
Nell’eccessivo lavoro creatomi dai soliti ciarlatani del web e le solite fake news su Covid e vaccini, non avevo mai detto la mia sul DDL Zan. Per qualcuno poteva essere un sintomo del fatto che al sottoscritto il DDL Zan non interessasse, o addirittura fossi contrario alla sua approvazione. Al contrario, il motivo per cui non ho mai affrontato l’argomento, e contrastato la enorme disinformazione sul DDL Zan, era semplicemente che, a mio avviso, tale legge era talmente scontata dal punto di vista costituzionale che la sua approvazione costituiva un atto dovuto sul quale non aveva senso nemmeno scatenare un dibattito.
Questo perché, come vorrei cercare di spiegare, il DDL Zan non era altro che un normale intervento normativo per colmare una lacuna giuridica, di quelli che si fanno di consueto quando le condizioni sociali mutano alcune situazioni e realtà. Lo era, oltretutto, perché è la stessa Costituzione, in via indiretta, a stabilirlo.
Vediamo di capire cosa intendo.
Cosa dice il DDL Zan
In primo luogo, credo sia necessario fare chiarezza sul contenuto de DDL Zan, perché si è detto davvero di tutto: dal fatto che con questa legge si era obbligati a diventare gay, che avrebbero insegnato la teoria gender nelle scuole, che nessuno avrebbe più potuto dire la sua sull’omosessualità senza essere punito. Niente di tutto ciò, ovviamente.
Il DDL Zan andava semplicemente a completare un articolo del codice penale, il 604 bis, che punisce la propaganda e l’istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale e religiosa. Quindi, non un reato che punisce chi litiga con un soggetto di colore, non che obbliga un’azienda ad assumere un musulmano per forza, non che ti arresta se pensi che gli omosessuali non debbano adottare figli. No: punisce chi “istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi” o che “istiga a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi“.
Per poter essere punito con questa aggravante, dunque, bisogna commettere un fatto già previsto dalla legge come reato, ossia l’istigazione a commettere reati o la violenza (che è già reato a prescindere dal motivo per cui la fai); il DDL Zan introduceva solo una ulteriore aggravante per il caso che la violenza fosse perpetrata per motivi di discriminazione sessuale, oltre che le ipotesi già previste della discriminazione razziale o religiosa. Tutto qui.
L’ipotesi che si trattasse di una legge “liberticida” che ostacolava la libera manifestazione del pensiero, era peraltro espressamente negata dall’introduzione, nell’articolo, di un nuovo comma che sanciva:
“Ai fini della presente legge, sono fatte salve la libera espressione di convincimenti od opinioni nonché le condotte legittime riconducibili al pluralismo delle idee o alla libertà delle scelte, purché non idonee a determinare il concreto pericolo del compimento di atti discriminatori o violenti”.
Fine.
Cosa dice la Costituzione
Perché ritengo questa modifica del tutto ovvia e fisiologica? Semplice. L’art. 3 della Costituzione dice:
“Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese “
Art. 3 Costituzione
Come vedete, l’articolo sancisce il principio di uguaglianza e, di riflesso, vieta ogni forma di discriminazione fondata, tra le altre cose, non solo sulla razza e sul credo religioso, ma anche sul sesso.
Il legislatore, nel prevedere poi nel codice penale uno specifico reato sulla violenza determinata da discriminazione, ha introdotto le ipotesi di razza e religione, non inserendo quelle legate al sesso o all’orientamento sessuale. Non lo ha fatto perché, evidentemente, nel periodo in cui l’articolo è stato discusso e promulgato questa esigenza era socialmente meno sentita.
Ma l’evolvere della società muta anche determinate condizioni e situazioni. Ad esempio, la progressiva parificazione sociale di uomo e donna ha indotto il legislatore ad introdurre il concetto di violenza di genere, prima assente. Assente non in quanto in precedenza ciò non fosse già un concetto previsto dai nostri principi Costituzionali, ma semplicemente perché le condizioni sociali di allora avevano lasciato nella legge una lacuna che, con l’evoluzione sociale, è emersa ed è stata finalmente colmata.
Per le questioni legate all’omosessualità, vale lo stesso identico discorso: il divieto di discriminazione in base al sesso, previsto nell’art. 3 della Costituzione, contiene già in sé la necessità di evitare e colpire le discriminazioni legate all’orientamento sessuale, che però non erano espressamente previste nel codice penale. Col maturare di nuove condizioni sociali, ben può lo Stato – e anzi deve – provvedere ad aggiornare la normativa in base alle maturate esigenze sociali, colmando le lacune dell’ordinamento.
In questo caso specifico, infatti, si tratta di un reato, e la normativa penale è soggetta, ex art. 25 Cost., ad una riserva di legge assoluta. Nessuno può infatti essere punito per un fatto che non sia espressamente previsto dalla legge come reato, né con pene che non siano da essa previste, motivo per cui se la violenza determinata da discriminazione sessuale non è espressamente prevista nel codice penale, quell’aggravante non esiste.
In tal senso, l’art. 604 bis rischia di creare un profilo di incostituzionalità (formale e non sostanziale, in quanto la Corte Costituzionale non potrebbe comunque aggiungere un’aggravante, benché in linea con la Costituzione, perché la normativa penale può crearla solo la legge), nella parte in cui prevede un’aggravante per la discriminazione razziale e religiosa e non per quella legata al sesso, in questo modo contraddicendo il principio costituzionale di cui all’art. 3, che mette la discriminazione razziale, religiosa e sessuale sullo stesso piano.
Ecco perché, dunque, il DDL Zan non era semplicemente giusto, ma necessario ed anzi fisiologico.
La bocciatura del DDL Zan
Per queste ragioni, la bocciatura del DDL Zan ha dei risvolti assurdi nelle dinamiche politiche e sociali: a causa di una presa di posizione meramente politica, si è ostacolato – con mezzi anche piuttosto abietti, seppur previsti dal regolamento del Senato – un aggiornamento della normativa che va a tutelare maggiormente i diritti dei cittadini e che è sintomo dell’evoluzione sociale e delle coscienze.
Non si sta infatti parlando di una legge “politica”, che risponde a una qualche ideologia di parte e che, come tale, posso accettare che venga contrastata dalle altre parti politiche come sempre accade in questi casi – e come è legittimo che sia, in un sistema democratico -, ma non che, in nome della propaganda e delle ideologie politiche, si contrasti la tutela dei diritti costituzionali e si ostacoli l’evoluzione sociale. Tra l’altro con un accanimento senza senso, come se questa legge stravolgesse completamente il sistema costituzionale e il codice penale. Era solo un’inezia, un’aggiunta fisiologica, sulla quale si è creata una battaglia senza precedenti come se fosse la questione politica più impellente della storia della Repubblica.
Stupisce poi che ad esultare per questa figuraccia e a gioire per la mancata tutela di un diritto, siano gli stessi che oggi continuano ad urlare alla dittatura sanitaria che ci toglie i diritti.
Ma sì sa, la coerenza non è la loro caratteristica peculiare.
P.T.
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