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Il crollo del WT7

L’ultimo aspetto tecnico che voglio considerare è il crollo dell’edificio World Trade n. 7, non tanto per la sua importanza ai fini della teoria ma perché mostra forse più degli altri l’errore logico e metodologico del ragionamento complottista.

Gli argomenti in favore del complotto

I complottisti sostengono, in primo luogo, che l’edificio in questione non sia stato colpito dagli aerei e che quindi non abbia senso che sia crollato da solo; di fronte alle osservazioni degli esperti, che fanno notare come quell’edificio sia stato colpito dai calcinacci incendiati degli altri due, prendendo così fuoco anche lui e, col tempo, rovinando a terra, rispondono con un video che mostra come la facciata dell’edificio, dopo l’attentato, fosse assolutamente sana e non incendiata.

Peccato che, però, la facciata fosse quella opposta alle Twin Towers, mentre quella esposta alle torri (a sud), di cui vi sono numerosi altri video, era stata gravemente danneggiata dai crolli – vi era uno squarcio di 10 piani – e risultava completamente avvolta dalle fiamme.

Cherry Picking

Anche qui, non si capisce bene perché alcuni video siano una prova e tutti gli altri no.

Il motivo in realtà c’è ed è sempre lo stesso: i video veri sono solo quelli che confermano il complotto per il semplice fatto che lo confermano (ragionamento in Antimetodo). Per fare questo, il cervello usa la consueta strategia del Cherry Picking, ossia la selezione arbitraria delle prove per rendere la teoria coerente e plausibile, ignorando tutte le possibili prove contrarie.

I dubbi ” a caso” non dimostrano il complotto

Ma il Cherry Picking non è l’unico sistema che usa il complottista per avvalorare la sua tesi; più spesso, egli finisce per elaborare possibili scenari a posteriori che giustificherebbero il complotto. Cerca cioè di aggiustare la teoria, per mantenerne la coerenza, modificando e aggiungendo dati e argomentazioni in base alle contestazioni che gli vengono mosse.

In effetti, il complottista è così ossessionato dal voler a tutti i costi trovare un qualche argomento che possa mettere in crisi la versione ufficiale da non curarsi neppure del fatto che questi eventuali argomenti, a prescindere dalla loro validità, non avrebbero alcun senso se inseriti nella teoria complottista.

Infatti, in questo caso usano i “dubbi” sulle modalità del crollo del WT7 per dimostrare che l’intera versione ufficiale sia un falso; tuttavia, non si pongono il problema di spiegare in che modo questo dubbio dovrebbe giustificare il complotto. Se anche così fosse: per quale razza di ragione i servizi segreti – o chi per loro – avrebbero deciso di abbattere anche un terzo palazzo che non c’entrava nulla? Come si giustificherebbe questa circostanza alla luce del complotto? Nessun complottista si pone questa domanda, perché il suo interesse è solo quello di seminare dubbi sulla teoria ufficiale; come se così facendo si dimostrasse automaticamente quella complottista. Che invece diventerebbe solo più assurda di quanto già non sia.

E quando costringi il complottista a rispondere a quella banale domanda, le risposte che vengono fuori sono di una assurdità esilarante.

Risposte assurde a domande sensate

Se infatti chiedete al complottista “perché mai avrebbero dovuto abbattere un altro edificio, così a caso, aumentando solo i rischi di farsi beccare?” ecco che si inventano motivazioni che potrebbero apparire plausibili se prese in astratto, ma che valutate nel complesso, ossia ricostruendo la teoria che ne verrebbe fuori, produrrebbero qualcosa di totalmente illogico. Circostanza di cui il complottista non si avvede, perché l’Antimetodo viaggia a compartimenti stagni.

Una motivazione in particolare, molto diffusa tra i complottisti, dimostra proprio questo aspetto: secondo alcuni cospirazionisti il crollo del WT7 è stato progettato perché pare contenesse documentazione “super segreta” e che per questo andasse abbattuto per farla sparire.

Questa circostanza, mai provata in alcun modo, basterebbe a giustificare l’ipotesi del complotto e il fatto che i servizi segreti l’avrebbero abbattuta anche se non aveva subito danni.

Tale ipotesi va incontro però a palesi problemi logici che la rendono semplicemente ridicola.

  • In primo luogo, viene da chiedersi come sia possibile che la CIA e l’FBI siano costretti a fare copie cartacee di documenti segretissimi e ammassarli tutti in un edificio in cui lavorano centinaia di persone nel centro di una delle metropoli più popolose del mondo, e che siano costretti ad abbatterlo per poterli far sparire, quando documentazione simile potrebbe restare nascosta in una chiavetta USB o in un hard disk, molto più facili da nascondere ed eliminare.
  • In secondo luogo, viene da chiedersi con quale logica per far sparire documenti segretissimi, invece di fare le cose con una certa discrezione si scelga di abbattere un intero palazzo con le bombe, spargendo quei documenti in giro per la città e rendendoli potenzialmente disponibili a chiunque passi da lì.
  • Ma ancora di più, non si capisce perché, per far sparire dei documenti nascosti nel WT7, sia stato necessario dirottare due aerei di linea e schiantarli contro altri due grattacieli, sperando che il loro crollo portasse a sua volta al crollo anche di quell’edificio, e oltretutto dirottarne un terzo (o peggio ancora, fingere di averlo fatto) per danneggiare il Pentagono: una strategia estremamente complessa, assurda e senza garanzie di riuscita che poteva essere scongiurata in mille altri modi più semplici e meno “rumorosi”, come ad esempio mandare semplicemente l’FBI nel WT7 e portare via tutto quel che c’era da portare via con una scusa qualsiasi.

Quando un dubbio cancella tutte le prove

Tutti ragionamenti che il complottista non fa, perché l’Antimetodo è strutturato per individuare schemi, non per ragionare su di essi. Anzi, l’Antimetodo riesce addirittura a forzare gli argomenti ben oltre la stessa logica, al punto da violare ogni principio del metodo scientifico, come potete vedere nell’esempio che segue.

crollo del WT7

Ecco un tipico ragionamento complottista in Antimetodo. il bias di conferma è così radicato in lui nel tentativo di confermare lo schema del complotto che non solo una qualunque prova basta per dimostrare il complotto, ma addirittura una qualunque prova vale per cancellare anche tutte le prove contrarie (principio di coerenza inverso).

Secondo chi commenta, infatti, la semplice circostanza che ancora non esista una ricostruzione plausibile del crollo del WT7 – ma questo lo dice lui, gli esperti non concordano – è di per sé una prova che conferma l’intero complotto.

Ciò significa che questa semplice ipotesi cancella con un colpo di spugna tutte le altre prove; quelle dell’attribuibilità a Bin Laden dell’attentato; tutte le prove dei crolli delle Twin Towers; tutte le prove della fattibilità della manovra sul Pentagono; tutte le prove degli avvenuti dirottamenti degli aerei. Tutto.

E non solo: riesce anche a confermare che l’attentato è stato orchestrato da Bush, che i dirottatori non esistono, che sulle altre due torri sono state piazzate delle cariche, che al Pentagono sapevano tutto e che quel buco è stato fatto da un missile Cruise, che tutti i testimoni sono stati corrotti.

E vi ricordo che non si tratta neanche di una prova, ma di un semplice dubbio: “siccome non si sa come sia crollato, allora questa è una prova che le cose sono andate come dicono i complottisti“, quando in realtà proprio il fatto che “non si sappia” come sia successo dovrebbe spingere a cercare di verificare come effettivamente siano andate le cose e non trarre conclusioni a caso.

Le teorie prodotte dall’Antimetodo non sono teorie

Alla luce dell’analisi metodologica svolta negli articoli di questa rubrica, emerge che il vero problema di metodo del ragionamento complottista sta nella falsa convinzione che basti porre dei dubbi sui singoli aspetti della versione ufficiale per avvalorare la “controteoria”.

Se notate, il tentativo del complottista non è mai quello di ricostruire una “versione alternativa”; lui cerca solo di seminare dubbi su singoli aspetti della teoria ufficiale per screditarla e automaticamente avvalorare la propria, anche se non ne si ha una. L’Antimetodo cerca semplicemente di smontare la versione alternativa per avvalorare il suo schema, che non deve essere per forza una precisa ricostruzione alternativa; potrebbe anche solo essere uno schema del tipo “non ci dicono la verità” (tipico dell’atteggiamento complottista). Motivo per cui qualunque ricostruzione ufficiale deve essere una bugia; mentre qualunque spiegazione complottista diventa automaticamete valida per il semplice fatto che non è quella ufficiale.

Ma non conoscendo la materia, reinterpretando i dati a nostro piacimento e usando un po’ di retorica, qualunque cosa può essere messa in dubbio, anche la forma della terra. E infatti l’Antimetodo ci riesce sempre.

Quello che è invece necessario è che la teoria alternativa che stai costruendo sia altrettanto supportata da prove valide e soprattutto sia coerente con il complesso delle prove a tue mani. 

Invece, ad uno sguardo di insieme la versione complottista dell’accaduto è completamente irrazionale, contraddittoria e priva di senso, al punto da apparire più una barzelletta che un complotto. Considerazione che vale per tutti i complotti globali, perché tutti si reggono sull’Antimetodo.

P.T.

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