o di una rivoluzione scientifica) che si è verificato in tempi e discipline differenti, esso verrà inevitabilmente valutato in base ai “gusti personali” di chi giudica tale importanza.

È ovvio che rivoluzioni come quella copernicana o newtoniana possono essere annoverate tra gli esempi di “scienza rivoluzionaria”, ma a ben vedere anche un tale giudizio non è frutto dell’applicazione di criteri oggettivi bensì di mere intuizioni. In mancanza dei suddetti criteri, come possiamo affermare che alcune rivoluzioni sono più importanti di altre?

Il sottile confine tra “scienza normale” e “scienza rivoluzionaria”

In base a quale criterio oggettivo la rivoluzione copernicana può essere definita “rivoluzione” e quella cantoriana sui numeri transfiniti, cardinali ed ordinali invece no? Per quali ragioni le scoperte della meccanica newtoniana fanno parte della “scienza rivoluzionaria” ed i teoremi di Gödel no?

La teoria della relatività fa parte della “scienza rivoluzionaria”, ma perché allora non lo sono (o lo sono?!) anche il teorema di Bell , il principio di indeterminazione di Heisenberg , l’ equazione di Schrödinger , le leggi della termodinamica, la teoria di Galois , il teorema di Fermat , le leggi di Maxwell o di Faraday , ecc….? Per non parlare di tutte quelle scoperte inerenti alla metodologia della ricerca (modelli matematici). Dove si colloca lo “spartiacque” tra “scienza normale” e “scienza rivoluzionaria”?

È certamente corretto affermare che il mutamento di un paradigma presenta caratteristiche “rivoluzionarie” durante la “scienza rivoluzionaria”, ma non è corretto sostenere che i periodi di “scienza normale” siano privi di rivoluzioni; anzi, parrebbe che la stessa “scienza normale” presenti molto spesso al suo interno delle vere e proprie rivoluzioni proprio in senso kuhniano.

Stando a quanto scritto nel precedente capitolo sembrerebbe che la sedicente “scienza normale” sia in realtà molto più rivoluzionaria di quanto si pensi a prima vista, con mutamenti interdipendenti e profondamente correlati gli uni agli altri tali da influenzarsi vicendevolmente. Quindi, se è pur vero che la scienza non può essere considerata come un processo meramente cumulativo (visione un po’ limitata), è altrettanto vero che la fenomenologia delle rivoluzioni scientifiche è molto più complessa ed articolata di quella fornitaci da Kuhn; in particolare, la scienza può svilupparsi sia per superare le eventuali contraddizioni che emergono al suo interno che per necessarie innovazioni di carattere tecnico.

Si potrebbe argomentare che la “scienza rivoluzionaria” si palesi solo quando conferisce delle grandi modifiche alla nostra Weltanschauung, esercitando una profonda influenza su tutta la società, e che vi siano poi anche delle rivoluzioni “minori” in cui i cambiamenti possono essere apprezzati solo dagli specialisti ed addetti ai lavori.

L’errata percezione dei non addetti ai lavori

Ma anche tale classificazione appare piuttosto debole alla luce del fatto che si cerca di stabilire cosa sia “rivoluzionario” e, precisamente, quale sia una rivoluzione “maggiore” ed una “minore”, prendendo in esame le reazioni e le considerazioni dei non addetti ai lavori, che però troppo spesso non hanno neanche ben chiaro il perché una scoperta sia rivoluzionaria, o che la ritengono tale per i motivi sbagliati; basti pensare alla teoria della relatività, considerata rivoluzionaria anche dai non specialisti senza che la stragrande maggioranza di loro sappia il perché, non a caso spesso esordiscono con asserzioni del tipo: «Einstein ha dimostrato che tutto è relativo» o altre affermazioni altrettanto ingenue, mentre ignorano completamente risultati rivoluzionari proprio come i teoremi di Gödel; oppure le rivoluzioni della meccanica quantistica, considerata dai non addetti certamente rivoluzionaria, ma per motivi completamente errati: esistenza dell’anima, modifiche della realtà con il pensiero, comunicazione istantanea tra menti umane e teletrasporto, ed altre amenità che ammorbano la rete e non solo.

In tal guisa ritorniamo alla psicologia e/o sociologia della scoperta scientifica precedentemente menzionata. Ovviamente non si intende sostenere che la “scienza normale” non esista e che sia sempre rivoluzionaria, ma solo che essa va ben oltre la semplice accettazione fideistica dei paradigmi, ed in particolare è costituita da un lavoro sistematico e rigoroso di ricerca, analisi, controllo e verificazione/falsificazione, alla scoperta di altri “paradigmi” o teorie che forniscano sempre la migliore spiegazione possibile dei fenomeni osservati; tutto ciò sarebbe impossibile senza l’applicazione di procedure severe, e soprattutto critiche, sia nei confronti dei “paradigmi” esistenti che del metodo scientifico stesso.

Λόγος