Parliamo di Antimetodo e 11 settembre. Quella che vedremo oggi è stata una delle prime conversazioni che ho salvato, quando ancora la pagina non esisteva, e che col senno di poi ho scoperto pullulare di bias cognitivi di ogni tipo e di una particolare dinamica dell’Antimetodo complottista che qui emerge prepotentemente.

Cominciamo.

Il contesto della conversazione

In un video su Facebook, che affrontava il tema dei complotti in generale e che ad un certo punto citava quello dell’11 settembre, i sostenitori della teoria del complotto si sono scatenati per dimostrare come, a loro dire, non si trattasse di una bufala ma di un complotto vero. Uno in particolare aveva attirato la mia attenzione per la sicurezza con cui proponeva le sue opinioni..

Antimetodo: l'11 settembre

Il commentatore esordisce ritenendo il complotto assolutamente palese, a prova di idiota, confermato dalle leggi basilari della fisica; già solo questo dimostra il bias di conferma che sottostà al suo ragionamento, dal momento che, se fosse davvero così semplice dimostrare il complotto, sarebbe abbastanza insolito che dopo 17 anni non sia stato svelato e anzi la teoria ufficiale abbia retto alle prove del tempo contro ogni esperto del settore.

In ogni caso, le questioni che pone sono due: mancano i video dell’aereo sul Pentagono e i grattacieli sono crollati come una demolizione controllata.

Tralasciamo per il momento la validità di quelle prove – tranquilli, parlerò meglio del complotto in una rubrica apposita, presto… – e analizziamo la logica dietro il suo ragionamento.

Antimetodo: 11 settembre e valutazione delle prove

Logicamente parlando, suscita una certa curiosità il fatto che basti l’assenza di immagini a confermare il complotto: dal punto di vista scientifico proprio l’assenza di immagini dovrebbe piuttosto costringere chi afferma la teoria del complotto a portare altre prove.

E invece, lui la ragiona un po’ come la virale battuta:

“non sto dicendo di essere Batman; sto dicendo che nessuno ha foto di me e Batman contemporaneamente nello stesso posto”,

semicit.

Per l’Antimetodo, una prova che sembra smentire la teoria ufficiale diventa automaticamente prova del complotto, anche se con esso non ha nulla a che fare.

Principio di Coerenza inverso

Il complottista insiste molto, commettendo un altro errore metodologico: l’inversione dell’onere della prova. Lui sostiene di avere le prove che non sia stato un Boeing a schiantarsi contro il Pentagono – ma non sappiamo quali sarebbero queste prove e in effetti non ne ha, come vedremo tra poco –, e chiede agli altri di portare le prove che invece lo sia stato.

Anche ignorando il fatto che le prove che sia stato un Boeing sono già state portate da chi di dovere, e infatti è la versione ufficiale a sostenerlo, cioè quella stessa versione che regge da 17 anni (potrebbe mai reggere senza prove?), in ogni caso commette un errore di metodo, affermando una tesi senza portare prove e chiedendo agli altri di provare il contrario.

Ma non è tutto.

L’incapacità dell’Antimetodo di usare il metodo scientifico

Chiedo alcune delucidazioni per chiarirmi quale sarebbe la sua versione dei fatti in base alle sue “prove”, e la sua risposta è meravigliosa.

Tralasciamo il fatto che lui “mica è Gesù Cristo, quindi nel merito non può rispondere” eppure continua da ore a sostenere teorie fisiche, matematiche, ingegneristiche e aeronautiche come se fossero acqua fresca. Vediamo invece meglio il merito delle sue argomentazioni.

Teniamo bene a mente che, oltre ad essere certo che non poteva trattarsi di un Boeing – ma senza provare il perché – conferma che “poteva essere un missile come un piccolo aereo militare”. Questo significa che non ha prove concrete di cosa si sarebbe effettivamente abbattuto sul Pentagono.

Quel che è certo è che “di sicuro la versione ufficiale è chiaramente una bufala”, esasperando ancora una volta il suo bias di conferma; quale che sia la verità, che lui stesso ammette di non sapere con certezza, quel che conta è che la versione ufficiale non possa esserlo. Questa non è una ricostruzione razionale, è solo pregiudizio.

False prove per autoconvincersi

Ma andiamo avanti: più oltre lo stesso complottista sembra cambiare le carte in tavola (a sua stessa insaputa)

Notate bene: da un momento all’altro, da che non aveva certezze su quale oggetto si sarebbe schiantato contro il Pentagono – un missile o un aereo militare? – un attimo dopo spuntano “centinaia” di testimoni che avrebbero visto un piccolo aereo.

Vero, falso? Non mi interessa. Il problema è sempre la logica.

Se ha davvero cento testimoni che hanno visto un aereo di piccole dimensioni, perché dovrebbe lasciare aperta anche l’ipotesi che potesse essere stato un missile di cui invece non ha alcuna prova e che nessuno ha mai dichiarato di aver visto?

E allora perché non anche un Boeing, come dice la versione ufficiale? O un terremoto, un attacco alieno, l’onda energetica di Goku?

La ragione c’è: perché il missile comunque smentirebbe la versione ufficiale mentre il Boeing la confermerebbe, e smentire la versione ufficiale è l’unico interesse del complottista. Come visto, l’Antimetodo ti porta a ragionare a compartimenti stagni, considerando le prove prendendole singolarmente; oltretutto, per il principio di riadattamento qualunque prova o congettura è valida se ha un’interpretazione in linea col complotto.

Anche se poi il complotto che ne viene fuori non avrebbe senso.

Antimetodo complottista: come convincere se stessi

Che le cose stiano così è confermato anche da un suo successivo commento, nel quale emerge un altro aspetto dell’antimetodo complottista:

Come vedete, il complottista accusa gli altri di adottare un sistema iniquo di valutazione delle prove, quando è lui stesso a farlo per primo. Sostiene infatti che l’errore stia nel fatto che i testimoni siano ritenuti credibili solo perché confermano la teoria ufficiale, mentre se sostengono la teoria alternativa non sono creduti.

Il problema è che lui fa questo stesso ragionamento, ritenendo false tutte le testimonianze che sostengono la teoria ufficiale e ritenendo necessariamente vere quelle che sostengono la sua teoria, pur senza essere stato lui ad ascoltare e valutare le diverse versioni per capire quale possa risultare plausibile.

La teoria più plausibile è quella complottista per il semplice fatto che non è quella ufficiale

Antimetodo complottista

Ora, al di là del fatto che chi non ha partecipato direttamente alle indagini e agli interrogatori non può ragionevolmente stabilire a quali testimoni credere, potrebbero tuttavia bastare i numeri a darci un’idea di quale versione possa essere maggiormente accreditabile. Numeri che lui altera completamente: la circostanza dei “cento testimoni” che sostengono quello che dice lui è infatti falsa: su 141 testimoni, solo 2 hanno affermato di aver visto un aereo di piccole dimensioni.

E allora, 2 testimoni su 141 lasciano ovviamente aperta la possibilità che siano stati quei due a vederci male e non che tutti gli altri siano stati corrotti a dichiarare di aver visto un Boeing (per il principio del rasoio di Ockham).

Falso principio di autorità

A quel punto, il commentatore va oltre, affermando di essere un pilota e di aver provato quella manovra – ritenuta impossibile dai complottisti – con il simulatore:

Antimetodo: l'11 settembre

Senza dover mettere in dubbio il fatto che lui sia davvero pilota e che abbia davvero fallito nel tentativo di riprodurre quella manovra col simulatore (nel caso dovrebbero però valutare di cambiare mestiere…), il problema sta nel fatto che, di nuovo, il soggetto esagera le prove: sostiene che la “maggior parte” dei piloti di linea interessati al caso abbiano sostenuto che la manovra fosse fisicamente impossibile: ciò è falso, sia perché dalle indagini non si evince affatto questa circostanza, sia perché, se fosse davvero così, verrebbe da chiedersi come sia possibile che la versione ufficiale sia stata confermata da quegli stessi piloti che si sono interessati al caso e che avrebbero detto che la manovra non era possibile.

Quella manovra, in realtà, è stata provata da tantissimi piloti, anche alle prime armi –  proprio per verificare se fosse fattibile anche da chi ha poche ore di volo alle spalle, come il presunto dirottatore –, e praticamente tutti sono riusciti a portarla a termine senza troppe difficoltà (anche perché si trattava di andarsi a schiantare, non di imitare le Frecce Tricolore…).

Esagerare le prove, come citare 100 testimoni inesistenti e dire che quasi tutti i piloti affermino il contrario, è un sistema del nostro subconscio per avvalorare la nostra teoria ed è molto forte soprattutto nell’Antimetodo complottista: cerchiamo in sostanza non solo di convincere gli altri, ma anche e soprattutto di convincere noi stessi, esagerando le prove a nostro favore.

Quel che conta è che queste non-prove, a forza di essere ripetute e ri-diffuse sui social, finiscono per diventare vere agli occhi degli utenti, perché nessuno le verifica e si radicano per via del congelamento. Per queste ragioni l’ipotesi complottista assume una plausibilità fondata sul nulla; ma un nulla che si sedimenta, si radica nelle nostre menti e diventa “qualcosa”. Come in questo caso.

Il crollo delle torri secondo l’Antimetodo

Abbandoniamo ora le considerazioni sull’aereo sul Pentagono e passiamo alla questione del crollo delle torri. Secondo il nostro complottista, ovviamente, il crollo non era possibile:

Antimetodo: l'11 settembre

Anche in questo caso si tratta di prove ripetute a pappagallo da qualche video o documentario complottista: emerge infatti la profonda incompetenza in materia edilizia e la superficialità della sua analisi.

In primo luogo, il carburante brucia a 850 gradi e non 500, e in ogni caso il crollo è stato causato dal progressivo cedimento della struttura dovuta al fatto che l’acciaio, ad alte temperature, pur non sciogliendosi all’istante perde gran parte della sua resistenza. Infatti, le torri non sono crollate immediatamente dopo l’impatto, ma dopo diverso tempo.

In secondo luogo, il nostro amico fa un paragone, girato anch’esso molto sui social ma frutto di ignoranza in materia, con la Grenfell Tower di Londra, bruciata per giorni e mai crollata. Questa circostanza dovrebbe costituire una prova, se non fosse che la torre di Londra era di cemento, non di acciaio, quindi i paragoni sulla resistenza della struttura sono del tutto inopportuni.

Ecco dunque un altro caso di apofenia frutto del riadattamento.

Ipotesi false che si consolidano… e diventano vere

Come si vede, gran parte di quelle che il complottista ritiene “prove” sono in realtà mere illazioni diffuse su internet da altri e ripetute ad infinitum al punto da diventare vere per l’effetto congelamento, ma già ampiamente smontate dalla scienza e dalla prova dei fatti.

La ripetizione di quelle circostanze, unita al bias di conferma, hanno radicato in lui quelle convinzioni a tal punto che le ritiene assolutamente provate e palesi. Tant’è che, come visto prima, è lui a pretendere che siano gli altri a dimostrare il contrario, come se la versione “ufficiale” fosse la sua (inversione dell’onere della prova).

Le “fonti” dell’Antimetodo

Veniamo adesso a mettere l’accento sulle fonti che il soggetto riporta per avvalorare la sua tesi. Alla mia richiesta di prove empiriche – e non solo enunciate – di ciò che sostiene, il complottista mi risponde:

Antimetodo: l'11 settembre

Magnifico.

Il nostro scafato pilota ha certamente ragione quando dice che su Youtube ci sono le risposte ad ogni domanda, ed anche quando afferma che sia il portale più fornito di internet.

Ma il problema è questo: ciò che gli sfugge – avendo la testa per aria – è proprio che su Youtube ci sono migliaia di video che sostengono la teoria del complotto, ma allo stesso modo ci sono migliaia di video che sostengono la teoria ufficiale.

Di conseguenza, il suo ragionamento è illogico: da un lato sostiene che quei video siano per forza accreditabili perché su Youtube ci sono anche “i processi a Totò Riina”, quindi sembra presumere che se una cosa è su Youtube, allora è per forza vera; ma dall’altro è lui stesso a tacciare di falsi e non accreditabili tutti gli altri video mostratigli dagli altri utenti e ricavati sempre da Youtube, ed è quindi lui stesso, indirettamente, ad ammettere che non tutto ciò che c’è su Youtube sia per forza vero.

Ma ovviamente lui ne è totalmente ignaro, è il bias di conferma a fare tutto per lui.

“Millemila” prove, o Antimetodo?

Come potete vedere, nonostante la lunga serie di commenti, considerazioni, link e dimostrazioni portate dall’utente analizzato, che dovrebbero far presumere una grande quantità di prove a sostegno della sua versione, la realtà è che costui non ha una sola prova di ciò che dice e afferma, ma si affida unicamente a dati ripetuti a pappagallo dai siti complottisti – e spesso già sbugiardati dal personale competente in materia – e video e immagini senza fonti, non verificate e quindi senza alcuna credibilità.

Di conseguenza, per tenere in piedi la sua “storia coerente” taccia di falsa ogni prova avversa fornendo solo una serie dubbi – frutto per lo più della sua incompetenza in materia – piuttosto che una teoria alternativa solida, coerente e fondata su dati verificabili.

“Supplica speciale”

A dimostrazione dell’assoluta assenza di una reale ricostruzione alternativa suffragata da prove, ma piuttosto di una sua personale tendenza complottista che lo spinge a cercare di dimostrare il complotto “a tutti i costi”, ecco che, dopo la lunga discussione e le numerose confutazioni portate da me e da altri utenti, il soggetto conclude con questo lungo commento, di cui riporto un significativo estratto:

Antimetodo: l'11 settembre

Antimetodo: l'11 settembre

Gli spunti sono numerosi.

In primo luogo, il suo intero commento è volto a giustificare la sua opinione ricorrendo ad una particolare fallacia logica detta “supplica speciale“, che in sostanza è volta a

cercare di ottenere ragione inventando eccezioni o cambiando il senso della propria tesi iniziale

Supplica speciale, fallacia logica.

Dopo aver ammesso che la teoria complottista “fa acqua da tutte le parti” come quella ufficiale (quindi in base a cosa crede alla prima e non alla seconda?) ammette anche di essere sicuro al 100% solo di una questione su tutte quelle di cui ha trattato: quella dell’aereo sul Pentagono, perché lui è pilota (e io non ho alcun dubbio che sia davvero così, per carità…).

Ma soprattutto, a seguito di tutte le confutazioni dimostrategli, il soggetto smorza i toni ammettendo che probabilmente gli attentati fossero genuini. Nonostante questo, la necessità di mantenere in piedi lo schema lo induce a forzare la realtà, riadattando l’argomentazione alla nuova tesi più morbida, affermando che comunque “la faccenda è stata un po’ manomessa o raccontata in maniera leggermente diversa”; di conseguenza, “è legittimo mettere in dubbio l’intero attentato”.

Ho capito solo grazie a questa conversazione perché questa fallacia si chiami “supplica speciale“: in effetti, è come se il tuo interlocutore si prostrasse ai tuoi piedi e ti implorasse di dargli ragione “almeno un po’“.

Come sappiamo già, l’Antimetodo ha la forza di mettersi al di sopra della logica, ignorando qualunque contraddizione per via del ragionamento a compartimenti stagni. Di conseguenza non sa neppure spiegare queste contraddizioni, l’importante è che gli sia data ragione perché ha bisogno che quello schema sia confermato. Gli serve.

Il complottista usa l’Antimetodo più per convincere se stesso che per convincere gli altri.
Convincere qualcuno è solo una prova in più che lui ha ragione.

Il “congelamento” rende irreversibile l’Antimetodo

Il soggetto in questione è così tanto convinto del complotto che i suoi schemi sono già troppo radicati ed è ormai impossibile riportarlo sulla retta via.

Anche di fronte alle palesi confutazioni logiche e scientifiche, lo schema cerca di resistere: il complottista non sa spiegare perché avrebbero dovuto mentire, non sa spiegare in cosa avrebbero mentito, non ha alcuna prova che suffraghi un auto-attentato – tant’è che ammette che la versione ufficiale sarebbe plausibile – eppure un complotto da qualche parte deve esserci, perché ormai sono anni che il suo cervello è bombardato da informazioni che lo inducono a pensare al complotto e sono anni che il suo cervello le accoglie come plausibili.

Quindi il complotto c’è anche se non ha senso, anche se non c’è alcuna prova ed anche se egli stesso ammette che l’attentato potrebbe in effetti essere genuino.

Il complottista, non crede che ci sia un complotto, lui vuole che ci sia un complotto.

bias di conferma e complottismo

Questa è la massima espressione dell’atteggiamento complottista dell’Antimetodo.

P.T.