Con l’articolo di oggi intendo entrare più nel dettaglio della questione “complotti veri“, prendendo spunto da una particolare cospirazione realmente esistita e documentata: il complotto del tabacco.

Ho scelto questa storia perché il complotto del tabacco chiama in causa argomenti scientifici ed anzi affronta un tema che ruota totalmente intorno ad una questione scientifica. L’intento è dunque quello di dimostrare un assunto fondamentale: inscenare un complotto su una questione che chiama in causa prove scientifiche è del tutto impossibile e, per quanto tu possa essere ricco, influente, senza scrupoli e organizzato, prima o poi verrai scoperto.

Il tabacco fa male?

Che fumare tabacco sia dannoso per la salute è ormai una certezza assodata, che nessuno – neppure i fumatori – mette più seriamente in dubbio. Ovviamente, però, non è sempre stato così.

complotto del tabacco

Quando le industrie di tabacco hanno iniziato a produrre le moderne sigarette e a venderle in tutto il mondo, infatti, non c’era grande letteratura scientifica sul punto. Niente di strano, in fondo: la scienza si occupa di determinate questioni quando queste si diffondono e assumono importanza nella nostra quotidianità, e non potrebbe essere altrimenti. Ed è così che è accaduto anche col tabacco.

I primi studi scientifici sui possibili danni del tabacco sull’organismo umano risalgono infatti alla fine degli anni ’20, ma è solo nel 1952 che, sul numero del Reader’s Digest, ossia un giornale di divulgazione scientifica per il grande pubblico, si affrontava per la prima volta agli occhi dell’opinione pubblica – e quindi anche in ambito non prettamente scientifico – l’enorme mole di studi epidemiologici che rilevavano un legame tra il fumo e il cancro ai polmoni.

Ovviamente, la notizia ebbe una profonda eco nel pubblico, soprattutto dei fumatori (per ovvi motivi). Fu una notizia che, per motivi altrettanto ovvi, mise profondamente a rischio il business del tabacco.

Il complotto del tabacco

Fu così che gli esponenti delle principali multinazionali del tabacco si riunirono, nel 1953, nel Plaza Hotel di New York – come documentano Naomi Oreskes e Eric Conway nel loro libro di inchiesta, Merchant of Doubts – per trovare possibili soluzioni al problema.

E sarà proprio analizzando le modalità, le criticità e i limiti del complotto del tabacco che riusciremo ad evincere le caratteristiche di una cospirazione che coinvolge la scienza, acquisendo gli elementi per verificare l’infattibilità di un complotto scientifico.

complotto del tabacco

Partiamo da un presupposto essenziale: le multinazionali del tabacco erano perfettamente consapevoli di non avere alcuna possibilità di poter nascondere o addirittura smentire l’esistenza di quei danni, poiché essi erano evidenza scientifica dimostrabile e verificabile da qualunque ricercatore del settore. Non c’era quindi possibilità né di corrompere l’intera comunità scientifica mondiale del settore al silenzio (troppi costi, troppi soggetti coinvolti, troppi rischi e troppa complessità) né di poter costituire una classe di ricercatori corrotta che potesse redigere una quantità di studi falsi sufficiente a creare dubbi nella comunità scientifica. Questo perché il metodo scientifico ha una sua procedura: gli studi vengono sottoposti a peer review, verificati, replicati e rianalizzati da tutti gli altri esperti; quindi sarebbero stati comunque sbugiardati molto presto dal resto della comunità scientifica. Il tentativo di falsare evidenze scientifiche si scontra inevitabilmente contro il muro del metodo scientifico, che è strutturato proprio al fine di scongiurare gli errori degli scienziati, le sviste o la mala fede di alcuni di essi ma anche i limiti di alcuni singoli esperimenti.

Ciò non toglie che la diffusione di falsi studi potesse comunque essere utile per altri scopi, come stiamo per vedere.

Disorientare l’opinione pubblica

Infatti, le Compagnie del tabacco si adoperarono proprio per finanziare e corrompere diversi studi di ricerca per produrre documentazione falsa, il cui scopo non era quello di far cambiare idea alla comunità scientifica – cosa, come visto, impossibile per via delle modalità con cui la scienza costruisce il proprio consenso – ma al solo fine di disorientare l’opinione pubblica.

In effetti, alcuni studi che smentivano il legame tra fumo e tumore ai polmoni iniziarono a uscire, e allo stesso modo le compagnie del tabacco fecero in modo di avviare una campagna disinformativa attraverso interviste ad esperti che sostenevano quelle compagnie, quando non veri e propri attacchi ad hominem contro i ricercatori che producevano studi “scomodi” per i produttori di sigarette.

Studi che, come detto, in ambito scientifico lasciavano il tempo che trovavano: la scienza infatti ignora del tutto gli attacchi ad hominem, ma soprattutto prevede la peer review: pertanto, tutti gli studi pro-tabacco venivano prontamente smentiti per banali errori di metodo, errori statistici, quando non per evidenti falsità o errori grossolani. Ciò contribuiva a far progredire la conoscenza scientifica sul punto e a far maturare un consenso tra gli esperti del settore, proprio perché gli studi contrari venivano sistematicamente sbugiardati mentre quelli pro venivano costantemente confermati.

Tuttavia, la non validità di questi studi restava evidente solo tra gli esperti del settore, ossia tra coloro che avevano gli strumenti e le competenze per leggere quegli studi, verificarli e giudicarli adeguatamente. Tutte dinamiche interne all’ambiente scientifico, molto lontano dalla percezione dell’opinione pubblica.

La gente comune, infatti, non aveva quelle competenze e quindi restava disorientata di fronte alle informazioni contrastanti che riceveva dai media, nei telegiornali, nelle interviste, nelle pubblicità e nei programmi di approfondimento.

“La scienza non è democratica”

A contribuire ad aumentare questa confusione vi fu poi la cosiddetta Fairness Doctrine, la quale, come precisavano Oreskes e Conway, prevedeva l’obbligo per le emittenti televisive di presentare in modo eguale tutte le posizioni relativamente a un dibattito di interesse pubblico. In questo modo, quando si parlava di danni del tabacco in un programma di approfondimento, si trovava sempre un ricercatore di una campana e uno dell’altra, che avevano lo stesso tempo a disposizione per esporre la loro “opinione”.

Il risultato fu, secondo i due giornalisti, che agli occhi del pubblico

“sembrava che l’equilibrio giornalistico fosse stato interpretato come dare uguale peso a entrambe le opinioni, invece che dare un peso accurato a entrambe le opinioni”

Così facendo, i profani della materia si convincevano che la questione fosse quantomeno controversa, dato che vi erano esperti che dicevano sì ed altri che dicevano no. Ma la realtà era tutt’altra: i danni erano un’evidenza scientifica, mentre a sostenere il contrario era solo una sparuto gruppo di ricercatori finanziati dalle multinazionali del tabacco che avevano prodotto studi grossolanamente falsi e già ampiamente smentiti dalla comunità scientifica mondiale.

Le conseguenze del complotto del tabacco

Il risultato di questa enorme campagna disinformativa fu dunque che, mentre in ambito scientifico i danni del tabacco erano assolutamente accertati oltre ogni ragionevole dubbio, per la gente comune quella verità scientifica apparve per lunghissimo tempo solo una congettura non verificata, consentendo al business del tabacco di proseguire indisturbato per decenni, facendo 5 milioni di morti ogni anno.

Ma quando si complotta contro la scienza, si hanno sempre le ore contate.

Già nel 1964, infatti, i danni da fumo risultavano accertati senza dubbio dall’intera comunità scientifica mondiale e questo spinse quella comunità a premere sulle istituzioni affinché la realtà venisse fuori. Era solo questione di tempo perché il complotto perdesse la sua efficacia, la verità emergesse forte dell’evidenza scientifica sempre più consistente e, alla fine, la questione arrivasse alle aule della politica e della giurisdizione, portando già negli anni ’80 i tribunali a riconoscere i danni del fumo e già dagli anni ’90 a far inserire sui pacchetti di sigarette le famose diciture “nuoce gravemente alla salute“.

Il complotto, insomma, funzionò; ma solo per un tempo limitato e solo al fine di prolungare un business, non certo di confutare un’evidenza scientifica.

Come funziona un complotto scientifico

Si è dunque visto che, quando si tratta di temi che chiamano in causa la scienza, il mero argomento – da tanti proposto – che l’esistenza di interessi da parte di aziende milionarie sia sufficiente a giustificare la plausibilità di un complotto capace di smentire evidenze scientifiche, non è assolutamente sufficiente.

Per quando un’azienda, una lobby o una qualunque organizzazione interessata possa corrompere o finanziare degli studi scientifici di parte, questi entreranno nel circolo della peer review: gli altri esperti li controlleranno, verificheranno, proveranno a replicarli, li commenteranno, aggiungeranno variabili, useranno strumenti di misurazione diversi per paragonare i risultati, pubblicheranno altri studi che li contestano. Tutta questa mole di lavoro, sempre condivisa e a disposizione di tutta la comunità scientifica del settore, contribuirà così a formare un consenso scientifico sul tema, a prescindere dalle asserzioni errate di qualche scienziato prezzolato o semplicemente poco competente. Ed è proprio per queste ragioni che il metodo scientifico è ad oggi il miglior sistema per acquisire conoscenza che abbiamo a disposizione…

Il problema è costituito dal fatto che tutte queste dinamiche sono per lo più sconosciute al grande pubblico.

Per questo, notizie come “è uscito uno studio che dice...” hanno un effetto molto diverso nell’ambiente scientifico e nell’opinione pubblica: nel primo caso si sa che lo studio attiverà semplicemente le procedure di verifica previste dal metodo scientifico, e che è quindi presto per sentenziare; nel secondo caso, invece, questo può bastare alla gente per ritenere quello studio valido per trarre conclusioni.

Inoltre, mentre per la scienza un dibattito pubblico sui media non ha alcun valore di sorta – gli scienziati si confrontano nelle sedi apposite discutendo dei dati e delle evidenze emerse dagli studi, non in TV – per il grande pubblico hanno invece una forte influenza nel creare un’opinione, se non altro perché la gente comune non ha accesso agli studi o più semplicemente non ha le competenze per vagliarli criticamente, e di conseguenza i dibattiti in TV o gli articoli sui social sono la loro unica fonte di informazione sull’argomento (WYSIATI).

Questo, come visto, contribuisce a traviare completamente la comprensione di certi temi scientifici: vedere due tizi che dibattono su un argomento, esponendo opinioni opposte, induce lo spettatore a mettere le due opinioni sullo stesso piano, nonostante non sia affatto detto che, dal punto di vista dell’evidenza scientifica, quelle due opinioni meritino lo stesso rispetto.

Insomma: sarebbe come dire che siccome avete visto un dibattito televisivo tra un astronauta e un terrapiattista, il fatto che ci fossero due opinioni contrastanti significa che la forma della terra è ad oggi un argomento controverso…

Alcuni esempi di “complotti scientifici”

Queste dinamiche vi ricordano qualcosa?

Il Global Warming

La questione del ruolo antropico sul surriscaldamento globale, ad esempio.

Attualmente, sul tema c’è ampio consenso scientifico: come già evidenziato in questo articolo, il 97% degli esperti nel settore, con pubblicazioni al seguito su quei temi specifici, è assolutamente concorde sul ruolo antropico nel surriscaldamento globale. Esiste un restante 3% più scettico sul punto – ma si discute sulle effettive percentuali di incidenza, nessun esperto al mondo nega che i gas serra non incidano -; tutto ciò è perfettamente normale per la scienza – non esiste materia complessa su cui vi sia un consenso al 100% -, di conseguenza gli addetti ai lavori sanno che il consenso si costruisce sul numero di studi e sul loro incrocio; sanno che parte di quegli studi contrari sono stati verificati e sbugiardati, o si sono rivelati errori metodologici; sanno che tutte le eventuali petizioni con presunte firme di esperti non valgono nulla di per sé, soprattutto se sono firme raccolte con l’inganno, promosse da aziende interessate all’argomento o il contenuto di quelle petizioni presenta affermazioni grossolanamente false e già ampiamente smentite dall’evidenza scientifica (ne avevo analizzato un esempio qui, e qui ne trovate un altro).

Tutte queste dinamiche sono però per lo più sconosciute al grande pubblico, che si limita ad assumere informazioni dall’esterno facendo ricorso ai soliti bias cognitivi – in particolare al bias di conferma – per sopperire alla carenza di competenze sul punto. Non potendo puntare sulla qualità, la gente spesso si affiderà alla quantità, e nel vedere una trasmissione in cui ci sono 2 climatologi e un giornalista che sostengono il ruolo antropico misurarsi a parole con 1 climatologo e 3 opinionisti – gente del calibro di Giampiero Mughini, noto esperto in materia… – sostenere il contrario, non potendo valutare il contenuto di quelle affermazioni si affiderà al fatto che ci sono visioni discordanti, e ne dedurrà che la questione non è così certa come qualcuno vuole farci credere.

…Non è esattamente quello che è successo col complotto del tabacco?

I vaccini

Un altro pseudo complotto ancor più assurdo da questo punto di vista è quello sostenuto dai no vax.

In questo caso, il complotto è più assurdo per una ragione principale: secondo i no vax, quella che è un’evidenza scientifica assodata da secoli, ossia l’efficacia dei vaccini, sarebbe un clamoroso falso scientifico.

Come abbiamo potuto verificare, una cosa del genere sarebbe del tutto impossibile. Pensare che un’evidenza scientifica accertata e condivisa in modo pressoché unanime dall’intera comunità medico scientifica mondiale da almeno un secolo – che come tale è passata dal vaglio degli esperti, dalle verifiche, dalla peer review, dalle varie riproduzioni degli esperimenti e dall’analisi incrociata dei dati – sia un falso grossolano, comporterebbe infatti due sole possibili spiegazioni:

  • asserire che centinaia di milioni di scienziati, medici, ricercatori ed esperti di tutto il mondo da un secolo a questa parte siano dei fessi incompetenti, incapaci di rilevare nei loro studi, nonostante le migliaia di verifiche incrociate, degli errori talmente grossolani che chiunque, con una breve ricerca su Google, è in grado di rilevare anche senza alcuna competenza in materia;
  • asserire che centinaia di milioni di scienziati, medici, ricercatori ed esperti di tutto il mondo da un secolo a questa parte siano corrotti da Big Pharma per ostinarsi a falsificare dati, ignorare evidenze scientifiche, produrre studi falsi ed evitare di sbugiardare quelli esistenti al fine di favorire un complotto mondiale di proporzioni epiche.

Difficile stabilire quale di queste due asserzioni sia più assurda e improbabile.

Quale che sia lo scopo di un complotto che chiama in causa la scienza, non c’è alcun modo per riuscire a nascondere un’evidenza scientifica a tutti questi esperti per così tanto tempo, e allo stesso modo riuscire a negare la verità scientifica smentendo gli studi che – a dire dei no vax – la rileverebbero con assoluta facilità.

La realtà è che l’unico sistema possibile per guadagnare qualcosa dal cercare di ostacolare la verità scientifica è quello di agire contro l’opinione pubblica – e non la comunità scientifica – per seminare dubbi, disorientare la gente e sperare, così, di ricavare un qualche guadagno sul breve termine.

E guarda caso, sono proprio i no vax ad usare questa strategia: si rivolgono a ricercatori indipendenti, spesso senza competenze accertate, per produrre studi che o vengono subito bocciati dalla peer review fatta dal resto della comunità scientifica – dando modo ai no vax di accusare Big Pharma di voler affossare la verità -, o meglio ancora non vengono proprio mai pubblicati, ma solo “decantati” su social, programmi televisivi e articoli non scientifici proprio allo scopo di raggiungere la gente comune e insinuare il dubbio, sfruttando l’incompetenza del pubblico sulle questioni scientifiche.

Cogliendo poi l’occasione che il tema è caro all’opinione pubblica – come per il complotto del tabacco, si tratta della nostra salute – approfittano dell’interesse dei media a trattare l’argomento e dei principi della par condicio – mutuati dalla politica alla scienza, dove non hanno alcun senso – per invitare pseudo-esperti, opinionisti improvvisati e mammine informate a lanciare accuse contro il sistema, millantare prove inesistenti e smentire verità scientifiche con la retorica spiccia. Per quanto queste cose non valgano niente per la scienza, infatti, fanno comunque presa sul pubblico, che si convince che tutto sommato, se ne parlano, è perché qualcosa di controverso c’è.

Qual e’ il vero complotto?

Perché dovrebbero fare questo?

Negare il ruolo antropico sul surriscaldamento globale può essere utile ad aziende che guadagnano emettendo gas serra – vedi la Shell, ad esempio, che vede infatti diversi suoi azionisti e addetti tra i principali firmatari delle petizioni sul tema – ma anche a giornalisti e pseudo-esperti che potrebbero lucrare su questi dubbi scrivendo libri.

Stessa cosa per i no vax: seminare il dubbio e creare preoccupazione nella gente può spingere quest’ultima a cercare di informarsi meglio anche da canali alternativi – proprio quelli dei guru no vax – che non a caso scrivono libri e articoli a pagamento, spesso propongono cure alternative e altrettanto spesso fanno raccolte fondi per finanziare studi ed esperimenti per confermare la dannosità dei vaccini.

E lo fanno ben consapevoli che il tempo a loro disposizione è poco, perché prima o poi la verità scientifica avrà necessariamente la meglio. Ma a quel punto, loro il business l’avranno già fatto, e potranno godersi i vostri soldi sulle spiagge hawaiane…

Insomma: il vero complotto, se c’è, è piuttosto quello di chi nega la scienza, come fanno i no vax.

P.T.

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