Oggi, 19 ottobre, è l’anniversario di una delle più importanti battaglie della nostra storia: questo stesso giorno del lontano 202 a.C., infatti, Roma e Cartagine si sfidarono nella celebre battaglia di Zama, che chiuse definitivamente la Seconda Guerra Punica.
Si tratta di una delle battaglie più importanti della storia. Non solo perché concluse quel singolo conflitto, ma anche perché segnò la sconfitta definitiva della civiltà Cartaginese, assegnando ufficialmente il destino del Mediterraneo nelle mani di Roma. Sarà proprio grazie alla sconfitta dell’eterno rivale cartaginese che, infatti, si porranno le basi del futuro impero romano. Il che significa che se Scipione non avesse vinto a Zama, molto probabilmente non avremmo avuto l’Impero Romano, il Medioevo e tutto ciò che ne è conseguito, compreso l’attuale assetto politico-culturale europeo.
Inoltre, la battaglia di Zama fu lo scontro tra i due migliori generali del loro tempo, Annibale e Scipione; due personaggi che avrebbero cambiato il concetto stesso di “battaglia campale”, ideando strategie che saranno alla base della tattica militare almeno fino a Napoleone e all’invenzione della polvere da sparo.
Uno scontro tra titani che vedrà l’allievo (Scipione) affrontare il maestro (Annibale) per decidere le sorti dell’intero Mediterraneo.
Per capire a fondo lo svolgimento di questa incredibile battaglia, e comprendere davvero le capacità dei due generali, sono però necessarie alcune brevi premesse.
Dalla battaglia “frontale” alla strategia dell’accerchiamento
Prima di Annibale, la tradizione militare antica si reggeva su una modalità di combattimento, mutuata in tutto il mondo dai greci, che si fondava sullo scontro delle due fanterie. Esse si affrontavano “linea contro linea”, e lo scopo era lo sfondamento del centro dello schieramento nemico, così da “spezzarlo in due” e metterlo in rotta.
In pratica, i due eserciti si presentavano uno di fronte all’altro con una o più linee di fanteria al centro, che si sarebbero scontrate frontalmente, e da due ali di cavalleria, che avevano il solo scopo di proteggere i fianchi delle fanterie e dare la caccia ai fuggiaschi una volta chiusa la battaglia.
Dal momento che lo scopo era sfondare il centro nemico, era proprio al centro che gli eserciti schieravano i loro uomini migliori e armati alla pesante.
Fu Annibale il primo ad elaborare un sistema completamente diverso di condurre una battaglia; egli sfruttò la capacità della cavalleria di muoversi sul campo di battaglia non semplicemente per proteggere i fianchi, ma per accerchiare la fanteria nemica, così da stringerla in una morsa letale e massacrare l’esercito nemico.
Per questo, Annibale modificò lo schieramento base dell’esercito, mettendo al centro la fanteria leggera, così da “subire” l’impatto nemico e fargli concentrare l’attacco al centro, ed aumentando il numero di cavalieri, così da assicurarsi la superiorità sulle ali, garantirsi la possibilità di scoprire i fianchi della fanteria nemica e usare così la stessa cavalleria, o in alternativa la fanteria pesante schierata ai lati, per accerchiare il nemico e sterminarlo.
Questa tattica, che decine di migliaia di morti fece ai romani durante la Seconda Guerra Punica, fu poi copiata e perfezionata dallo stesso Scipione. Egli scoprì peraltro che le legioni romane erano addirittura più adatte delle fanterie cartaginesi per realizzare quella tecnica. E per ovvie ragioni non vedeva l’ora di provarla contro il suo maestro, dimostrandosi a lui superiore.
Gli antefatti
Mentre negli ultimi anni Annibale era rimasto bloccato in Italia contro un nemico che evitava in ogni modo di combatterlo, e sconfitto l’esercito di suo fratello Asdrubale al Metauro, che aveva cercato di portare rinforzi ad Annibale seguendone il tragitto attraverso le Alpi, Scipione ne aveva approfittato per sottomettere la Spagna, ricacciando i cartaginesi in Africa; in seguito, aveva allestito un nuovo esercito col quale era riuscito a crearsi una testa di ponte in continente africano, minacciando direttamente Cartagine.
Messa alle strette, Cartagine richiamò così Annibale in Africa, per sconfiggere i romani e salvare il salvabile. Il generale cartaginese si portò così dietro i suoi veterani, i mercenari inviatigli dall’altro fratello Magone – anch’egli morto sulla nave che lo stava riportando in Africa -, i coscritti cartaginesi e gli 80 elefanti forniti dalla madrepatria, e si fece incontro al nemico.
I due eserciti si studiarono per molti giorni, prima di venire alla giornata in una piana non lontano dal villaggio di Naraggarah, dando il via alla battaglia di Zama.
Gli schieramenti
Vediamo allora gli schieramenti dei due eserciti e l’effettiva consistenza delle rispettive truppe.
Roma
Scipione si presenta a Zama forte di circa 30 mila uomini di fanteria e quasi 6 mila cavalieri, così composti:
- in prima fila gli hastati; fanteria leggera composta in gran parte dai reduci della battaglia di Canne, soldati che dopo la sconfitta erano stati coperti di vergogna e disonore, e puniti dal Senato con il divieto di rimettere piede a Roma. Soldati che Scipione aveva scelto proprio per il loro grande desiderio di riscatto;
- in seconda fila i Principes, fanteria pesante;
- in terza fila i Tiarii, fanteria pesante con più anni di servizio;
- di fronte alla prima linea i veliti, fanteria leggera da tiro armata di giavellotti;
- sull’ala sinistra la cavalleria romana guidata da Gaio Lelio;
- sull’ala destra la cavalleria numida guidata da Massinissa.
Cartagine
Annibale, di contro, si presenta sul campo di battaglia con un esercito numericamente superiore, ma tatticamente in svantaggio, come vedremo:
- Di fronte alle tre linee di fanteria, Annibale schiera i suoi 80 elefanti da guerra;
- in prima linea circa 12.000 mercenari, radunati da Magone prima di morire;
- nella seconda linea 15.000 coscritti cartaginesi, fanteria leggera di cittadini volontari;
- in terza linea i 15.000 veterani d’Italia, reduci dalla campagna annibalica in Italia;
- sull’ala sinistra, la cavalleria numida guidata da Siface;
- sull’ala destra, la cavalleria cartaginese.
Le condizioni di vittoria della battaglia di Zama
Come anticipato, entrambi i generali adottavano la strategia dell’accerchiamento; una simile tattica, però, richiede necessariamente la superiorità sulle ali, perché solo liberando i fianchi dello schieramento nemico è possibile operare la “manovra avvolgente”.
Nel caso di Zama, Annibale era perfettamente consapevole di essere, per la prima volta dall’inizio della guerra, in netta inferiorità numerica sulle ali. Scipione, infatti, era riuscito a portare dalla sua parte i seguaci di Massinissa, aspirante al trono dei numidi, che gli aveva fornito un buon numero di cavalieri. Annibale aveva cercato con ogni mezzo, nei giorni precedenti, di ostacolare l’arrivo di Massinissa a Zama, senza riuscirci.
Di conseguenza, Annibale era consapevole del fatto che il suo esercito non potesse sfruttare la tattica da lui ideata. Al contrario, Scipione aveva tutti i requisiti per poterla usare contro di lui.
Se dunque a Scipione sarebbe bastato sfruttare la superirità numerica della cavalleria per liberare i fianchi del nemico ed accerchiarlo con la sua fanteria pesante, Annibale non aveva alcuna altra scelta che adoperare una strategia che gli pertmettesse di trasformare una battaglia “dinamica” in una battaglia “statica”. Lo scopo era cioè costringere Scipione ad affrontare il suo esercito secondo il “vecchio stile”, ossia una battaglia fronte contro fronte in cui la vittoria si giocasse al centro e non sulle ali.
Un’impresa immensa, ma che come vedremo Annibale risucì a portare a termine in modo impeccabile.
Ma procediamo con ordine.
La battaglia di Zama: svolgimento
Prima fase: l’attacco degli elefanti
Nella battaglia di Zama a fare la prima mossa è lo stesso Annibale; forte dell’arma di sfondamento più potente del mondo antico – gli elefanti – la sua idea era di iniziare subito scatenando i pachidermi contro la prima linea romana, allo scopo sia di seminare caos e confusione nelle fila nemiche, sia di sfaldare e mettere in difficoltà la prima linea, scompaginandola ed approfittandone per caricare con la sua fanteria in una posizione di vantaggio.
Ma Scipione ha già avuto modo di studiare gli elefanti durante le precedenti battaglie, rilevandone i difetti e trovando le giuste contromisure.
Gli elefanti, infatti, per quanto possenti e pericolosi, sono difficili da addomesticare, si imbizzarriscono facilmente in presenza di caos e forti rumori, e soprattutto una volta imbizzarriti diventa impossibile domarli.
Forte di queste consapevolezze, Scipione aveva ideato una strategia geniale per rendere l’attacco dei pachidermi del tutto innocuo.
Come vedete nella Figura 1, Scipione aveva schierato i suoi uomini in modo non consueto per le legioni romane; di solito, le legioni si schieravano “a scacchiera”, per consentire il continuo ricambio di forze in prima linea così da mandare allo scontro sempre truppe fresche. A Zama, invece, Scipione schierò i manipoli in colonna, uno dietro l’altro, lasciando dei corridoi tra gli stessi che sarebbero serviti come “sfogo” per gli elefanti. Schierando poi i veliti davanti alla fanteria, in un’unica linea continua, aveva nascosto ad Annibale la nuova formazione, per evitare che prendesse eventuali contromisure dell’ultimo minuto.
Infine, Scipione aveva dotato gli uomini della prima linea di alcuni corni, coi quale fare un gran rumore per spaventare gli elefanti.
La strategia funziona: non appena gli elefanti si avvicinano ai romani, i veliti si rifugiano tra le linee amiche e scoprono la reale formazione dell’esercito; il gran fracasso dei corni e le urla dei soldati spaventano gli elefanti che cercano di infilarsi nei corridoi tra i manipoli; una volta in mezzo alle linee nemiche, i veliti bersagliano gli elefanti coi loro giavellotti, facendone fuori la maggior parte.
L’arma segreta di Annibale, necessaria per sfoltire l’esercito nemico e metterlo in difficoltà dalle prime battute, viene completamente neutralizzata senza che faccia alcun danno rilevante.
Scipione 1, Annibale 0.
Seconda fase: le cavallerie
La strategia di Scipione non si limita però a neutralizzare l’attacco degli elefanti; accade infatti che alcuni elefanti sul lato sinistro cartaginese dello scontro, spaventati dai rumori dei corni, anziché infilarsi nei corridoi tra i manipoli fanno dietro-front, scappando proprio in direzione della cavalleria numidica di Siface.
Questa, per evitare di venire schiacciata, è costretta a rompere le righe per far passare i pachidermi. Massinissa, nel vedere la cavalleria nemica in difficoltà, decide che è il momento propizio per caricare i suoi rivali. Gaio Lelio, vedendo Massinissa partire alla carica, decide di fare lo stesso.
Ma qui accade qualcosa che Scipione non si aspetta. Non appena le cavallerie romane partono all’attacco, le cavallerie cartaginesi si voltano e fuggono come in ritirata, allontanandosi dal campo di battaglia a folle velocità. Massinissa e Lelio si lanciano all’inseguimento, uscendo dal campo di battaglia.
Probabilmente Scipione non fa subito molto caso a questa stranezza, ancora impegnato a far ricompattare le sue truppe su tre linee continue dopo aver fatto sfogare gli elefanti. Ma dovrà fare i conti con questa circostanza, più avanti nella battaglia.
In effetti, non si è trattata di una ritirata; un simile ordine gli era stato impartito da Annibale come parte integrante della sua strategia per vincere la battaglia di Zama.
Sapendo che la vera forza di Scipione stava nella superiorità sulle ali, Annibale pensò che l’unico modo per vincere fosse fare in modo che la cavalleria nemica stesse il più lontano possibile dalla battaglia, per concedergli il tempo di sviluppare la sua manovra strategica. Sapeva che la sua cavalleria, inferiore per numero, avrebbe perso lo scontro; meglio era allora che andassero a perdere il più lontano possibile da lì, così da tenere impegnata la cavalleria nemica a chilometri di distanza, guadagnando tempo prezioso.
Scipione 1, Annibale 1.
Terza fase: le fanterie
Hastati vs mercenari
Allontanatesi le cavallerie dalla battaglia e sfogati gli elefanti, finalmente si entra nel vivo della battaglia: le due fanterie avanzano una verso l’altra fino a che gli hastati e i mercenari non vengono allo scontro.
Gli hastati si battono da subito con un’irruenza spaventosa, quasi fossero indemoniati; devono riscattare l’onore perduto a Canne e rivalutare il loro nome. Per loro, non esiste alternativa: o si vince, o si muore. Mai accetterebbero di tornare in patria nuovamente sconfitti.
I mercenari, travolti dall’impeto degli hastati, ben presto si decidono a battere in ritirata per salvarsi la vita – chi combatte per soldi sa che se muore non viene pagato – ma nel tentativo di ripiegare si ritrovano la linea dei coscritti cartaginesi che sta avanzando proprio dietro di loro; si trovano così schiacciati da ambo i lati e ne nasce addirittura una baruffa con gli stessi cartaginesi, che cercano di costringere con la forza i mercenari a riprendere la formazione e ricominciare a combattere.
Nel mezzo del caos, gli hastati ne approfittano per caricare anche la seconda linea, composta ora dai coscritti cartaginesi e da quella parte di mercenari che, impossibilitataba fuggire, si ritrova costretta a riprendere le armi.
Scipione 2, Annibale 1.
Hastati vs coscritti cartaginesi
Gli hastati continuano a battersi con coraggio e valore anche contro la seconda linea, tecnicamente meno addestrata ma disposta, più dei mercenari, a resistere a oltranza.
Abbattura la prima linea cartaginese, Scipione decide così di cogliere l’occasione per avviare la manovra di accerchiamento, spostando i Principes e i Triari sui lati per attaccare le due linee cartaginesi ai fianchi.
Ma ancora una volta, accade qualcosa che Scipione non si aspetta.
Il fallimento della manovra avvolgente
Naturalmente, la strategia di accerchiamento l’aveva inventata Annibale, e come tale ne conosceva sia i pregi che i difetti. Per questo, aveva in serbo un’altra tattica per scongiurare l’accerchiamento del nemico, un’operazione tanto efficace quanto banale. Annibale aveva infatti schierato la sua terza linea di veterani a circa 200 metri di distanza dalla seconda, lasciando tra le due un “vuoto” che l’esercito romano non sarebbe stato in grado di colmare.
In sostanza, i romani potevano riuscire ad accerchiare solo la seconda linea, ma così facendo avrebbero rischiato di ritrovarsi a loro volta accerchiati dai veterani. Con due semplici mosse preventive – l’allontanamento delle cavallerie e il posizionamento arretrato dei veterani – Annibale aveva così annullato il vantaggio strategico di Scipione.
Scipione 2, Annibale 2.
Lo scontro frontale
Il generale romano, che a quel punto immagino abbia imprecato tutti gli dei conosciuti, si vede così costretto ad abbandonare i suoi propositi ed attendere il cedimento della linea dei coscritti per poter ritentare l’accerchiamento nei soli confronti della terza linea di Annibale. Posiziona dunque le sue fanterie pesanti ai lati degli hastati, in attesa che la linea cartaginese ceda.
Ma a quel punto, Annibale opera una strategia letteralmente geniale, che ribalta le condizioni dello scontro e che quindi vale la pena analizzare nel dettaglio.
Mentre Scipione riorganizza le sue truppe e gli hastati sono sul punto di far crollare anche la seconda linea, Annibale richiama i suoi uomini in ritirata, e fa posizionare i cartaginesi, dividendoli in due gruppi ai lati dei suoi veterani; crea così un’unica linea lunghissima, come tale inaccerchiabile dai romani – che oltretutto sono in inferiorità numerica – costringendo Scipione allo scontro frontale.
Ma non è solo questo.
Annibale ribalta la situazione
Come abbiamo detto in precedenza, in uno scontro “tradizionale”, fronte contro fronte, la condizione di vittoria consiste nello sfondamento del centro nemico.
A seguito delle varie manovre analizzate sino ad ora, in gran parte progettate dallo stesso Annibale, la situazione che si crea è la seguente.
Costretto dalle circostanze, Scipione si avvia allo scontro finale con la fanteria pesante – principes e triarii – ai lati dello schieramento, mentre al centro ha ancora gli hastati, soldati che stanno dando il meglio ma che comunque combattono ormai senza sosta da ore e sono sfiancati, feriti, affaticati.
Annibale, invece, grazie alla sua manovra si ritrova con le fanterie leggere ai lati e i suoi veterani al centro, uomini che non solo sono armati alla pesante, hanno 15 anni di esperienza di combattimento con Annibale alle spalle e sono certamente l’unità di più preparata di tutta la battaglia; essi sono anche carichi e freschi, non avendo fino a quel momento mosso un solo dito.
Per Scipione si mette male.
Scipione 2, Annibale 3.
La fase finale della battaglia di Zama: una lotta contro il tempo
Le contromosse di Annibale all’evidente superiorità del nemico erano quindi riuscite non solo a pareggiare i conti, ma addirittura a ribaltare il vantaggio startegico in favore di Cartagine. Una situazione impensabile all’alba della battaglia di Zama, che in base alle forze in campo doveva essere vinta da Roma a mani basse.
Ora, coi veterani d’Italia a spingere il centro dello schieramento romano, composto da una fanteria leggera che, per quanto molto motivata, era stanca, ferita e in inferiorità numerica, Scipione rischia seriamente di vedere il suo esercito andare in rotta, segnando una rovinosa sconfitta. Credo che a quel punto Scipione abbia riconosciuto, in cuor suo, che il maestro gli era ancora superiore per doti tattiche ed esperienza in battaglia.
Ma la battaglia non era ancora finita e Scipione aveva, dalla sua, ancora un’arma da giocarsi: la cavalleria.
Questa era infatti stata allontanata con uno stratagemma dal campo di battaglia, ma prima o poi avrebbe avuto la meglio su quella cartaginese e avrebbe fatto ritorno, aggredendo i veterani d’Italia da tergo, scompaginando e massacrando l’intera fanteria nemica.
Era uno scontro contro il tempo: da un lato Annibale sperava che la sua cavalleria resistesse abbastanza a lungo da permettere ai suoi veterani di sfondare il centro nemico prima che la cavalleria romana tornasse sul campo di battaglia; dall’altra Scipione sperava che i suoi valorosi hastati facessero l’ultimo sforzo per tenere in piedi il centro dello schieramento, per permettere alla sua cavalleria di tornare in tempo.
L’intera battaglia è dunque, nelle sue fasi finali, essenzialmente in mano agli hastati, che devono resistere.
La fine della battaglia di Zama
E gli hastati resisteranno, dando ragione alle previsioni di Scipione che li aveva arruolati proprio in virtù dello sprezzo della morte che avevano maturato a causa del disonore subito a Canne; uno sprezzo che, forse, Annibale aveva eccessivamente sottovalutato.
Scipione 3, Annibale 3.
Ma una battaglia non può finire in pareggio; e mentre Annibale ha esaurito tutte le sue (limitate) risorse, Scipione può ancora permettersi di attendere la cavalleria, che di lì a poco arriverà.
Quando Annibale sentirà un gran fragore provenire da dietro di lui, proprio quando i veterani sembravano essere sul punto di sfondare, egli si volterà indietro, vedrà un polverone alzarsi dalla sabbia all’orizzonte, e capirà.
La cavalleria romana sta tornando; la battaglia di Zama è perduta; la guerra punica è finita.
Scipione 4, Annibale 3.
Nella battaglia di Zama, 24.000 cartaginesi rimarranno uccisi e 15.000 saranno fatti prigionieri; i romani perderanno appena 1.500 uomini.
Roma si era appena aperta una porta verso il dominio nel Mediterraneo, mentre Cartagine aveva firmato il suo triste destino.
P.T.
- Polibio / Storie
- Livio / Ab urbe condita
- Brizzi / Scipione e Annibale. La guerra per salvare Roma
- Brizzi / Annibale