In questi giorni, in particolare dopo l’indagine di Report, è tornato alla ribalta il tema “Russiagate“, ossia i presunti accordi tra la Lega e gli esponenti della destra russa per un riciclo di denaro, nascosto dietro forniture di petrolio per la ENI, per il finanziamento della campagna elettorale del partito di Matteo Salvini.

La questione, oltre ad essere molto delicata ed importante dal punto di vista politico, si inserisce all’interno di un contesto molto più ampio, di carattere internazionale. Per questo, ho ritenuto utile ed opportuno approfondire meglio l’intero argomento, cercando di spiegare in modo semplice ma esaustivo in cosa consista esattamente questo “Russiagate“.

Una questione geopolitica

Il Russiagate è anzitutto una dinamica geopolitica ed è dunque da quel punto di vista che va iniziata l’analisi. Gli accordi con la Lega sono infatti solamente la punta di un iceberg molto più grande, che copre l’intero territorio europeo (e non solo).

Qualche premessa di carattere geopolitico è quindi essenziale.

Il multipolarismo e la guerra “indiretta”

Ci troviamo oggi in un mondo definito “multipolare“: questo significa che nel periodo contemporaneo la gestione del mondo è affidata a diverse grandi potenze in constrasto tra loro: USA, Russia, Cina, Unione Europea e altre potenze emergenti come l’India o “semipotenze” come l’Iran o la Turchia.

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Il multiplarismo odierno è il risultato creatosi dopo la caduta dell’URSS, che ha posto fine al celebre “bipolarismo” della Guerra Fredda, e poi della fine dell’Imperialismo americano, che ha invece posto fine al sostanziale monopolio statunitense durato dalla caduta del Muro di Berlino fino ai primi anni 2000, contrastato invece dalla crescita e dal ritorno di altre potenze come appunto al Cina e la Russia.

Oggi, dunque, il sistema è profondamente instabile perché le potenze sono tante e le variabili numerose.

In un simile contesto, dove ricordo sussistere ancora il principio del mondo M.A.D., dove cioè nessuna potenza può affrontarne un’altra in uno scontro militare diretto, per via delle bombe atomiche che distruggerebbero il pianeta, ogni potenza adotta delle strategie per sottrarre alleati e risorse al nemico – avevamo affrontato un esempio qui -, nel tentativo di farne vacillare, se non collassare, la potenza.

Si tratta di una dinamica assolutamente normale, di cui fanno uso tutte le grandi potenze.

La “battaglia di influenza” tra Occidente e Russia

Come si inserisce la questione del Russiagate in un simile contesto?

Gli esponenti della destra russa hanno ormai da anni avviato una strategia per indebolire gli USA e in generale l’intero blocco Occidentale. Come ben sappiamo, l’Unione Europea è un fedele alleato americano e costituisce per questo una spina nel fianco della potenza russa; e questo non solo per gli stretti accordi politici, militari ed economici che intercorrono tra i due – si veda la NATO, ad esempio – ma anche per il più semplice fatto che l’Europa confina quasi direttamente con la zona di influenza della potenza russa, costituita dall’Est europeo. Proprio in quella zona geografica, infatti, si gioca ormai da decenni una “battaglia di influenza” tra Occidente e Russia, finalizzata ad accaparrarsi l’alleanza dei vari Stati e staterelli ivi esistenti.

Non a caso, sappiamo bene che, con la caduta dell’URSS, l’Europa ha fatto il possibile per attrarre verso la sua zona di influenza tutti i Paesi dell’ex blocco sovietico, riuscendo in molti casi ad inserirli nell’Unione Europea – si vedano gli esempi della Rep. Ceca, della Slovacchia, della Romania, dell’Ungheria, della Polonia e dei Paesi Baltici, tutti ex “Paesi satellite” russi – ma anche a chiudere importanti accordi di natura economica – come ad esempio in Ucraina.

Una strategia che è riuscita, approfittando proprio del caos in cui la Russia era finita con la caduta del Muro di Berlino, a indebolire ulteriormente la potenza rivale, limitandone fortemente le potenzialità espansive.

E non è certo un caso che, proprio quando la Russia è tornata ad assurgere al rango di potenza, una delle prime azioni strategiche sia stato il tentativo di rioccupare l’Ucraina, allo scopo di recuperare parte del territorio perduto…

Russiagate: la reazione russa

Se questa è stata negli scorsi decenni la strategia Occidentale per tarpare le ali alla possibile rinascita russa, la risposta della potenza rivale, una volta tornata ai fasti di un tempo, non si è certo fatta aspettare.

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Vladimir Putin

Abbiamo detto che l’Unione Europea, proprio per i forti legami che è in grado di creare tra i Paesi della zona – compresi quelli che orbitavano nell’influenza russa – e per i vincoli economici e politici che impone, costituisce una spina nel fianco per le aspirazioni egemoniche russe. Motivo per cui ogni speranza di ripresa dell’influenza russa in Europa deve necessariamente passare dalla destabilizzazione dell’Unione Europea.

Riuscire a sfaldare le fondamenta dell’Unione Europea, inducendola a mettere in crisi i suoi pilastri e addirittura a spingere alcuni Paesi membri fuori da quella alleanza, permetterebbe infatti alla Russia di infierire un duro colpo all’alleato occidentale ma soprattutto di liberare numerosi Paesi da quei vincoli per poi attrarli verso l’influenza russa.

Bene: questo piano è quello che viene definito “Russiagate“.

La strategia, che ormai non è più segreta, prevede la presa di contatto con le destre dei vari paesi europei, finanziandole e supportandole al fine di fomentare istanze euroscettiche e nazionaliste-consevatrici, in modo da disgregare l’Unione Europea dall’interno.

Perché proprio le destre?

Onde evitare facili qualunquismi e accuse di essere “di parte”, voglio fare una precisazione: perché proprio le destre? Non si tratta di una accusa partigiana, volta a screditare gli ideali e i partiti di destra. La scelta di Putin di cercare il proprio alleato nelle destre europee e non da altre parti è una ragione puramente ideologica: è la destra, infatti, ad essere tradizionalmente conservatrice e nazionalista, ed è dunque la parte politica che meglio si presta a questo tipo di strategia.

Infatti, sono proprio le destre a rilanciare sentimenti euroscettici ed antieuropeisti in favore di una più forte “identità nazionale”; sono sempre le destre a paventare una possibile uscita dall’Unione Europea, proprio in nome di quel nazionalismo; sono sempre le destre ad essere fortemente ancorate ai valori e alle tradizioni del popolo contro la perdita dell’identità culturale sia nei confronti di una federazione europea distante da quell’identità, sia contro i fenomeni immigratori, che chiamano in causa anche la componente religiosa, altro elemento ideologico tipico delle destre.

Insomma: Putin ha scelto la destra non perché sia “cattiva”, ma semplicemente perché costituisce l’alleato ideale per quel tipo di operazione che è il Russiagate.

Russiagate e Lega

La strategia in questione ha dunque coinvolto prima gli USA, poi i Paesi europei come il Regno Unito – che non ha caso è in corso di Brexit – e anche altri Paesi come la Francia – attraverso il partito di Lepen – i Paesi di Visegrad e, infine, l’Italia, naturalmente nei confronti del principale partito euroscettico, nazionalista e xenofobo del suo panorama politico: la Lega.

Come pare aver confermato nell’indagine di Report lo stesso Konstantin Malofeev, oligarca russo molto vicino a Putin, i contatti tra Russia e partito di Salvini sono in corso almeno dal 2013.

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Konstantin Malofeev

E in effetti, si legge nelle anticipazioni alle indagini di Report che

nel giro di pochi anni Matteo Salvini ha trasformato un partito antimeridionale e secessionista come la Lega in un movimento sovranista. Nello stesso periodo, l’ex ministro dell’Interno ha iniziato a ostentare simboli religiosi in pubblico e sui social, posizionando il suo partito sulla difesa delle radici cristiane. C’è un filo nero che collega la metamorfosi leghista allo scandalo del Metropol di Mosca in cui sono rimasti impigliati Matteo Salvini (seppur non indagato) e il suo ex portavoce Gianluca Savoini

Lo stesso Malofeev, tra l’altro, confessa di aver in prima persona

fondato una nuova Santa Alleanza tra le associazioni ultratradizionaliste russe e le più potenti fondazioni della destra religiosa americana, che hanno riversato in Europa oltre un miliardo di dollari negli ultimi dieci anni.

Ciò che spiegherebbe il perché, in questi ultimi anni, la Lega sia passata dall’essere un partito secessionista a sostenere il sovranismo, l’antieuropeismo, a contestare le sanzioni imposte alla Russia fino ad avere un leader che bacia i crocifissi e difende l’identità culturale e religiosa di un Paese che, fino a ieri, voleva dividere in due.

Il caso “Savoini”

Ed è all’interno di questo contesto, ben più ampio e complesso, che si inserisce nel Russiagate il “caso Savoini“.

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L’inchiesta di Buzzfeed, molto ben illustrata in questo video di Shy sul canale Breaking Italy, ha diffuso una intercettazione ambientale – che trovate qui trascritta integralmente – nella quale Savoini trattava con alcuni esponenti russi la chiusura di un accordo di fornitura in favore della ENI con il quale si sarebbero dirottati clandestinamente, per successivi passaggi occulti, dei soldi per finanziare la campagna elettorale della Lega.

Considerato che Salvini e Lega da anni ormai si incontrano periodicamente con esponenti russi, quell’intercettazione, lungi dall’essere un caso isolato, rappresenta dunque solo un tassello di un progetto ben più ampio e risalente. Dall’intercettazione, in effetti, si evince che molti aspetti di quell’accordo vengono dati per assodati e quindi già discussi in precedenza in altre occasioni.

Perché il Russiagate non va sottovalutato

Per queste ragioni, il fatto che non vi siano ad oggi prove che quell’accordo discusso da Savoini sia effettivamente andato in porto e non ci sia evidenza di quell’effettivo passaggio di denaro, non è una buona ragione per sottovalutare o minimizzare il problema del Russiagate inteso nel suo concetto lato.

Non si sta infatti parlando di una semplice “tangente” o del riciclo di qualche milione di euro: quello che sta accadendo è frutto di una strategia geopolitica russa di lungo periodo, finalizzata a sottrarre diversi paesi europei dall’orbita Occidentale per attrarli verso quella russa. E l’Italia pare essere, grazie al supporto della Lega, uno dei principali candidati.

Non va neanche ignorato che questo eventuale passaggio non è una questione solo formale: si tratta di scegliere da che parte stare nel mondo, chi avere come alleato, a quale potenza rispondere o affidarsi in caso di esigenza, con chi stipulare accordi politici, militari ed economici nel prossimo futuro.

Uscire dall’Europa e farsi attrarre dall’influenza geopolitica russa non significa solamente far vincere il “sovranismo” e riabilitare l’identità nazionale del nostro Paese: significa entrare nell’orbita di una potenza illiberale, non democratica, che non gestisce certo i rapporti con gli alleati con la mano leggera; ma che soprattutto comporterebbe delle inevitabili ripercussioni per il nostro Paese.

Abbiamo attualmente una politica economica e militare strettamente connessa con le altre potenze occidentali; uscire ora da quell’orbita ci esporrebbe a sanzioni, a ripercussioni e a rappresaglie che potrebbero avere conseguenze irreparabili per un Paese debole e non autosufficiente come il nostro.

Una circostanza che non va affatto sottovalutata, perché sarebbe in grado, da sola, di decidere le sorti del nostro Paese sullo scacchiere internazionale.

Ecco perchè il Russiagate è importante ed è necessario che chi di dovere ne renda conto al Paese, invece di minimizzare la questione e usare la retorica per sviare dal problema.

P.T.