Molto sta facendo parlare in questi giorni la strategia inglese sul Coronavirus. Siamo nel pieno di una pandemia senza precedenti e ogni paese cerca di correre ai ripari come può; come sapete, l’Inghilterra di Boris Johnson ha scelto di adottare una strategia che molti hanno criticato ma che molti altri appoggiano, e che infatti anche altri paesi sembrano voler seguire.

Visto il dibattito in corso, ho cercato di informarmi meglio presso gli esperti per riuscire a capire l’effettiva fattibilità della strategia inglese, con annesse opportunità e criticità. Lo scopo di questo articolo è quello di cercare di chiarire le idee ai non addetti ai lavori, cercando di spiegare le cose nel modo più semplice possibile.

Come si combatte un’epidemia se non hai un vaccino

Cominciamo col capire i termini della questione.

strategia inglese coronavirus

Un’epidemia è la diffusione di un virus tra la popolazione. Come ormai abbiamo capito, il problema del Coronavirus è che si tratta di un virus nuovo, del quale nessuno ha alcun tipo di immunizzazione o anticorpo. Per questo, anche a dispetto della bassa mortalità, il virus è capace di sconfiggere le nostre difese immunitarie e colpire gli esseri umani in modo anche grave, costringendo all’ospedalizzazione nel 20% dei casi circa.

Questo comporta il forte rischio che il sistema sanitario si saturi e non sia in grado di curare tutti, come sta avvenendo in Italia.

Inoltre, sappiamo anche che la produzione di un vaccino richiede molto tempo tra elaborazione, sperimentazione e trials, motivo per cui è necessario trovare contromisure contingenti in attesa che un vaccino sia disponibile per tutti.

Come fare allora per ostacolare il contagio e limitare i danni?

In generale, esistono due sole alternative. Per facilitare la spiegazione, userò come esempio l’ipotesi di un virus che colpisce un bestiame di mucche.

Partiamo dunque dal presupposto che il bestiame abbia 100 mucche e 2 si infettino di un determinato virus.

La soluzione italo-cinese

La prima soluzione è quella di isolare ogni singola mucca nella sua stalla, evitando il contatto con tutte le altre. Così facendo, le due mucche infettate moriranno, ma le altre ne usciranno indenni perché non verranno contagiate.

Di fatto, avrò perso 2 mucche, che potrò sostituire con altre due, ma la produzione di latte non subirà una forte diminuzione, e riuscirò nel tempo a tornare “a regime” grazie alle due nuove mucche.

La strategia offre dunque una soluzione immediata con un danno ridotto al minimo.

C’è un problema, però: il virus molto probabilmente si ripresenterà dopo alcuni mesi, quando le condizioni climatiche lo renderanno di nuovo aggressivo (come accade per il virus influenzale); a quel punto, sarò costretto a isolare di nuovo tutte le mucche, perché ognuna di loro sarà esposta al rischio di contagio, sia le due nuove che quelle vecchie.

Detto banalmente, questa strategia limita i danni iniziali ma costringe l’allevatore a intervenire ogni volta che il virus si ripresenta, uccidendo potenzialmente 2 o più mucche ogni volta e dovendo costantemente investire per garantire l’isolamento, con conseguente diminuzione della produzione di latte.

La strategia inglese

Per ovviare a questo problema esiste un’altra strategia.

Potrei cioè lasciare circolare il virus tra le mie mucche senza isolarle; così facendo, a morire non saranno solo 2 mucche, ma magari 8, mentre in ipotesi altre 12 produrranno meno latte perché malate, danneggiando profondamente la mia produzione di latte.

strategia inglese coronavirus

Tuttavia, le mucche che sopravviveranno al virus svilupperanno degli anticorpi contro di esso. Sostituendo quindi le 20 mucche morte/malate con altre nuove, mi troverò con 80 mucche immunizzate dal virus e 20 esposte. In questo modo, alla seconda ondata del virus le 20 mucche non immunizzate saranno protette dall’immunità di gregge creata dalle altre 80, che permetteranno al virus di non circolare neppure tra le altre 20 mucche nuove.

Così facendo, il mio danno iniziale sarà più alto, ma non dovrò più temere epidemie future perché le mie mucche saranno immunizzate, e questo mi risparmierà molti costi e perdite future.

Le due strategie e il Coronavirus

Applichiamo ora le due strategie al Sars-Cov-2.

Come visto, il virus ha una letalità che si aggira tra il 2 e il 3% e un tasso di ospedalizzazione del 20%. Inoltre, sappiamo che la letalità è per il 97% concentrata sugli over 69 mentre l’ospedalizzazione è più varia – non ho i dati specifici perché su internet sono introvabili, ma possiamo fare una stima e considerare che i ricoveri riguardino nel 90% dei casi gli over 69 e nel 10% dei casi tutti gli altri -. Teniamo a mente questi dati.

In Italia

Partendo da questi numeri, possiamo iniziare a verificare la strategia italiana, finalizzata all’isolamento per impedire al virus di circolare, limitando così al massimo il numero dei casi, quindi le ospedalizzazioni e le morti. Lo scopo in questo caso è quello di riuscire a spalmare i contagi su un periodo di tempo più lungo e abbassando la curva dei contagi (e quindi delle ospedalizzazioni) sotto il limite massimo di posti per terapia intensiva, evitando il collasso del sistema sanitario (qui per un approfondimento).

Come visto, questa soluzione offre una soluzione immediata a fronte di un costo medio conseguente alla chiusura di molte attività, ma ci lascia esposti ad una successiva ondata, che potrebbe fare gli stessi danni della prima dal momento che, così facendo, non si raggiungerebbe un’immunità di gregge e quindi la popolazione resterebbe esposta anche in futuro.

Questo è peraltro quel che è accaduto con la Spagnola nel 1918-1919.

Curva dei morti per influenza spagnola (1918-1919)

In Inghilterra

Gli inglesi hanno quindi pensato di adottare l’altra strategia – come potete vedere in questa intervista -: mettere in quarantena solo le persone più a rischio – ossia gli over 69 – così da non fermare la produzione nazionale – gli over 69 sono pensionati, quindi non lavorano – e lasciare che il virus contagi solo la popolazione lavorante, che avrà perdite minime e in compenso svilupperà un’immunità di gregge capace, alla seconda ondata, di proteggere anche i soggetti a rischio senza prendere nuove misure di contenimento.

Le criticità della strategia inglese sul Coronavirus

La strategia inglese sul Coronavirus sembra essere in effetti piuttosto efficace e meno “dolorosa”. Tuttavia, essa non tiene conto di alcuni elementi fondamentali, che di fatto finiscono per annullarla completamente.

  • Non esiste ad oggi alcuna prova che il nostro sistema immunitario sia in grado di sviluppare un’immunità al virus. Come risulta da alcuni casi accertati – qui uno – il virus si può prendere una seconda volta, quindi non siamo ancora in grado di stabilire se sia possibile sviluppare un’immunità di gregge. Questo rende la strategia inglese un azzardo bello e buono;
  • L’ipotesi di isolare solo gli anziani è suggestiva, ma difficilmente praticabile. Di fatto buona fetta della popolazione anziana ha bisogno di assistenza continua e avrebbe comunque bisogno di fare la spesa e accedere ai beni di prima necessità. Quindi non sarebbe comunque possibile isolarla completamente dal resto del paese, e di conseguenza i rischi che gli over 69 contraggano il virus potranno essere ridotti, ma non annullati del tutto;
  • Inoltre, la stima del 10% di ricoverati under 69 vale in paesi come il nostro, dove vige una quarantena generale. In un paese dove tutti lavorano, vanno a scuola, al bar, nei ristoranti e nei luoghi affollati in generale il numero di contagiati in età lavorativa crescerebbe esponenzialmente rispetto al nostro, e di conseguenza crescerebbe esponenzialmente il numero di ricoverati. Basandoci su quella stima, infatti, ad oggi abbiamo in Italia circa 180 under 69 ricoverati su 1800 totali; ma se gli under 69 fossero tutti liberi di andare in giro a contagiarsi a vicenda, i ricoverati potrebbero essere anche dieci volte tanto.

Queste considerazioni ci portano a due conclusioni:

  • La strategia non assicura affatto che il sistema sanitario non collassi, perché ad oggi non abbiamo dati effettivi su cosa accadrebbe se il virus circolasse senza quarantena. Questo competerebbe sul breve termine lo stesso danno – se non maggiore – di quello accettato da chi adotta la strategia italiana;
  • La strategia non assicura neppure alcun tipo di garanzia sul lungo termine, poiché se l’immunità effettivamente non si forma, alla seconda ondata i danni sarebbero gli stessi che subirebbe chi adotta la strategia opposta, con la differenza che nella prima ondata i danni subiti sarebbero enormemente più alti che per la strategia di contenimento.

Ecco perché la strategia inglese sul Coronavirus non può funzionare: secondo le stime degli esperti, una pianificazione del genere potrebbe anzi portare da un minimo di 150 mila ad un massimo di 500 mila morti, senza contare gli eventuali decessi ulteriori a causa della saturazione del sistema sanitario; laddove, nel nostro caso, le ipotesi più pessimistiche parlano di 30 mila morti (un quinto in meno rispetto all’ipotesi più ottimistica inglese). E tutto questo solo nella prima ondata, perché il numero potrebbe raddoppiare il prossimo inverno.

E a quanto pare, a dispetto di tutti i pseudo esperti e vari opinionisti che hanno elogiato questa idea, lo stesso Johnson, evidentemente spaventato dai numeri in aumento o consigliato meglio da chi conosce queste cose, pare aver fatto marcia indietro, mutando strategia.

Ci sono però altri paesi che sembrano voler intraprendere la strategia inglese sul Coronavirus, come la Svezia e altri paesi scandinavi. Mi auguro personalmente che, con l’arrivo del virus, questi paesi si ricredano e si fidino solo delle evidenze scientifiche e non delle mere congetture.

C’è poco da azzardare: non parliamo di bestiame, ma di esseri umani.

P.T.