C’è vita nell’universo?” è probabilmente la domanda più affascinante, interessante e importante che gli esseri umani si siano mai posti nella loro intera esistenza. E mai come in quest’ultimo decennio ci siamo adoperati per poter dare concretamente una risposta.

Da anni abbiamo telescopi super-tecnologici che scrutano i più remoti angoli della galassia alla ricerca di pianeti che possano offrire le giuste condizioni per la vita; elaboriamo modelli e criteri per individuarli; usiamo tutte le risorse a nostra disposizione per riuscire a capire la composizione di quei pianeti e ipotizzare se possano o meno ospitare la vita.

Lo facciamo ben sapendo che, ad oggi, non disponiamo neanche lontanamente della tecnologia per poter eventualmente raggiungere uno di quei corpi celesti, anche solo con una sonda, per poterli osservare da vicino e verificare concretamente le nostre ipotesi.

Gli astrofici e gli astrobiologi – abbiamo oggi addirittura una branca della fisica che si occupa proprio della vita extra-terrestre – sanno bene che, se anche trovassimo un pianeta abitabile e potenzialmente abitato, non avremmo comunque modo di raggiungerlo. L’universo è semplicemente troppo grande, molto al di là della nostra portata.

E se invece la vita fosse molto più vicina di quanto pensiamo?

Per quanto possa sembrare probabilisticamente assurdo, e per quanto se ne parli fin troppo poco all’opinione pubblica, la cosa davvero stupefacente è che il corpo celeste che riteniamo ad oggi il più papabile ad ospitare la vita aliena non è affatto in un angolo sperduto nell’universo, ma è proprio dietro l’angolo, addirittura nel nostro sistema solare.

Il miglior candidato alla vita che conosciamo

Stiamo parlando di Encelado, una delle lune di Saturno. Si tratta dunque non solo di un corpo celeste materialmente raggiungibile, ma che abbiamo già raggiunto – e superato -, oltre che analizzato piuttosto nel dettaglio.

A visionarlo per la prima volta è stata infatti la sonda Voyager 1, che si trova oggi fuori dal nostro sistema solare, e poi anche la Voyager 2, che ne ha scandagliato meglio la superficie scoprendone numerosi crateri da impatto.

Encelado

Ma è stata la sonda Cassini la prima a fornirci dati dettagliati su questo corpo celeste: in particolare, la sonda ha rilevato un’intensa attività geologica e ha potuto analizzare meglio la sua superficie, scoprendo già nel 2004 la presenza di vapore acqueo, sprigionato dalla superficie per mezzo di potenti “geyser” che sparano l’acqua fuori dalla sua atmosfera attraverso delle crepe nella sua superficie.

Le analisi successive hanno poi confermato l’abbondanza di acqua, candidando Encelado di diritto a potenziale pianeta abitabile.

Come è fatto Encelado

Encelado

Encelado è un piccolo satellite di appena 505 km di diametro (un settimo della Luna, per capirci). La sua conformazione geologica è estremamente interessante: essa presenta una superficie ghiacciata, che su uno dei due emisferi è relativamente giovane – 100 milioni di anni circa -, chiaro segno della sua attività geologica costante.

Encelado

Al di sotto della superficie ghiacciata c’è invece un enorme oceano di acqua, mentre la zona più interna è costituita da un nucleo caldo e poroso. Proprio il contatto tra il calore del nucleo e l’oceano di acqua è la ragione che dà vita a questi enormi “sbuffi” di acqua che esplodono dalle crepe del ghiaccio in superficie, osservati dalla sonda Cassini.

Encelado

Encelado: tutti gli elementi per la vita

La presenza di acqua a contatto con un nucleo caldo è estremamente importante per consentire la vita per come la conosciamo. Una delle teorie più accreditate sulla nascita della vita sulla Terra, infatti, prevede proprio un modello di questo tipo: il magma fuoriuscente dagli strati più interni del nostro pianeta, capaci di generare molta energia attraverso il calore, entrando a contatto con gli abissi oceanici – ricchi di carbonio, ossigeno, azoto e idrogeno -avrebbero infatti posto le basi per la nascita dei composti organici più elementari e poi degli amminoacidi, che sono la base delle proteine.

E se queste stesse circostanze si fossero determinate anche su Encelado?

Per saperlo, era necessario scoprire meglio la composizione del corpo celeste, per capire se anche su Encelado vi fossero le basi di quei composti organici presenti anche sulla Terra.

A dare una risposta, sono stati i preziosissimi dati forniti ancora una volta dalla sonda Cassini, tutt’ora in via di “decriptazione” dagli esperti della NASA a seguito del “suicidio programmato” della sonda sulla superficie di Saturno, avvenuta il 15 settembre 2017.

Già dai dati che avevamo raccolto negli anni scorsi Nozair Khawaja aveva infatti avuto contezza che sulla superficie di Encelado ci fossero grosse molecole organiche – composte cioè da carbonio e idrogeno -; esse erano però insolubili, mentre la solubilità in acqua è un requisito essenziale per consentire quei processi che, per le nostre conoscenze almeno, sarebbero essenziali per la vita.

Lo scorso ottobre, però, l’analisi di nuovi dati della sonda ci hanno consentito di confermare che nell’oceano di Encelado vi sarebbe abbondanza di molecole organiche semplici, composte da ossigeno e azoto, ossia la base degli amminoacidi.

Se così è, significa che su Encelado vi è la seria possibilità che l’energia data dal calore del nucleo, a contatto con l’acqua ricca di ossigeno e azoto, possa favorire quei processi che contribuirebbero alla creazione degli amminoacidi e quindi delle proteine, cioè della vita.

Nuove spedizioni su Encelado?

Abbiamo modo di capirne di più?

Ovviamente sì. Dobbiamo infatti considerare che tutte le informazioni e i dati che abbiamo acquisito, e che ci hanno portato a queste conclusioni, ci sono stati forniti da una sonda assemblata negli anni ’90, e che era stata oltretutto progettata per fare tutt’altro, ossia esaminare gli anelli di Saturno. La strumentazione di cui disponeva era quindi studiata per fare analisi diverse dal ricercare molecole organiche, e si trattava di una tecnologia ormai ampiamente superata.

Gli strumenti a nostra disposizione oggi sarebbero perfettamente in grado di darci una risposta definitiva su cosa realmente ci sia su Encelado. Inoltre, Encelado dista appena 1 miliardo di km dalla Terra, che detto così appare una distanza abissale ma che, rapportata ai criteri dell’universo, è davvero ad un tiro di schioppo.

Non ci sarebbe quindi nessun problema a preparare una nuova sonda e inviarla su Encelado; ad oggi, però, non risulta che alcuna agenzia spaziale stia progettando una nuova missione sulla luna di Saturno. Il che appare abbastanza paradossale, vista l’enorme quantità di risorse che stiamo investendo proprio nella ricerca di esopianeti abitabili.

Cerchiamo la vita “a casaccio” in giro per la galassia, e ignoriamo un corpo celeste in cui la vita sembra essere estremamente probabile e che sta dentro il nostro stesso sistema solare.

Ma noi umani siamo così.

Siamo davvero soli?

Questa scoperta mi fornisce lo spunto per una riflessione finale.

Da tempo ci interroghiamo su quanto possa essere probabile la vita nell’universo, nel tentativo di scoprire se la Terra sia un’esperienza unica, rara o invece piuttosto diffusa. In tanti hanno provato a speculare su questo dilemma, elaborando pensieri, concetti ed equazioni, come quella di Drake.

Equazione di Drake

Proprio quest’ultima equazione, peraltro, mostrerebbe l’enorme mole di variabili necessarie per consentire la vita, rendendola estremamente difficile da trovare nonostante l’enormità dell’universo. E di questo avviso sembra essere la maggioranza degli astrofisici.

D’altro canto, però, stiamo contemporaneamente riscontrando che già solo nel nostro sistema solare abbiamo individuato almeno tre corpi celesti in cui la vita c’è – la Terra – potrebbe esserci stata – Marte – e potrebbe potenzialmente esserci – Encelado. Il fatto di avere tre esempi solo nel nostro sistema solare dimostra che le variabili indicate nell’equazione di Drake non sono poi così rare.

Se consideriamo che nell’universo ci sono migliaia di miliardi di sistemi solari come il nostro, forse dovremmo cominciare a ragionare come se la vita aliena non fosse semplicemente probabile, ma quasi una certezza.

P.T.