La Guerra in Ucraina sta creando, oltre agli enormi danni inevitabili in caso di guerra, anche un’emergenza profughi senza precedenti.

L’emergenza profughi Ucraina ha già superato i 4 milioni di rifugiati, un numero impressionante, 5 volte superiore a quello cagionato a suo tempo dalla guerra in Jugoslavia e 3 volte il numero di rifugiati conseguenti alla crisi siriana.

I principali Paesi colpiti dall’immigrazione sono ovviamente quelli più vicini a questa tragedia umanitaria, e in particolare la Polonia che ha già ospitato e accolto più di un milione e mezzo di profughi; oltre a lei, anche Romania, Ungheria, Slovacchia, Austria, Repubblica Ceca, Estonia e Lituania stanno attualmente ospitando un buon numero di rifugiati.

Data l’emergenza, la Commissione Europea si è immediatamente attivata per organizzare l’accoglienza, con una solidarietà e una comunità di intenti che, in particolare sull’aspetto immigrazione, non c’era mai stata prima.

In effetti, il tema dell’immigrazione è sempre stato un tema sensibile per l’Unione Europea, che ha in passato visto crearsi diversi scontri e correnti tra i vari Paesi membri. Inutile ricordare la questione dell’immigrazione dal Mediterraneo che aveva spaccato letteralmente in due l’Europa tra i Paesi del sud, costretti per ragioni geografiche a farsi pieno carico dell’accoglienza e del soccorso, e i Paesi del nord – in alcuni casi proprio gli stessi che oggi si trovano sommersi dall’emergenza profughi ucraina, come Polonia e Ungheria – che hanno spesso fatto orecchie da mercante di fronte alle più che legittime richieste di aiuto da parte degli Stati più esposti ai corridoi immigratori – Italia, Spagna e Grecia su tutti -.

Forse, alcuni potrebbero chiedersi, di fronte a questo differente atteggiamento: come mai quando si tratta di accogliere immigrati dall’Africa c’è così tanta indifferenza, mentre per l’Ucraina così tanta solidarietà?

Le due situazioni, in realtà, sono alquanto diverse e forse è il caso di spiegarne le ragioni.

Emergenza profughi Ucraina e immigrazione mediterranea: le differenze

In primo luogo per l’emergenza profughi ucraina si tratta di un fenomeno non costante come quello dell’immigrazione mediterranea, nel senso che se l’immigrazione dall’Africa è un fenomeno che si verifica in continuazione, tra alti e bassi, ogni anno ormai da decenni, per l’Ucraina si tratta di una massiccia immigrazione causata da una Guerra che – si spera – avrà una durata limitata ma che è in grado, come visto, di portare in Europa un numero enorme di profughi in pochissimo tempo (per l’immigrazione dall’Africa si parla infatti di qualche migliaio di profughi ogni anno, per l’Ucraina di 4 milioni in un solo mese e mezzo). Il livello delle due emergenze, dunque, non è minimamente paragonabile.

Un altro fattore, sicuramente meno giustificabile sul piano etico ma altrettanto incidente sul piano fattuale, è la vicinanza culturale dei profughi ucraini, sicuramente più “vicini” all’Europa di quanto non lo siano gli immigrati africani. Circostanza poi ulteriormente rafforzata dal fatto che questa guerra, per la prima volta dopo decenni, la sentiamo effettivamente più “nostra” in quanto si sta verificando al centro dell’Europa, e come tale ci minaccia più da vicino e ci coinvolge in modo diretto. Così come ci coinvolgono le conseguenze, come appunto l’emergenza profughi.

In ultimo, un fattore che va tenuto in debito conto è la differente questione giuridica che sta dietro i due fenomeni.

Per quanto riguarda l’immigrazione dall’Africa, infatti, si tratta di un fenomeno come detto costante e non necessariamente legato ad una guerra, ma più spesso spinto da fattori economici e sociali. La normativa europea sull’immigrazione, ossia i celebri Accordi di Dublino – ne avevo parlato meglio qui – prevedono una diversa disciplina a seconda che l’immigrato possa godere di uno status di protezione internazionale – ossia fugga da una guerra o sia un perseguitato politico – oppure scappi dal suo Paese per ragioni economiche: nel primo caso, recitano gli Accordi, il soggetto ottiene lo status di rifugiato e viene smistato nei Paesi europei secondo criteri fissati negli accordi stessi.

Se invece non ottiene tale status, egli è costretto, per legge, a restare “nel Paese di primo approdo”. Ed è questo il problema che i Paesi mediterranei sollevano ormai da anni, nella speranza – per ora vana – di ottenere una diversa ripartizione anche dei migranti economici ed alleggerire il peso dell’immigrazione che grava per il 75% su di loro.

Per l’emergenza profughi ucraina la questione è differente: intanto perché, ovviamente, tutti possono ottenere lo status di rifugiato, fuggendo in effetti tutti quanti da una guerra ed essendo abbastanza semplice dimostrarlo; in secondo luogo, perché gli Ucraini “hanno un visto che permette loro di viaggiare nell’Ue per 90 giorni, e possono recarsi in qualsiasi paese membro decidano per chiedere poi la protezione temporanea, che dà loro uno statuto simile all’asilo, ma concesso automaticamente, sulla mera base della provenienza dal Paese invaso dai russi“.

Insomma, gli Ucraini non sono costretti a presentare la domanda nel Paese di primo approdo, poiché con il loro visto possono attraversare qualunque confine europeo e recarsi dove vogliono per 90 giorni, vantaggio che le popolazioni africane non hanno. Di conseguenza, come specifica l’attuale Commissario europeo per gli affari interni, Johansson, “Non stiamo lavorando a delle quote di redistribuzione dei profughi (…) il sistema è del tutto volontario“.

Tali circostanze rendono da un lato inevitabile uno sforzo coordinato da parte di tutti i Paesi – nessuno dei quali può infatti rifiutarsi di accogliere profughi ucraini né può fare affidamento a leggi europee che glielo consentano, come accade per l’immigrazione dall’Africa; anzi gli ucraini come visto possono spostarsi liberamente per l’UE per 90 giorni – e dall’altro opportuno e necessario, date le circostanze, individuare regole di gestione comune dell’emergenza profughi ucraina, che consenta ai vari Paesi di dare tutto il contributo che possono dare e di ricevere tutto il supporto, logistico ed economico, per poter garantire agli ucraini in fuga non solo una qualche forma di protezione internazionale, ma anche la possibilità di trovare alloggio, una scuola per i figli, un lavoro e poter tornare al più presto ad una “vita normale”, nell’attesa di vedere come si svilupperà il conflitto russo-ucraino.

P.T.

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